3 segnali inquietanti per la Germania

In questo ennesimo contributo sugli effetti della Brexit per la Germania, mi limiterò ad offrire 3 telegrafici punti che potrebbero risultare fatali per la Germania. Al seguito spiegherò brevemente il perché. Ecco i 3 eventi avvenuti nell’ultima settimana in Gran Bretagna, che non dovrebbero far dormire sogni tranquilli a quei pochi politici tedeschi che si intendono anche di economia:

  1. Il partito pro-Brexit di Farage con tutta probabilità vincerà le elezioni in UK. Secondo recenti sondaggi usciti in Gran Bretagna, il neo partito favorevole ad una hard Brexit, senza cioè accordo alcuno con le istituzioni europee di Bruxelles, di Nigel Farage è dato al 34% dei gradimenti tra gli elettori della Perfida Albione. Pertanto se il trend sarà confermato, vincerà senza problemi le elezioni europee nel Regno Unito, dando così una decisiva spinta ad una Brexit frenata da 3 anni di fallimentari consultazioni tra il governo conservatore della Signora May e l’Unione Europea. L’aspetto stupefacente è che Farage è riuscito a raggiungere quest’alta percentuale di consensi in nemmeno 2 mesi, avendo fondato il suo movimento pro Brexit appena il 12 aprile di quest’anno. Inoltre il dettaglio ulteriormente interessante è che la fondazione di quest’ultimo partito è stata proclamata a Coventry, città dal profondo valore simbolico per tutti i britannici dal momento che venne quasi completamente rasa al suolo da un raid tedesco della Luftwaffe nel 1940, a guerra in corso. Pertanto non sarebbe altro che l’ennesimo segnale di ostilità nei confronti di un’Europa sempre più a predominio tedesco, messaggio che purtroppo non è stato colto dai nostri media ignoranti oppure in mala fede, figuriamoci dalla classe politica a Berlino. Gli altri partiti “establishment” perdono invece posizioni: i laburisti di Corbin riescono appena a raggiungere il 20%, i liberaldemocratici europeisti si fermano a circa il 12%, mentre i conservatori attualmente al governo subirebbero la più grave sconfitta elettorale degli ultimi 300 anni: appena l’11%! Se la May dovesse portare a casa questa miserrima percentuale e Farage trionfare, il giorno dopo la Premier in carica dovrebbe dimettersi seduta stante. Al contempo la strada per una Brexit without agreement sarebbe dietro l’angolo.
  2. Fallito l’accordo per una soft Brexit tra laburisti e conservatori. Questo è il secondo segnale inquietante per chi, soprattutto in Germania, considera giustamente con orrore un’uscita “anarchica” della Gran Bretagna dall’UE. I laburisti all’opposizione si sono rifiutati di continuare i negoziati con il governo conservatore dopo aver tentato per lungo tempo di trovare un accordo parlamentare per un’uscita regolata dall’Europa. Il leader laburista Jeremy Corbin ha giustificato l’interruzione, a questo punto sembrerebbe definitiva, dei negoziati con Theresa May, additando la debolezza dell’esecutivo. Detto altrimenti, la rottura del dialogo è un altro piccolo passo avanti per una hard Brexit.
  3. Il brexiter estremista (nonché russofobico) Boris Johnson si candida a Primo Ministro. Dopo mesi di paziente attesa successivi alle sue dimissioni da Ministro degli Esteri, il nemico giurato della Premier Theresa May ritorna a farsi sentire. Date per certe le dimissioni di quest’ultima, ormai solo una mera questione di quando e non di se, il maggior propugnatore della Brexit all’interno del partito conservatore ha dichiarato durante una conferenza pubblica tenutasi a Manchester di volersi candidare alla guida dei tories. Con tutta probabilità sarà lui a guidare il Regno Unito verso la destabilizzazione dell’Europa continentale post-Brexit e all’escalation militare con la Russia, come già descritto su questo blog mesi fa.

Questi 3 inquietanti scricchiolii all’interno della casa comune europea, quasi impossibili da nascondere col classico vaso di fiori, comporteranno una gravissima recessione all’interno dell’economia tedesca la quale, complice anche il prossimo fallimento delle due principali banche nazionali della Deutsche Bank e della Commerzbank, trascinerà con se l’intera Unione Europea. Se infatti questi 3 segnali sfoceranno nell’introduzione di dazi reciproci tra l’Unione Europea e il Regno Unito, ciò pregiudicherà in maniera irreparabile un export tedesco verso l’UK che raggiunge gli 85 miliardi di Euro l’anno. Per tutto il resto ne avevamo già parlato ampiamente con 6 puntate nei mesi precedenti.

Per concludere potremmo dire che queste prime scosse d’avvisaglia non sono altro che il de prufundis per il mito della locomotiva economica d’Europa.

PS Qualche giorno dopo aver pubblicato questo piccolo contributo, esattamente venerdì (mattina) 24 maggio, come da me previsto la Premier May ha annunciato tra le lacrime le sue dimissioni dal ruolo di Primo Ministro britannico a partire dal 7 giugno. Il giorno prima gli elettori britannici si erano recati alle urne per eleggere i propri rappresentanti al Parlamento europeo, ma i risultati sarebbero usciti appena domenica (sera) 26 maggio. Evidentemente i vari servizi di Sua Maestà Britannica già giovedì sera avevano gettato sul tavolo di Theresa diversi dossier sul risultato inequivocabile delle elezioni, 3 giorni prima del responso ufficiale, facendole propendere per l’addio. Ad ogni modo qualche giorno prima delle elezioni la vispa Theresa aveva annunciato la sua volontà di proporre alla Camera dei Comuni, ossia al Parlamento britannico, un secondo referendum sulla Brexit. Le è andata fin troppo bene con queste dimissioni; in altre epoche storiche per la sua arroganza contro il Parlamento più antico del mondo sarebbe stata decapitata, come avvenne col re cattolico Carlo I Stuart nel 1649.

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