L’ineffabile strategia inglese

Remember: every time, when we have to choose between Europe and high seas, we will always choose high seas.

Winston Churchill

 

Discutendo tanto per cambiare di Brexit, questa volta analizzeremo in maniera generale le strategie messe in atto dai recenti governi britannici, che nei prossimi mesi metteranno una volta per tutte l’Europa continentale con le spalle al muro. Anche se negli ultimi giorni tutti i media italici si stanno concentrando sulla formazione dell’ennesimo governo europeista, non è passata inosservata nemmeno in Italia la notizia secondo la quale il pazzo, come spesso viene definito dai liberi quotidiani tedeschi, Boris Johnson desidera sospendere la democrazia parlamentare nel Regno Unito. In pratica il Primo Ministro conservatore ha chiesto alla Regina Elisabetta II di sospendere i lavori della Camera dei Comuni per ben 23 giorni, esattamente fino al 14 ottobre, per accentrare su di sé tutti i poteri negoziali nel dialogo con gli organi europei. Apriti cielo: tutti i mezzi di comunicazione di questa Europa continentale sempre più ricca in tasca e sempre più libera nel pensiero hanno definito la scelta di sospendere i lavori della House of Commons, richiesta accordata come da prassi dalla Regina, come un vero e proprio golpe dell’esecutivo contro la più antica democrazia parlamentare del mondo. Il solito Commissario tedesco, pardon europeo, al Bilancio Oettinger, quello stesso politico CDU che negli anni ’90 a Stoccarda andava a mangiarsi la pizza nei locali gestiti dalla ‘ndrangheta, è arrivato a dichiarare pubblicamente di aspettarsi un’insurrezione, beninteso democratica, del popolo britannico contro la scelta di Johnson. Gli stessi media tedeschi, che si guardano bene specie in questi tempi di assedio contro la Germania di criticare la Mutti Angela, hanno definito la decisione di mad Boris come un attentato alla democrazia tout court.

Insomma la paura per una hard Brexit, con conseguenti dazi reciproci e crollo dell’export per l’economia locomotiva d’Europa, cresce man mano che ci stiamo avvicinando alla fatidica data del 31 ottobre, giorno di Halloween (ricordiamolo ancora una volta, data dal chiaro valore simbolico ed esoterico per tutti i Paesi anglosassoni) nel quale è prevista l’uscita della Perfida Albione dal sogno europeo. Poi qualche anima curiosa come il sottoscritto cerca di informarsi per capire cos’è questa oscura sospensione del Parlamento britannico ed incappa in un articolo perfetto sul Corriere della Sera, scritto da una giovane Chiara Severgnini, che al dispetto dell’ingombrante cognome non é figlia del piú famoso Beppe. Lei è Chiara così come il suo prezioso contributo, che ha proprio il merito della chiarezza espositiva. Il concetto da lei esposto è semplice: non è affatto la prima volta che il capo di un esecutivo britannico richiede la sospensione dei lavori parlamentari, anzi l’aveva chiesta perfino un Premier laburista come Clement Attlee nel lontano 1948 per impedire il veto della Camera dei Lord sulla nazionalizzazione di alcune industrie siderurgiche da lui fortemente voluta. Inoltre la “prorogation”, come viene chiamata la sospensione in termini tecnici, è una delle prerogative reali, ovvero quell’insieme di poteri, autorità e immunità riconosciute al sovrano britannico. Ad ogni modo da oltre un secolo, la richiesta è solo una mera formalità perché il Re o la Regina, per consuetudine, accorda sempre al governo la sospensione. L’unico organo istituzionale che può richiedere la sospensione è quello esecutivo, ossia il governo, mentre i parlamentari in casi come questi non hanno nessun potere d’appello. Durante la prorogation, che come visto durerà fino al 14 ottobre, i lavori parlamentari vengono sospesi; ciò significa che durante tale decisivo lasso di tempo il controverso governo conservatore del breexiter Boris Johnson non potrà essere sfiduciato, né tanto meno i gruppi d’opposizione saranno in grado di bloccare l’hard Brexit senza accordo, né infine potranno far approvare nessuna legge, nemmeno quelle che potrebbero servire ad ammorbidire l’impatto del divorzio dalla Ue.

