Se la sinistra piange, la Merkel non… 1/4

merkeldoener

Continua impietoso il mio report sul Quarto Reich tedesco che guiderà le magnifiche sorti e progressive dell’Europa fuori dalle paludi della crisi economica. Nella precedente puntata abbiamo analizzato, con dati alla mano e testimonianze dirette del sottoscritto, come la sinistra progressista, moderata, socialdemocratica, di buon governo, o come diavolo la si voglia chiamare, della SPD abbia in sostanza abbracciato dal ’89 in poi il dogma liberista della precarizzazione del mondo del lavoro e della corsa al profitto aziendale senza se e senza ma. Nello specifico si è visto come le prime misure legislative atte a creare un esercito di riserva di disoccupati e di disperati pronti ad accettare proni minijobs da 450 Euro al mese o contratti da 3 mesi, siano state attuate dal governo di sinistra del cancelliere Gerard Schröder, il quale attraverso le riforme del mercato del lavoro Hartz, dal nome del capo personale della Volkswagen che di fatto quelle leggi le scrisse, nel 2003 fece cambiare rotta a quello che tuttora rimane il partito socialdemocratico più antico d’Europa, sancendo così un appoggio incondizionato ai dogmi neoliberisti del libero mercato e della flessibilità lavorativa (e aggiungerei io esistenziale). Conseguenza politica recente di tale tradimento (tuttavia del tutto coerente con le agende politiche degli altri partiti socialisti in Europa nda) è stata la crescita impetuosa e repentina della cosiddetta Alternative für Deutschland (AFD), considerata all’unanimità dal gotha del giornalismo tedesco come l’espressione più reazionaria degli istinti razzisti, xenofobi, populisti, e chi più ne ha e più ne metta, di vasti settori dell’opinione pubblica tedesca.

Nelle parole di chi scrive, questa visione banalizzante e superficiale corrisponde solo in minima parte al vero: ho mostrato infatti, sempre dati alla mano, come i maggiori consensi all’AFD si concentrino in special modo nei Länder più poveri della Germania, quelli cioè a più alti tassi di disoccupazione e povertà generalizzata. Ricordo ai lettori che tali regioni facevano parte della DDR e dal 1989 in poi hanno subito un vero e proprio processo di deindustrializzazione e colonizzazione economica da parte dei cugini (non uso la parola fratelli per rispetto) arroganti dell’Ovest i quali hanno smantellato interi impianti industriali, che sì inquinavano ma che erano anche la punta di diamante di quello che era lo Stato più ricco del Patto di Varsavia, oltre che a distruggere cosucce da niente come l’università e la sanità pubblica e gratuita. Ben pochi sanno, per dirne un’altra, che il migliore sistema scolastico al mondo in questo momento, ossia quello della tanto mitizzata Finlandia, abbia preso spunto da quello grigio e monotono della DDR; ma certe cose è meglio tenerle per noi eretici del Terzo Millennio…Quello che è certo è che masse di persone abbagliate dalle luci al neon dell’Occidente e dalla pubblicità seducente che un secondo dopo il crollo del Muro entrava già prepotentemente nelle loro menti, invece che il benessere promesso urbi et orbi dai vincitori si siano trovati o a dover emigrare nella Germania Ovest con paghe più basse e con l’eterno stigma di essere marchiati come i cugini dell’Est sfigati e con le pezze al culo, oppure a vivere di umilianti sussidi statali nell’attesa vana di trovare una nuova occupazione.

Il recente successo elettorale dei bad boys dell’AFD si spiega proprio con questo disagio oserei dire carsico che ha coinvolto milioni di persone ad Est, le quali prima sono state ammaliate con fantasmagoriche promesse di arricchimento borghese dopo una vita di grigiore proletario, poi lasciate in mezzo ad una strada con un sussidio sociale ridicolo ed ultimamente viste superare dal primo siriano arrivato a cui è stato dato di più (per i motivi che spiegherò in seguito) rispetto agli autoctoni. La politica merkeliana di accoglienza totale dei profughi siriani può essere vista a ragion veduta come l’ultima goccia che ha fatto traboccare un vaso pieno di promesse mancate, di umiliazioni e di buie esistenze (altro che grigie!) senza la benché minima prospettiva di scalata sociale, e la cui rottura rischia di trasformarsi in un fiume in piena che da Est potrebbe sfondare gli argini e riversarsi in tutto il paese teutonico, e forse anche oltre. Le recenti elezioni municipali che si sono tenute a Berlino il 18 settembre confermano questa mia analisi; anche in questo caso sono i dati elettorali ad essere più eloquenti di mille parole nel mostrarci come i consensi più alti per i nazisti dell’Illinois, pardon dell’AFD, si siano registrati nei quartieri periferici, a bassa concentrazione di stranieri ma con tassi di disoccupazione a due cifre, che formavano l’ossatura della Berlino Est che fu. Tenendo infatti conto che l’AFD ha portato a casa un consenso medio del 14% circa a Berlino, vediamo pure assieme le percentuali che ha ottenuto nei seguenti quartieri (ex)orientali1:

