Il fascino sinistro del mito tedesco

minilohnIl mio viaggio estremo nella sinistra tedesca, non altrettanto estrema, ha inizio nella maniera più banale che si possa immaginare. E’ un piacevole sabato mattina di inizio settembre; cammino senza una meta precisa e godendomi i resti di un’estate tutto sommato fresca nel cuore del quartiere turco di Neukölln. Mentre me ne vago assorto nei miei profani pensieri che per una volta non sono per nulla politici, la mia attenzione viene catturata da uno stuolo ben nutrito di persone di una certa età che si stanno godendo quello che sembra un banchetto in piena regola. Caffè caldi, thé di tutti i gusti, pasticcini, salumi, formaggi ed altre leccornie distribuite a man bassa da corpulenti ragazzoni con strane magliette rosse mi hanno fatto subito pensare ad un evento pubblico di beneficenza oppure a qualche gita fuori porta organizzata da un circolo di pensionati. Questi vecchi reduci di un’epoca, che a noi gggiovani del terzo millennio parrebbe Giurassico, saranno stati ad occhio e croce una cinquantina, tutti seduti in maniera ordinata presso dei tavolini situati a loro volta sotto un chiosco che di solito rimane chiuso al pubblico. Incuriosito da tale assembramento di elementi della terza età, così atipico in quella zona di Neukölln, dove invece a farla da padroni sono ragazzi ed hipster che passano le nottate seduti sui marciapiedi a bere birre e a scherzare di cose frivole, noto che sul muro di tale chiosco è incollato un foglio. Questo annuncio dichiara che, come da tradizione, la SPD questo primo sabato del mese organizza una freies Frühstück, ossia una colazione gratuita, per i disoccupati.

Rimango di stucco dal momento che non posso nemmeno lontanamente immaginare come gli ultra pensionati che ho di fronte a me possano essere considerati dei disoccupati. In secondo luogo la scena assume per me una connotazione del tutto diversa da quella originaria nel senso che quella che pareva una normale festa di vecchietti si rivela invece un evento politico organizzato dai socialdemocratici di queste parti che in cambio di una brioche, un thé e una pacca sulle spalle parrebbero chiedere niente di meno che dei miseri voti. Perlomeno è questo ciò che la mia mente elabora: nel suo breve viaggio il mio pensiero giunge a quelle cicliche manifestazioni di politici meridionali, seguiti dall’inevitabile stuolo di lacchè e boss locali, che in occasione di ogni tornata elettorale, non importa se per eleggere il sindaco o per le elezioni legislative, si presentano a casa del disoccupato cronico di turno o del pensionato che campa con la minima con le mani piene di pacchi e generi di conforto. Immagino che non occorra che vi descriva nello specifico come questi politici prezzolati del Sud Italia in cambio di qualche (poca) banconota sonante, pacchi di pasta e bottiglie d’olio oppure di promesse di raccomandazioni per figli, suocere, amanti e nipoti, chiedano una semplice X all’interno di un quadrato. Questo è quanto avviene da 70 anni nel Sud, ma oramai secondo assodate e costanti inchieste giudiziarie anche nel Nord, Italia dove una massa di plebaglia impoverita e senza speranza si svende per il fatidico piatto di lenticchie in cambio di un voto per quelle stesse forze politiche che contribuiscono alla loro miseria esistenziale. Ma il lettore in questo momento starà di sicuro pensando che quello che sto descrivendo in fondo non è affatto nuovo e che quindi ho scoperto l’acqua calda per quanto concerne l’Italia; alla fin fine siamo o non siamo un paese di corrotti e mafiosi? Chi può solo immaginare invece che le medesime logiche si possano verificare anche nella civile e candida Germania?

