Alla scoperta del porto fluviale di Berlino

Entrare in quell’ampio spazio periferico dalla vicina stazione ferroviaria significa entrare in una dimensione industriale, che poco o nulla ha a che vedere con l’immagine convenzionale di Berlino, o almeno con quelle più in voga in questo momento. Se infatti la metropoli sulla Spree viene oramai descritta dalle guide turistiche come la mecca dell’alternatività, qualunque cosa esso voglia dire, o del divertimento notturno (ma non dopo le 22.00 per rispettare la sacra quiete del vicinato), ebbene il porto fluviale di Westhafen rompe con l’immagine di moderna città dei balocchi. Gru sempre in movimento che appoggiano in modo preciso container provenienti dal lontano Oriente, camion che scorrono senza sosta da destra e sinistra tanto che bisogna stare attenti ad attraversare le strade del porto, queste ultime solcate come vene da ferrovie che sembrano abbandonate ma che invece si rivelano ancora attive, con treni lenti ma inesorabili che collaborano anch’essi a trasportare merci, magazzini in mattoni ormai anneriti dal vicino traffico autostradale, che tuttavia hanno resistito a tutto, a due guerre, alla divisione della città, alla sua riconversione in un’entità non ancora ben definita. Per non parlare poi di quei casermoni grigi che al loro interno mescolano asfalto, imprescindibile per il boom edilizio di una città la cui unica sicurezza appare quella di costruire ogni volta che si accorge di un buco non notato prima. Infine tra i moli che si alternano ai canali, non potevano mancare nemmeno dei bianchi serbatoi, contenenti il prezioso oro nero che deve nutrire qualunque belva industriale che voglia farsi rispettare.

Eppure il porto fluviale di Westhafen, situato appunto nella parte occidentale di Berlino ed il più grande tra quelli esistenti nella capitale tedesca, è una presenza antica nel tempo. La sua progettazione risale agli inizi del secolo scorso, ma i lavori iniziarono ufficialmente nel 1914. A causa dello scoppio della prima guerra mondiale, iniziata proprio nell’estate di quel fatidico anno, l’opera logicamente si bloccò, per poi ripartire dagli anni ’20. A quel punto a prendere in mano il controllo del porto ci pensò l’organizzazione logistica BEHALA, fondata nel 1923 ma tuttora esistente, che ancora oggi ha il compito di amministrare tutti i porti fluviali con relativi magazzini presenti all’interno dei confini amministrativi di Berlino. Pertanto il porto di Westhafen, benchè probabilmente non così conosciuto dal grande pubblico, è una tappa fondamentale per quella cosiddetta autostrada fluviale che in Germania collega via fiume diverse città, permettendo il trasporto di merci senza passare per le autostrade perennemente intasate. Per far capire ancor di più la sua importanza, basti dire che Westhafen collega due fiumi tedeschi fondamentali per il traffico commerciale, ossia l’Elba, che poi sfocia nel Mare del Nord ma la cui strategicità deriva dal passare attraverso Amburgo, primo porto d’Europa, e l’Oder, il cui corso penetra in profondità in Polonia, oltre a segnare il confine politico tra quest’ultima nazione e la Germania.

Tuttavia tra casermoni, container e gru, lambiti a loro volta dall’autostrada e dal vicino Ring ferroviario, ben pochi si aspetterebbero di trovare anche qui uno spazio culturale. Infatti all’interno di quel medesimo edifico, che una volta era adibito a granaio (Getreidespeicher), è situato l’archivio storico di riviste e quotidiani, sia tedeschi che stranieri, della biblioteca statale di Berlino. Quest’ultima è una presenza storica all’interno della capitale, tanto che fa parte del cosiddetto patrimonio culturale prussiano, che comprende monumenti risalenti all’epoca del Secondo Impero tedesco e meritevoli di tutela contro l’inesorabile usura del tempo. La biblioteca ha sede nella centrale Potsdamerstrasse, di fronte alla Philarmonie e a due passi dal Tiergarten e da Potsdamer Platz, ma dispone di alcune filiali. La scelta, di sicuro atipica, di trasferire quasi tutto il materiale cartaceo di migliaia di giornali, alcuni dei quali addirittura di fine Ottocento, all’interno di uno spazio industriale e logistico era stata presa nel 1997, dopo che erano iniziati dei lavori di risanamento all’interno della storica sede della biblioteca nel centralissimo viale di Unter den Linden. Tuttavia i lavori di ristrutturazione sono andati avanti a rilento ed hanno preso più tempo del previsto (non è una novità per Berlino, basti pensare al nuovo aeroporto mai inaugurato) e pertanto una scelta, che pareva provvisoria ed emergenziale, è durata per più di vent’anni. Ad ogni modo sembra che finalmente i lavori verranno completati entro la fine di quest’anno e quindi per i più curiosi i prossimi mesi saranno gli ultimi per poter visitare la biblioteca dentro il porto.

L’emeroteca al suo interno sembra però deludere le aspettative: i quotidiani e le riviste appoggiati agli scaffali sono pochi e non mancano gli spazi vuoti tra di essi. Vi sono anche giornali in lingua inglese ma la sensazione è quella di una scelta non all’altezza, soprattutto se consideriamo che ci troviamo in una metropoli di più di tre milioni di abitanti. Tuttavia l’oggettiva povertà visuale inganna, poiché è possibile, su richiesta, ottenere copie cartacee e numeri risalenti tra una scelta di 175 giornali, di cui 100 stranieri e 75 tedeschi, e qualcosa come 100mila microfilm. Inoltre, dal momento che sono presenti anche copie in originale di riviste del secolo scorso, la biblioteca ha deciso di dare la priorità ai microfilm, anche qualora sia presente come alternativa la versione cartacea, per evitare che quest’ultima si rovini a seguito di continue consultazioni. E’ previsto un archivio informatico da consultare liberamente in loco, dal quale si possono segnalare le riviste, i giornali o i vecchi articoli di stampa che si desidera leggere. Due sono i dettagli importanti da segnalare a chi ama nutrire passioni letterarie: l’archivio è chiuso il sabato ed è necessario pagare una quota annuale di 30 Euro, o mensile di 12, per potersi iscrivere alla biblioteca statale di Berlino e poter usufruire dei servizi presenti nelle sue varie filiali.

Dentro quel lontano magazzino postindustriale adibito a centro culturale, accerchiato dal traffico materialista di beni, non manca perfino un pizzico di italianità. Sono presenti infatti due volumi della Mondadori che raccolgono alcuni tra i più interessanti pezzi giornalistici italiani negli anni che vanno dal 1939, alla viglia cioè dello scoppio della seconda guerra mondiale, fino al 2001, anno dell’11 settembre e della discesa in campo di un certo Silvio Berlusconi. Inoltre, frugando tra i libri esposti, è stato possibile rintracciare un prezioso volume del Corriere della Sera, che raccoglie alcuni tra i più significativi articoli dei suoi giornalisti dell’epoca, compreso un giovane Indro Montanelli intento a seguire le truppe italiane sul fronte greco nell’inverno del 1940. Gli anni presi in considerazione vanno dal 1919 al 1945 ed è molto interessante, in termini di rapporti italo-tedeschi, notare com’era cambiato nel giro di poco tempo l’atteggiamento del più importante quotidiano italiano sull’ascesa del movimento nazista, da un suo aperto scetticismo fino al suo tragico supporto. Purtroppo, anche se iscritti alla biblioteca, non è possibile prenderli in prestito, ma soltanto farne della fotocopie sul posto. Schade. Per il resto il fronte del porto si interrompe qui.

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