  • Treptow – Kopenick 20,1%

  • Marzahn – Hellersdorf 26,00%

  • Lichtenberg 29,8%

Come accennato questi quartieri si trovavano tutti a Berlino Est e sono quelli in cui oggi si riscontra un maggior numero di sussidi di disoccupazione, di persone senza lavoro ma anche una minor concentrazione di stranieri, che invece a Berlino vivono principalmente a Mitte e nei quartieri anch’essi centrali di Kreuzberg e Neukölln dove invece l’AFD non ha sfondato. Pertanto il dogma ripetuto a tamburo battente, manco i giornalisti tedeschi fossero degli studenti di qualche madrassa coranica in Pakistan, secondo il quale a vincere è stato l’odio nei confronti degli stranieri, arabi ed islamici in primis, lascia il tempo che trova. Come si spiega difatti che nei quartieri in cui si concentrano più stranieri e profughi, l’AFD abbia preso meno voti? Come mai invece questo partito ha un successo clamoroso nelle zone orientali ex DDR nelle quali ci sono meno stranieri per abitanti? Qualcuno mi saprebbe poi spiegare perché i sondaggi non danno all’AFD il 20 o il 30% di simpatie in regioni come la Baviera che si è trovata in prima linea nell’ondata di arrivi verificatisi lo scorso autunno?

E’ facile e consolante al tempo stesso addurre tutto ciò al fatto che milioni di tedeschi siano ancora preda di irriducibili istinti razzisti e tale spiegazione edulcorante fa comodo soprattutto ad una sinistra moderata e saldamente al governo che, per nascondere il suo consenso incondizionato alle politiche neoliberiste che hanno aumentato povertà e precarietà lavorativa (si veda il mio precedente articolo nda), non trova di meglio che affibbiare facili etichette di razzista, nazista e xenofobo a quelli stessi lavoratori che più stanno pagando il conto salato della globalizzazione e che si sentono traditi, oltre che oggettivamente impoveriti. E’ la classica forma mentis di una sinistra, che noi definiamo tale solo per facilità di comunicazione, con la puzza sotto il naso e convinta di essere la depositaria del sapere e del bene per i cittadini e che preferisce demonizzare il dissenso (assolutamente legittimo) alle politiche di immigrazione con fantomatiche accuse di nazismo di ritorno e di atavica ignoranza. Questa reazione intellettualmente arrogante, e alla lunga controproducente ed auto-lesionista, si è vista anche in Italia a seguito del referendum britannico che ha sancito la vittoria della Brexit, quando cioè intellettuali (sic) di sinistra radical – chic à la Saviano o Gramellini2, per citare i primi che mi sono venuti in mente ma potrei riportare i nomi di tanti altri, hanno attaccato in maniera violenta chi ha voluto scendere da questo fantomatico sogno europeo, tirando in ballo stucchevoli lectio morali sui vecchi egoisti ed ignoranti od addirittura cianciando di folle oceaniche che sarebbero le stesse che in un passato non molto remoto avrebbero appoggiato i Benito e gli Adolfo nazionali3. Delirio allo stato puro oppure consapevole politica di criminalizzazione del dissenso, fondata non più sui manganelli e le prigioni speciali bensì sul politicamente corretto?