Eppure mentre osservavo mestamente quei vecchietti, per la verità alquanto silenziosi e privi di quella allegria quasi bambinesca che caratterizza simili eventi, non potevo non riflettere sul fatto che quello che è tuttora il più antico partito socialdemocratico d’Europa si stia abbassando ad offrire delle briciole a dei poveri disgraziati solamente per dei meschini calcoli elettorali. Non dimenticate che, nel giorno in cui ho assistito a tale scena, sarebbero mancate 2 settimane alle elezioni comunali a Berlino. Pertanto mi è parso logico fare un abbinamento tra la campagna elettorale e la classica brioche al popolo. Non riuscendo a stare da solo con i miei inquietanti pensieri, fermo un omone nero che in quel momento stava portando un vassoio ricolmo di succulenti prodotti del Lidl alla Olga di Pankow. Nell’istante in cui lo placco temo che, massiccio ma anche un po’ goffo com’è, possa far cadere il vassoio e prendersela con il cretino di turno, ossia il sottoscritto. Invece non solo mantiene un equilibrio sorprendente ma si dimostra subito disponibile a quatschen un po’ con me. Vado subito al sodo e gli dico chiaro e tondo che questa buffonata è solo un modo per accaparrarsi dei voti di gente non propriamente delle cime in fatto di politica, anche in vista delle elezioni comunali che di lì a poco si sarebbero tenute. Aggiungo inoltre che scene simili sono più consone ad un paese calabrese dell’Aspromonte dominato dalla DC e dai suoi eredi collusi con la mafia, piuttosto che ad una capitale internazionale come Berlino. Il volontario rosso-nero (battuta pessima lo so) non rimane sorpreso dalla mia obiezione e sembra metterci l’anima per convincermi che: “No non è vero che questa colazione gratuita per i disoccupati (che là comunque non ci sono nda) sia solo un facile escamotage per prendere voti ma che, anzi, è una nostra tradizione che va avanti da anni quella di offrire un pranzo gratuito una volta al mese per 2 ore (come siete generosi mi verrebbe da dire) a chi è in difficoltà.” Si sente in dovere di aggiungere che loro sono volontari che mettono di tasca propria i soldi per la colazione/pranzo/brunch o quello che sia e che vengono a mangiare non solo persone di sinistra ma anche gente che non la pensa come loro. Subito dopo arriva quella che, mi sembra di capire, è la coordinatrice della SPD del quartiere. Riparto con la mia filippica e non perdo occasione di farle notare come molti lavoratori che più stanno soffrendo le conseguenze di questa cosiddetta crisi economica stiano da tanto tempo abbandonando la sinistra per rifugiarsi in un muto assenteismo oppure per tentare la roulette russe dei populismi di destra e che manifestazioni come questa, nella quale vengono offerte le briciole a dei poveracci per salvarsi la coscienza e raccattare selvaggiamente voti manco fossimo in una tonnara di Acitrezza, non mi sembra che migliori lo stato delle cose.

La signorina mi risponde pacatamente che le cose non stanno ovviamente così, che lei ha fatto carriera partendo dal nulla, che insomma…ma si non lo so…poi è subentrato dal nulla un giornalista radiofonico che ha sequestrato la futura assessora (si dice così?) alle politiche sociali e tutto si è concluso a taralllucci e vino. Bene. Questi sono i fatti. Da quel momento in poi ho cominciato a riflettere sui seguenti punti: il Partito Socialdemocratico Tedesco, che d’ora in poi chiamerò con la sua sigla SPD per semplicità, che in quel piacevole sabato di inizio settembre sembrava così slanciato nel dare una mano al popolo che soffre, è uno dei maggiori responsabili delle politiche di depauperamento e precarizzazione esistenziale di milioni di persone in Germania. Partendo da questo assunto, che tra un po’ dimostrerò dati alla mano, va da sé che quella colazione gratuita ha assunto per me dei connotati ancora più amari. Ma facciamo un passo indietro di qualche anno per arrivare al 2002. Quello è l’anno in cui viene eletta per la seconda volta la coalizione di sinistra composta dalla SPD e dai Verdi e capitanata dal leader dei socialdemocratici Schröder (no non è il cattivo delle tartarughe Ninja). Quello è un anno molto importante per la Germania dal momento che il governo appena rieletto decide in sostanza di riformare il sistema di erogazione dei sussidi sociali per i disoccupati e per le fasce più povere della popolazione e di rendere più dinamico il mercato del lavoro, che a 13 anni dalla riunificazione tedesca stentava ancora a decollare. Infatti quella che era stata la Germania socialista (l’ex DDR) stava conoscendo, e conosce tuttora come vedremo tra un po’, livelli di disoccupazione da Meridione d’Italia e un processo di impoverimento rapido e per certi versi devastante; anche partendo proprio da questo assunto il governo Schröder decide di mettere mano per ridare slancio al nuovo miracolo tedesco.