Ammettiamolo: la scelta di richiedere la sospensione del Parlamento è stata una mossa geniale, anche perché totalmente legale dal punto di vista formale. E’ un passo ulteriore verso il recesso unilaterale della Gran Bretagna dall’Unione Europea, anch’esso formalmente legale visto l’articolo 50 del Trattato di Lisbona che ne regola le procedure. Se tentiamo un’analisi approfondita delle strategie britanniche all’indomani del 24 giugno 2016, data di proclamazione dei risultati ufficiali del referendum a favore della Brexit nonché data simbolica per la Massoneria moderna fondata secondo la narrativa proprio a Londra il medesimo giorno di 299 anni prima, potremo osservare come in primo luogo il governo precedente della May abbia perso 2 anni in negoziati del tutto inutili per la parte avversa, ratificando un accordo con l’Unione Europea che fin da subito si sapeva zoppo e del tutto inaccettabile per l’opinione pubblica britannica, ergo anche per la Camera dei Comuni. Di sicuro il punto più controverso, approvato guarda caso dallo stesso Boris Johnson nel dicembre 2017, è il backstop nordirlandese. Questa forma di compromesso legale tra l’UK e la UE prevede una sorta di transizione da definirsi in negoziati successivi ed in primo luogo dovrebbe evitare l’imposizione di un confine fisico tra la Repubblica d’Irlanda, nazione indipendente dal 1919 e facente tuttora parte dell’Unione Europa, e l’Irlanda del Nord, pezzetto di terra irlandese fedele alla Corona britannica la quale seguirà i destini del Regno Unito lontano dall’Unione Europea. In secondo luogo il backstop, voluto da entrambe le parti negoziali ancora nel 2017, prevede in linee generali che il Regno Unito, nonostante la Brexit, possa continuare ancora a far parte del Mercato Unico Europeo. Il problema fondamentale, vero e proprio cane che si mangia la coda, è che l’attuale Primo Ministro Boris Johnson abbia proclamato sia il desiderio di cancellare il backstop come conditio sine qua non per riaprire i negoziati con l’Unione Europea, sia quello di evitare qualsiasi barriera fisica tra le 2 Irlande, ribadendo però al contempo la sua volontà di tenere lontano il suo Paese dal Mercato Unico Europeo. Capisce bene anche il lettore meno ferrato di temi geopolitici internazionali come tutte queste richieste siano in contraddizione tra di loro; non è tecnicamente possibile infatti richiedere la libera circolazione di merci e persone tra le 2 Irlande ed al tempo stesso non voler aderire al Mercato Unico Europeo, come lui stesso ha più volte dichiarato.

Tuttavia se guardiamo appunto alla strategia negoziale britannica, che da sempre nei secoli ha avuto successo nei confronti dell’Europa continentale, possiamo allora comprendere come il suo vero obiettivo sia quello di far esplodere la Brexit nella maniera più caotica possibile. Il fine ultimo è quello di far uscire il Paese senza un accordo per poter danneggiare l’economia europea, in primo luogo quella tedesca, attraverso la dichiarazione di una guerra commerciale fatta di dazi, tariffe doganali e minacce continue di stringere la corda. Altrimenti non si spiegherebbe l’”assurda” strategia di quello stesso Boris Johnson, che nel dicembre 2017 da Ministro degli Esteri britannico aveva messo la sua firma a favore del controverso backstop che ora pretende di abolire, ben sapendo come questo non sia tecnicamente possibile a meno che non si voglia rinunciare all’idea stessa di Brexit. Lui sa bene che l’Unione Europea non accetterà mai la sua precondizione di sedersi di nuovo intorno al tavolo, a patto che il compromesso legale del backstop venga stralciato una volta per tutte. Ma questo non è drammatico, anzi: la testardaggine di tutti i 27 Paesi UE nel tenere duro e nel non riaprire i negoziati verrà presa come l’alibi perfetto per un’inevitabile hard Brexit; potrà insomma dire all’opinione pubblica interna come lui abbia fatto tutto il possibile per portare a casa un nuovo accordo, ben più avvantaggioso rispetto a quello ottenuto dalla May, ma che purtroppo la colpa del nuovo fallimento è stata della burocrazia di Bruxelles e della corta visione delle altre nazioni europee, che si sono rifiutate di riaprire il tavolo negoziale. Molto probabilmente tutte queste cose, che io ora vi anticipo, verranno proclamate perfino dalla Regina Elisabetta II durante il discorso ufficiale previsto per la riapertura della Camera dei Comuni. È sempre Chiara Severgnini a svelare ciò nell’articolo apparso sul Corriere, già descritto in precedenza; il dettaglio che qui ci interessa è che a scrivere il discorso letto dalla Regina non sarà lei stessa, bensì il governo in carica. Lo stesso Boris Johnson ha già preannunciato che dal discorso verrà presentata la “nuova eccitante agenda del governo”.