Qualora la comparazione tra successo della destra xenofoba e rigurgiti neonazisti corrispondesse al vero, si baserebbe inoltre su un assunto paradossale e che getterebbe un’ombra inquietante sulla stessa natura della Germania come stato democratico. Se ponessimo infatti per vero che esiste un’ampia fascia di popolazione che odia lo straniero per partito preso e che vedrebbe con occhio benevolo e magari nostalgico l’esperienza storica del Nazismo, allora ciò significherebbe che l’opera di democratizzazione e denazificazione condotta in Germania dalla fine della Seconda Guerra Mondiale avrebbe in sostanza fallito nel suo scopo dal momento che vi sarebbero ancora delle tendenze razziste insopprimibili che riemergerebbero ciclicamente tra il popolo tedesco. Se i governanti tedeschi ed il loro codazzo di media fossero coerenti con questa visione, allora dovrebbero avere l’onestà intellettuale di ammettere che, a prescindere dal particolare contesto storico, il razzismo e la xenofobia sono parte integrante di una certa Germania. Ovviamente non lo ammetterebbero mai primo perché ciò che ho appena scritto non corrisponde alla realtà (giusto?) ed in secondo luogo poiché il tedesco medio non può ammettere un fallimento, anche se è sotto gli occhi di tutti. Inoltre se fosse vero che vi sono cittadini pronti a manifestare il loro odio perenne contro gli stranieri, non si capirebbe come mai questi partiti raccoglierebbero milioni di voti solamente da qualche mese a questa parte e non prima: o moltissime persone si sono riscoperte da un giorno all’altro neonaziste, tesi assurda che cozza contro un minimo di buon senso comune, oppure il consenso a questo movimento si basa su motivi ben più profondi.

A parte le provocazioni, il successo recente della destra è la conseguenza del disagio economico di milioni di cittadini, molti dei quali situati ad Est ma non solo, le cui condizioni economiche sono peggiorate, o nel migliore dei casi sono rimaste in una fase di paludoso stallo, a causa del combinato disposto di una sinistra di governo che ha abbandonato le sue storiche istanze sociali per amoreggiare con la nuova religione del libero mercato, e di una destra conservatrice à la Merkel la quale, in maniera coerente con il suo programma elettorale e la sua tradizione, ha tutelato in maniera impeccabile gli interessi dei grandi gruppi industriali senza la benché minima intenzione di scalfire l’apparato legislativo Hartz.

Ma se finora ci siamo occupati principalmente della grave crisi identitaria che sta coinvolgendo (ma purtroppo non sconvolgendo) la SPD, vediamo ora come se la passano dall’altra parte della barricata. In questo articolo vorrei infatti analizzare le prospettive future di un quarto mandato elettorale della Signora Merkel, con un’attenzione particolare sulle conseguenze che hanno avuto e avranno le sue decisioni in materia di profughi. Questo tema è oramai entrato nell’immaginario collettivo tedesco e non solo; sono sicuro che se si facesse una ricerca su Google, ne emergerebbe che la parola “Flüchtling” sarebbe una delle 5 più ricercate in Internet. La polemica sul tema accoglienza sì/no, che purtroppo come sempre più spesso accade anche nella pacata Germania sta assumendo i toni di uno scontro tra due curve di ultras che non sono disposte a venire a patti con quella avversaria, ha spaccato l’opinione pubblica tedesca ed europea tra i fautori di un umanitarismo dalle venature sinistrorse e spesso melense ed una nuova destra che abbaia molto ma che non si sa se e quando morderà. Queste sono le posizioni generali che solo raramente superano gli steccati ideologici per analizzare invece in maniera razionale ed asettica le cause e soprattutto le possibili modalità di gestione del problema. Prima di andare nello specifico della questione, vorrei tuttavia fare un passo indietro di un anno esatto.

(…continua)

1 Faccio rispettosamente notare che a queste elezioni comunali la SPD, sebbene si sia affermata come primo partito, abbia perso qualcosa come il 25% dei voti rispetto alla precedente tornata elettorale, il che la costringe ad allearsi con i Verdi e la sinistra radicale della Linke per poter governare. Ciò è un’ulteriore conferma, qualora ve ne sia ancora bisogno, di un costante travaso di voti della sinistra riformista e di governo, ancora più grave nel caso berlinese se si riflette su come la metropoli tedesca sia sempre stata una roccaforte “rossa”. Altro dato interessante, che si era già registrato alle precedenti elezioni regionali nel Meclemburgo – Pomerania, è che ad un boom elettorale dell’AFD si è riscontrato in parallelo un aumento della partecipazione al voto da parte di precedenti elettori delusi e sfiduciati dal sistema che hanno deciso di affidare le loro speranze e frustrazioni all’AFD appunto. Per una maggiore disamina sulle elezioni a Berlino, si veda pure la seguente pagina (in tedesco) di Wikipedia: https://de.wikipedia.org/wiki/Wahl_zum_Abgeordnetenhaus_von_Berlin_2016

2Per i curiosi ecco l’articolo di Gramellini in questione: http://www.lastampa.it/2016/06/25/cultura/opinioni/buongiorno/traditi-dai-coetanei-dei-beatles-180jfuw7Z9FaV0LBCq1FDL/pagina.html

3L’articolo di Saviano può essere letto qui: http://www.robertosaviano.com/per-uneuropa-libera-e-unita-progetto-dun-manifesto/

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