Qui purtroppo il tempo e lo spazio sono insufficienti per fare una disamina profonda della riforma del mercato del lavoro e della modifica nell’erogazione dei sussidi sociali. Per farla breve: prima della riforma del 2002 chiunque avesse lavorato per almeno 1 anno e si fosse trovato d’improvviso senza lavoro aveva diritto ad un sussidio di disoccupazione fino ad un massimo di 2 anni, dopo i quali qualora non avesse trovato ancora un’occupazione (cosa improbabile se non possibile visti i tempi di vacche grasse che c’erano in Germania qualche decennio fa) avrebbe avuto diritto ad un reddito minimo di sussistenza alquanto generoso. Con la riforma del 2002, che repetita iuvant venne portata a compimento da un governo di SINISTRA, le cose cambiavano radicalmente: innanzitutto a prescindere da quanto uno avesse lavorato, avrebbe avuto diritto ad un sussidio di disoccupazione pari al 60% netto delle sue ultime buste paghe, 67% se con figli, che sarebbe durato perentoriamente per un anno. Requisito per avere questo sussidio, detto in tedesco ALG I, è di aver pagato per almeno 12 mesi, anche non necessariamente consecutivi, i contributi previdenziali. Qualora invece un lavoratore avesse lavorato meno di un anno, sarebbe scattato un secondo sussidio che può essere definito come un reddito minimo di cittadinanza, detto ALG II. Questa seconda forma di sussidio prevede l’erogazione dell’astronomica cifra di 399 Euro (all’inizio della riforma erano 354 Euro) al mese con l’aggiunta del pagamento da parte dello Stato dell’assicurazione sanitaria, che si badi bene in Germania è privata, e di alcune spese come il riscaldamento e le bollette dell’acqua.

Ma forse l’introduzione più importante della Riforma, o Controriforma, del mercato del lavoro e del welfare tedesco da parte del governo di sinistra è stata quella dei cosiddetti mini jobs. Essi altro non sono che lavori pagati massimo 450 Euro netti al mese e nei quali il committente può svolgere la propria mansione per un massimo inderogabile di 15 ore la settimana e, cosa fondamentale, senza l’obbligo di versare i contributi previdenziali. Prima di fare una panoramica sugli effetti concreti sulla popolazione tedesca di queste riforme, faccio rispettosamente notare che esse hanno preso il nome da un certo filantropo di sinistra chiamato Peter Hartz, il quale all’epoca era a capo dell’ufficio personale o per usare un termine moderno e glamour, delle human resources, della Volskwagen. E’ proprio per il suo spassionato amore per i lavoratori e per l’attenzione dimostrata verso le esigenze delle varie bolge dantesche nella mega azienda, che Hartz venne chiamato da Schröder a dirigere la riforma. Per gli appassionati del gossip può essere interessante sapere che Peter sarebbe stato coinvolto da lì a qualche anno in una storiaccia di mazzette a manager Volkswagen, prostitute pagate direttamente da lui e addirittura pastiglie di Viagra prescritte dal servizio medico dell’azienda per i manager stressati e bisognosi di sfogo. Il fautore della storica riforma del mercato del lavoro tedesco, da cui come accennato prese il suo nome, sarebbe stato poi condannato in via definitiva a due anni di prigione poi logicamente condonati con una maximulta. Questo per farvi capire quali spiriti proletari e di sinistra aleggiassero in quegli ambienti riformisti…

