Anche sull’Iran la Germania si dimostra inconsistente

In questi ultimi giorni grande è la confusione sotto il cielo per l’uccisione, anzi esecuzione mirata, del generale iraniano Qassem Soleimani da parte di un drone americano a Baghdad. Tante le domande ancora aperte, che tuttavia sembrano non interessare alla maggior parte dei giornalisti europei, come per esempio da quale base sarebbe stato guidato il drone assassino. Qualcuno, sicuramente pagato dal Cremlino, ha osato perfino fare il nome della base americana di Sigonella, vicino Catania, ma nessun giornalista italiano ha preferito indagare più a fondo. Altre cose sarebbero da dire, come la volontà israeliana di distruggere l’ennesimo nemico mortale facendo fare il lavoro sporco agli americani, ma per ora fermiamoci qui. Nei prossimi giorni uscirà in questa sede un contributo completo, in attesa che il quadro diventi chiaro.

Per ora ci basta considerare la reazione ambivalente, l’ennesima, della Germania, ossia di questo (presunto) gigante economico che però in politica estera si rivela un nano. Ancora una volta il governo tedesco adotta una politica cerchiobottista quando ci vanno di mezzo gli interessi degli Stati Uniti d’America, loro grandi “protettori” dal 1945. Da una parte tramite un tweet l’ambasciatore americano a Berlino, il trumpiano di ferro Richard Grenell, ha rivelato come la portavoce del governo tedesco, Ulrike Demmer, abbia definito l’omicidio americano letteralmente come “una reazione ad una serie di provocazioni militari per le quali l’Iran è responsabile”. Parole estremamente gravi, che ancor di più dimostrano il totale asservimento tedesco ai desiderata americani. Dall’altra parte tuttavia sempre il governo tedesco, all’indomani dell’azione americana a Baghdad, ha annunciato di aver fatto ritirare 30 militari tedeschi (su 120) dall’Iraq per poterli mettere al riparo in Giordania e Kuwait. Ritiro considerato da alcuni ingenui media italiani come la prova che la Germania abbia abbracciato il multilateralismo, anche se andrebbe ricordato che i rimanenti 90 soldati ed ufficiali tedeschi sono tuttora in Iraq e nessuno ha pensato minimamente di trasferirli. Inoltre in queste ultime ore, come preannunciato, l’Iran ha risposto militarmente all’uccisione del suo migliore generale, lanciando diversi missili contro due basi americane sempre in Iraq. In questo caso tuttavia il governo tedesco, tramite le parole della sua Ministra della Difesa Annegret Kramp – Karrenbauer (AKK), ha condannato la rappresaglia iraniana, che a ben vedere altro non è che una reazione alla precedente azione americana. Dulcis in fundo: sebbene il governo tedesco abbia solidarizzato con l’America dell’odiato, ma fino ad un certo punto, presidente Trump, questo sabato la Merkel volerà a Mosca per discutere di Medioriente e soprattutto del progetto energetico North Stream 2 direttamente con Putin, alla faccia della coerenza. Coerenza non pervenuta dal momento che il presidente russo è il più grande protettore degli interessi iraniani in Siria, la cui lunga guerra civile sta per finire con la vittoria di Assad solo grazie ai decisivi interventi della Russia e dell’Iran, entrambi anti-occidentali.

Insomma l’ennesima indecisione, in verità perseguimento miope dei propri interessi a corto raggio, della Germania rischia di creare ancora più confusione in Europa e soprattutto di scatenare eventuali rappresaglie, non solo economiche, degli Stati Uniti sul suolo tedesco. Per fortuna che ci ha pensato il quotidiano trash più letto della Germania a rinsaldare il fronte occidentale. Poche ore dopo l’uccisione terroristica di Soleimani, infatti la Bild ha intitolato raggiante che era appena stato ucciso il “terrorista più pericoloso del mondo”, perfino più temibile, stando al titolo dell’articolo, del defunto Osama Bin Laden. Peccato che Soleimani fosse stato alla guida di quelle milizie sciite e pro-iraniane, come per esempio la libanese Hezbollah, che più hanno contribuito alla sconfitta dell’Isis e di altri gruppo islamici, quelli sì terroristici, in Siria ed in Iraq. Peccato che l’organo scandalistico della Bild, nonché quotidiano più letto nella civile e colta Germania, si sia dimenticato di rammentarlo all’ignaro lettore della strada. D’altra parte non si può dimenticare come la Bild sia posseduta dal gruppo editoriale Axel Springer, uno dei più grandi d’Europa, il quale da decenni fa firmare ai suoi futuri giornalisti un contratto, all’interno del quale il dipendente si impegna a supportare Israele ed i valori di libertà degli Stati Uniti d’America, alla faccia della libertà di stampa e di opinione.

Anche i giornalisti tedeschi devono insomma portare a casa la pagnotta ed in tempi di recessione economica, che ha già colpito anche la Germania, esso non sempre è scontato.

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