Pertanto la sospensione legale del Parlamento più antico del mondo, lungi dall’essere un colpo di stato istituzionale come stupidamente riportato come un sol uomo da tutti i media tedeschi, si inserisce perfettamente all’interno della strategia britannica di uscire senza un accordo dalla “prigione” europea, per poter creare più danni possibili alla controparte. Questo anche perché dalla riapertura della House of Commons, prevista per il 14 ottobre, fino al giorno ufficiale di recesso del Regno Unito, ossia il 31 ottobre come già più volte ricordato, non sussistono i tempi materiali né per bloccare l’hard Brexit né per sfiduciare Boris Johnson. La mossa di perdere tempo per 2 anni facendo firmare un accordo capestro che si sapeva inaccettabile, per poi guadagnare ulteriore tempo con la sospensione del Parlamento, dovrebbe parlare per sé. Tuttavia il vero scacco matto della Perfida Albione, che con maggior forza dovrebbe far comprendere a noi poveri continentali l’abisso che separa le nostre classi dirigenti dalle loro, è stata la decisione di partecipare alle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo. Riflettiamo assieme: il gruppo di potere britannico, che controlla i vari governi di Londra, sa benissimo che il Paese uscirà dall’Unione Europea, non importa granchè se la data sarà il 31 marzo oppure il 31 ottobre. Tuttavia esso comprende anche bene di avere la possibilità unica di far entrare al Parlamento Europeo una forza “sovversiva”, ovvero il partito pro Brexit di Nigel Farage, il quale anche dopo la Brexit rimarrà per ben cinque anni dentro una delle massime istituzioni del nemico da abbattere. Secondo il mio umile parere, si è trattato di una mossa geniale dal momento che il seppur sparuto gruppo parlamentare di Farage[1] potrà comunque disturbare, anche grazie alla collaborazione dei conservatori britannici anch’essi lì presenti, i regolari lavori parlamentari europei, senza contare il ritorno d’immagine legato alla sua continua ed efficace propaganda anti-UE e soprattutto anti-Germania. Come nel caso della controversa sospensione dei lavori parlamentari richiesta da Boris Johnson ed approvata dalla Regina Elisabetta II[2], anche in questo caso la permanenza dei parlamentari britannici nel Parlamento Europeo, nonostante la Brexit, sarà del tutto legale, a meno che l’Europa continentale non decida di violare le normali procedure democratiche su input tedesco, magari espellendo i parlamentari ribelli.

Un altro dettaglio significativo che preannuncia la Brexit è il seguente: il 18 agosto il Ministro britannico per la Brexit (hanno perfino un Ministero apposito, figuriamoci), Steve Barclay, aveva firmato la legge che cancella l’atto del 1972, il quale sanciva l’adozione delle leggi europee da parte del Regno Unito. Lo aveva riferito un comunicato dello stesso governo britannico, sottolineando che si trattava di “un passo storico per il ritorno dei poteri legislativi da Bruxelles al Regno Unito”. L’annullamento dell”European Communities Act’ entrerà in vigore il 31 ottobre, data in cui la Gran Bretagna lascerà l’Unione Europea, senza accordo of course. Ecco un secondo dettaglio simbolico:  dal 6 aprile, quindi con il governo May ancora in carica, da tutti i nuovi passaporti britannici era sparita la dicitura “European Union” sulla copertina. Non penso proprio che verrà ripristinata.