Ad ogni modo tornando al contenuto della riforma Hartz, possiamo riepilogare le sue linee guida generali dicendo che vennero sostanzialmente potenziati i lavori interinali da 15 ore e 450 Euro mensili, i fantomatici mini jobs, che sarebbero dovuti essere l’arma letale per combattere la galoppante disoccupazione di massa, mentre i sussidi sociali vennero ridotti drasticamente per eliminare quelli che all’epoca venivano definiti degli abusi. Inoltre vennero creati dei centri di collocamenti, denominati con il solito anglicismo Job Center, che avrebbero dovuto avere la funzione di indirizzare i disoccupati e i giovani nel mercato del lavoro. Tutto questo è stato portato a termine tra trombe di giubilo e consensi del mondo imprenditoriale da parte di un governo di sinistra rosso-verde. E come voi tutti ormai sapete, dopo 16 anni e diversi governi rossi, democristiani e di grandi coalizioni la Germania è il paese leader in Europa in fatto di crescita del PIL e con uno spettacolare tasso di disoccupazione fermo al 4,2%. Tutto va ben Madama la Cancelliera, verrebbe da dire. Ma siamo sicuri che le cose stiano proprio cosi?

Vorrei proporvi una serie di brevi lampi statistici, se posso usare una figura retorica, che possano illuminare il lettore sulle condizioni salariali di molti lavoratori tedeschi che non figurano nella tabella dei disoccupati in quanto svolgono un’occupazione, com’è logico che sia. Ricordo che la stragrande maggioranza dei politici e opinionisti nostrani ripetono come un mantra la necessità di prendere spunto dal modello tedesco. Ebbene ecco un po’ di dati interessanti per profani:

  • Stando a tutte le statistiche, il numero di lavoratori impiegati in uno o più mini jobs in Germania ammonta a quasi 8 milioni di unità. Avete capito bene: nella lista di chi un lavoro ce l’ha, vi sono quasi 8 milioni di persone che lavorano 15 ore alla settimana per portarsi a casa la possente cifra di 450 Euro al mese. Di questa massa enorme di lavoratori precarizzati e sottopagati, bisogna specificare che 4,9 milioni vivono soltanto di un mini job mentre altri 2,7 milioni svolgono un mini job solo come seconda attività rispetto al loro lavoro principale, altrimenti non avrebbero le risorse necessarie per vivere dignitosamente. Se da una parte i mini jobs hanno ridotto il lavoro nero e la disoccupazione, dall’altro hanno incentivato ed istituzionalizzato il lavoro precario, a part-time e a bassi salari, con l’ulteriore gravissima conseguenza che la mancanza di contributi previdenziali da parte dei mini jobbers renderà il sistema pensionistico tedesco alquanto instabile, per usare un eufemismo, per gli anni a venire.

  • Altra figura lavorativa che è molto cresciuta negli ultimi decenni è quella dei cosiddetti aufstocker, termine che è difficile rendere in italiano ma che può essere tradotto come “integratore”. Nella sostanza gli aufstocker sono dei lavoratori che percepiscono un salario così basso da rendere necessaria appunto un’integrazione economica da parte dello Stato altrimenti avrebbero anche in questo caso serie difficoltà a far fronte alle loro spese correnti e ad arrivare a fine mese, per dirla in maniera brutale. Nella maggior parte dei casi gli aufstocker sono lavoratori a part-time ma si sono registrati non pochi episodi di lavoratori a tempo pieno chiedere un aiuto economico allo Stato per poter sbarcare il lunario; sono per esempio padri di famiglia con figli che, seppur lavorando 40 ore alla settimana, non riescono con i loro magri salari a garantire un’esistenza dignitosa a sé stessi e ai loro cari. Il numero degli aufstocker in Germania è di 1,3 milioni di unità.

  • Altro dato niente male è che in Germania il numero di pensionati over 65 costretti a lavoricchiare per arrotondare la loro pensione è di circa 1 milione di unità. Parliamo dunque di vecchi pensionati che decidono di svolgere un’occupazione part-time (il sempre verde mini job) per poter avere un’entrata extra di 450 Euro. Niente male davvero per il paese con il sistema pensionistico migliore d’Europa…

  • Ma il dato che onestamente più mi ha sconvolto è aver letto che in Germania 1 bambino su 7 riesce a vivere solo grazie al sussidio di disoccupazione, detto in gergo popolare Hartz IV, percepito da uno od entrambi i genitori disoccupati (o lavoratori ma con paghe troppo basse come visto sopra). La cifra sale per Berlino e Brema, due metropoli nelle quali il numero di bambini che vive solo grazie all’Hartz IV è di ben 1 su 3. Se vi capita di trovarvi in uno dei tanti parchi che costellano la capitale tedesca, tenete a mente che dei bambini che vedrete giocare a calcio e andare sulle altalene, uno su tre di loro vive grazie ai sussidi statali. Sarebbe carino se qualcuno di voi lo facesse notare a chi elogia a spada tratta il sogno tedesco. E badate che la stragrande maggioranza dei politici italioti vuole seguire questo modello…tanti auguri.

Aggiungo inoltre che i dati sulla disoccupazione che il governo federale tedesco ciclicamente espone al resto d’Europa in attesa degli immancabili applausi scroscianti ed elogi sperticati da parte delle cancelliere, sono viziati da un grave difetto che assume i connotati di una vera e propria truffa contabile. Infatti tra le persone che risultano per le statistiche ufficiali degli occupati, vi sono anche quei disoccupati che si differenziano da chi un lavoro non ce l’ha solo per il mero fatto di svolgere un corso di formazione professionale. E’ necessario chiarire che il sistema di corsi di formazione è del tutto diverso da quello vigente in Italia: i corsi di formazione per disoccupati, conosciuti come Ausbildung, possono durare fino a ben 3 anni e sono interamente finanziati dai Job Center, quindi con soldi dei contribuenti. Per onestà intellettuale bisogna altresì affermare che il sistema di formazione tedesco viene considerato tra i migliori al mondo e determina un’entrata concreta nel mondo del lavoro. Tuttavia il problema è che anche un semplice corso di tedesco di 2 mesi per un disoccupato viene considerato alla stregua di un Ausbildung. Ciò significa che il disoccupato che svolge tale corso, durante l’intera durata del medesimo non viene considerato dalle statistiche governative né come inoccupato né come iscritto alle liste di collocamento. Capite bene come un sistema di questo tipo manipola le statistiche sul tasso di disoccupazione: tenete conto che i disoccupati “fantasma” che svolgono corsi di formazione, veri o presunti, sono a milioni. Di conseguenza il tasso di disoccupazione fantasmagorico del 4,2%, che in Italia ed in altri paesi europei viene considerato come un qualcosa di utopico, è in verità gravemente viziato dalla presenza di milioni di disoccupati di fatto i quali tuttavia non vengono conteggiati come tali solo perché partecipanti ai corsi di formazione professionale, oltre che da una massa composta da milioni di lavoratori costretti a salari da fame e da umilianti integrazioni statali. Questo è il vero dark side del mito tedesco.

Per dare un senso ai dati che vi ho appena esposto, anche in considerazione della gazzarra calabrese a cui ho dovuto mio malgrado assistere, sappiate che il numero di poveri e di lavoratori precari ha subito una crescita costante, e nemmeno così lenta in verità, proprio a partire dalle riforme Hartz messe a segno dal governo di “sinistra” del sig. Schröder. A ciò si aggiunge la situazione politica della Germania di questi giorni: anche a chi non è appassionato di cronache teutoniche, non sarà sfuggito che il partito di destra populista e xenofoba AFD (Alternative für Deutschland) è dato in crescita ovunque. Nemmeno una settimana fa si sono svolte le elezioni regionali nel Land Pomerania – Meclemburgo, nelle quali l’AFD ha ottenuto un incredibile 22% collocandosi così al secondo posto davanti alla CDU della Merkel e dietro solo ai socialdemocratici della SPD. La maggioranza dei commentatori ha dato per assodato che il successo dei razzisti e xenofobi dell’AFD, come sempre vengono definiti dal circo mediatico, fosse dovuto alla politica di accoglienza totale della sig.ra Merkel e che la xenofobia e le paure irrazionali nei confronti dello straniero siano stati gli elementi decisivi per l’affermazione di questo movimento. Chi scrive non concorda su quanto è stato detto e ripetuto dai media all’unisono ma, prima di dire come la penso, vorrei esporvi una serie di dati che mettono a confronto i tassi di disoccupazione dei Länder tedeschi più poveri, i quali si situano tutti nella parte est ex socialista, ed i tassi di consenso registrati per l’AFD. Ricordo che il Land della Pomerania – Meclemburgo, nel quale la scorsa domenica si sono tenute le elezioni, faceva anch’esso parte della DDR ed è tuttora una delle regioni che conosce un tasso di disoccupazione maggiore alla media. Faccio altresì notare che i sondaggi danno il consenso per l’AFD intorno al 14/15% a livello nazionale mentre il tasso generale di disoccupazione in Germania, come già detto e ripetuto, è del 4,2%. Ebbene ecco i dati (a sinistra tasso di disoccupazione del Land e a destra consenso locale per l’AFD):

  • Sachsen – Anhalt (elezioni svoltesi il 13.03) → 9,2% / 24,2%

  • Meclemburg – Vorpommern (elezioni svoltesi la scorsa domenica) → 9% / 24%

  • Brandenburg → 7,7% / 20%

  • Sachsen → 7,1% / 17%

  • Thüringen → 6,4% / 17,5%

Come si può ben notare, c’è un dato di fondo incontrovertibile: l’AFD sfonda nelle regioni facenti parte una volta della DDR le quali si caratterizzano per un tasso di disoccupazione superiore alla media nazionale e che in misura più acuta rispetto ad altre realtà locali stanno pagando i conti della crisi. L’adagio, anche in questo caso ripetuto come un mantra dai media mainstream, secondo il quale i cosiddetti razzisti stiano sfondando per un diffuso sentimento di rabbia e paura di fronte all’ondata di profughi siriani regge fino ad un certo punto. La politica di apertura della Merkel di fronte ai profughi può essere considerata come l’ultima goccia che ha fatto traboccare un vaso colmo di promesse mancate e che risalgono alla riunificazione della Germania, di disoccupazione cronica, di lavoretti precari, di pomeriggi passati al Job Center e soprattutto di un senso di frustrazione legato alla mancanza di rappresentanza politica di un tale disagio. La sinistra socialista, che in quel sabato mattina distribuiva panini e gazzose ai vecchietti con la pensione minima, è la stessa sinistra che da Schröder in poi ha abbracciato in toto l’ideologia del libero mercato, delle conseguenti privatizzazioni e del “necessario” restringimento dello stato sociale. L’impoverimento di larghi strati della popolazione, già descritti sopra, sono stati causati in primis dalle riforme del mercato del lavoro messe a punto non già da un governo di falchi reazionari o di eredi della Thatcher o Reagan, bensì da un partito di sinistra che a parole si proclama ancora oggi rappresentante dei lavoratori ma che di fatto ne ha tradito le loro aspettative.

Non c’è perciò da stupirsi se soprattutto nelle regioni orientali, che più stanno pagando il conto di queste politiche neoliberiste, vi sia in questo momento un esodo verso i cosiddetti partiti di estrema destra o populisti. Il fattore migratorio recente non è stato altro che una miccia che ha fatto esplodere un disagio che stava durando almeno da 27 anni, ossia dopo che la caduta del muro avrebbe dovuto garantire standard di vita americanizzati ed occidentali a milioni di grigie esistenze sconvolte da decenni di socialismo reale (almeno da quanto la propaganda occidentale ci ha fatto credere). Ed invece cos’è avvenuto nella realtà dei fatti dopo il 1989? Ad est migliaia di fabbriche sono state svendute ai caimani dell’Ovest (il perfido Berlusconi in confronto è un amatore), milioni di persone si sono trovate letteralmente da un giorno all’altro disoccupate perciò costrette ad emigrare all’Ovest per stipendi più bassi rispetto ai colleghi occidentali e sempre con la stigma di provenire dal’Est straccione e statalista. E come ciliegina sulla torta: tutte le promesse su un miglioramento degli standard di vita sono caduti a vuoto ed anzi hanno avuto come conseguenza l’esplodere dei sussidi sociali e di mini jobs precari e sottopagati, già descritti sopra.

Non sarebbe stato perciò così sorprendente da aspettarsi, a patto ovviamente che si fosse andati oltre la narrativa politicamente corretta e semplicistica dei media, come un disagio cullato così a lungo potesse esplodere. Se ci mettessimo nei panni di un disoccupato o di un giovane precario di Rostock il quale, passatemi il termine, è stato preso per il culo da decenni di promesse a vuoto e che da un giorno all’altro si vede passare avanti siriani che forse non sono nemmeno profughi e che non parlano il tedesco ma che ricevono sussidi, una casa e dei corsi di tedesco o addirittura di formazione pagati dallo Stato, allora non forse ci parrebbe così strano che possa rivolgere la sua frustrazione a movimenti di estrema destra che promettono facili soluzioni. Si badi bene: non sto facendo un elogio di questi movimenti nati di recenti né tanto meno mi interessa, almeno per ora, capire se effettivamente le loro soluzioni siano efficaci o meno. Quello che mi interessa è studiare le cause profonde di un calo di consensi della sinistra di governo, cercando di andare oltre alle solite generalizzazioni secondo le quali milioni di persone si sarebbero scoperte dalla sera alla mattina razziste e xenofobe. A dar forza alle mie convinzioni, vorrei far notare al lettore come alle recentissime elezioni regionali tenutesi in Pomerania – Meclemburgo l’AFD sia risultato il partito più votato tra i dipendenti, i disoccupati e i lavoratori autonomi con cifre che sono arrivate fino al 29%. Un altro dato molto interessante dimostra come i cattivoni di destra siano riusciti a portare alle urne qualcosa come il 25% di elettori in più rispetto alle ultime elezioni, rompendo così una tendenza all’assenteismo che durava in quel Land dal 2004 (guarda caso il primo anno in cui sono entrate in vigore le misure Hartz nda). Altro aspetto completamente ignorato dai media e dai commentatori politici è che la fascia d’età che più ha votato l’AFD è stata quella dei 35 – 40 anni, ossia di quelle persone che sono entrate per la prima volta nel mercato del lavoro proprio durante le riforme di Schröder e co. con le condizioni salariali che il sottoscritto ha già riportato sopra. Per dovizia di cronaca, nelle elezioni di Meclemburgo i vecchietti hanno votato in massa per la SPD; evidentemente la politica del pane e salame gratis continua a pagare. In questo caso poi non ho sentito nessun intellettuale come Saviano o Gramellini strillare ai vecchi egoisti e retrogradi che voterebbero contro le nuove generazioni, com’è successo per esempio dopo il voto sul Brexit (a proposito non sono ancore cadute le cavallette a Londra?).

Concludo riportando le dichiarazioni del direttore del prestigioso settimanale die Zeit Giovanni Di Lorenzo, il quale durante un’intervista a Repubblica rilasciata all’indomani delle elezioni nel Meclemburgo, ha dichiarato che gli elettori nell’occasione si sono dimostrati degli “ingrati”. Lascio a voi qualunque ulteriore commento. Per gli interessati ecco l’intervista completa:

http://www.repubblica.it/esteri/2016/09/04/news/voto_meclemburgo_intervista_di_lorenzo-147185698/

Nel frattempo vi lascio alle ben note beghe romane sperando almeno di avervi fatto alzare lo sguardo su altri lidi. Non siate anche voi degli ingrati e spargete il mio verbo, mi raccomando.

4 Risposte a “Il fascino sinistro del mito tedesco”

  1. Premetto che risiedo anch’io a Berlino da circa tre anni e quindi conosco la realta’ di cui Lei parla nei Suoi articoli.
    Ho letto il Suo art. con interesse e condivido la Sua opinione riguardo l’AFD e i suoi sostenitori ma, per conoscenza personale, Le posso dire che la gente vissuta sotto la DDR e che ora vota AFD, non lo fa solo per i motivi da Lei citati, ma anche, ritengo (conoscendo alcune di queste persone vissute in tale realta’), per una vera e propria innata o tramandata da generazioni diffidenza verso lo Straniero (non solo verso i “poveri” e/o “pericolosi” Siriani/ Arabi ma anche verso l’immigrato occidentale colto e/o benestante o meno che sia).
    Inoltre, in merito alla Sua critica riguardo un’eventuale adozione in Italia del modello tedesco dei sussidi di disoccupazione, forse qui non e’ proprio il Paradiso che la maggioranza delle persone (italiane e non) si immaginano dall’esterno, ma attualmente che forme di sussidi o incentivi per una formazione professionale ci sono in Italia per i disoccupati?: sono abbandonati a loro stessi o, se sono fortunati, vivono grazie alla misera pensione di papa’ o nonno! Quindi, per quanto mi riguarda, ben venga il modello tedesco in Italia!

    Cordiali saluti,
    M.

  2. Nessuno e’ migliore degli altri, quello che manca agli
    stati e’ la parita’, noi europei stiamo pagando lasconfitta
    subita nell’ultimo conflitto, a noi manca la sovranita’, non
    siamo padroni a casa nostra, alcuni di questi stati hanno
    qualcosa piu’ di noi ma nell’insieme sono schiavi, coloro
    che hanno firmato la resa si sono impegnati affinche’
    non possiamo risorgere piu’, non dobbiamo piu’ dare fastidio,
    ed ecco che emigriamo perche’ l’altro stato ci da piu’ possibilita’,
    che in patria ci e’ negata, solo che in patria vige un contratto
    non visibile, bisogna dare schiavi per le miniere, ed ecco che
    il lavoro nella miniera straniera sembra una passeggiata.
    Poi ci accorgiamo che una volta affrancati siamo schiavi
    stranieri volenterosi in uno stato straniero.
    Pero’ adesso tutto sara’ uniforme, tutti saremo cittadini del mondo.
    Abbasso le differenze, tutti schiavi uguali.
    Non dicono che il mondo e’ bello perche’ e’ vario?!
    Tschüß !

  3. Questo accade perche’ qualcuno si considera meglio di tutti.
    E visto che costui si sente illuminato e divino si fa portatore
    di giustizia, l’uomo e’ un fardello, l’uomo deve sparire.
    Questo e’ il risultato di secoli di astrazione del pensiero,
    se costoro che con la scusa di essere saggi, fossero costretti
    per vivere a trovare di cui cibarsi non avrebbero il tempo
    materiale per elucubrare chi e’ peggiore e chi e’ degno
    di vivere, purtroppo il pensiero astratto non e’ umano,
    e’ disumano.
    Diciamo che tutti i pensatori sono parassiti che vivono
    sfruttando l’ignoranza del suo simile.

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