Per riassumere quanto scritto finora sulla strategia britannica di uscita “disordinata” dalle magnifiche sorti e progressive dell’Unione Europea, potremo concludere dicendo che, lungi dall’essere caotica, essa si è invece caratterizzata finora per il perseguimento di un’uscita il più possibilmente dannosa per le 27 economie nazionali che compongono il Mercato Unico Europeo, con un’attenzione particolare a quella tedesca. All’indomani del 24 giugno 2016, nuovo Indipendence Day secondo lo stesso Boris Johnson, sono stati condotti degli inutili negoziati, che si sapeva fin da subito avrebbero portato ad un accordo inaccettabile per il Parlamento britannico, che tuttavia hanno avuto l’indubbio merito di guadagnare tempo, facendolo perdere all’altra parte negoziale. Non si è voluto uscire con una hard Brexit il 31 marzo di quest’anno, sia perché era necessario far perdere rovinosamente le elezioni europee alla “debole” Theresa May, per mettere al governo il breexiter duro e puro Boris Johnson, sia per permettere attraverso una mossa geniale al partito estremista pro Brexit di Nigel Farage di entrare nell’Europarlamento di Bruxelles. In questo modo si sono presi 2 piccioni con una fava: si è messo a capo dell’organo esecutivo, incaricato di continuare i negoziati, un politico di lungo corso in grado di portare a termine il programma deciso da anni, ed al tempo stesso si è inserito dentro la mela, per usare una metafora impiegata negli anni che furono da un certo Winston Churchill, un piccolo verme in grado di destabilizzare ancor di più l’Unione Europea. Infine con la recente sospensione del Parlamento britannico, sospensione come analizzato sopra del tutto legale, si è impedito materialmente agli elementi contrari tout court alla Brexit sia di sospenderla sia di sfiduciare l’odiato Boris. Senza contare che già da aprile era stato volutamente cancellato il riferimento all’Unione Europea da tutti i nuovi passaporti britannici, mentre qualche settimana fa, quando gli ignari italiani o si godevano le vacanze di Ferragosto o si contorcevano inutilmente le budella per l’ennesimo governo Quisling[3], il governo britannico nel silenzio generale aveva approvato la storica e rivoluzionaria misura di abrogare quella legge interna, che fino a quel momento aveva garantito l’applicazione delle direttive e regolamenti comunitari all’interno dell’ordinamento britannico. Infine il Primo Ministro Boris Johnson sa benissimo che l’Unione Europea terrà duro sulla cancellazione del controverso backstop, da lui stesso votato nel 2017 e che prevede un regime provvisorio per l’Irlanda del Nord prima che entri in vigore la Brexit. Tuttavia avrà gioco facile nel giustificare la Brexit dura senza un accordo condiviso, dal momento che potrà dichiarare di aver tentato più volte di riaprire il negoziato con la perfida Europa di Bruxelles, ma che è stata sempre quest’ultima a porre il veto, complice anche l’influenza tedesca. A quel punto la maggioranza dell’opinione pubblica britannica si metterà l’anima in pace accettando la Brexit e dando la colpa dei nuovi fallimenti alla testardaggine dei governanti presenti a Berlino e Bruxelles.

Non c’è molto altro da aggiungere. Di sicuro nelle prossime puntate apriremo ulteriori parentesi sulla strategia comune anglosassone di picconare, per usare un termine squisitamente cossigiano, l’economia tedesca costruita sul fragile export. Anche la costruzione mediatica dei 2 uomini di governo speaking English, Trump e Johnson, che dovranno portare a termine l’importante missione, non è stata lasciata al caso: entrambi biondi, corpulenti, qualche volta un po’ impacciati nei movimenti, di sicuro allergici al politicamente corretto che lentamente ci sta uccidendo, entrambi ricchi, tutti e due conservatori, senza contare che sono i capi di governo formali di quel mondo anglosassone, un tempo dominatore dei mari e che da qualche anno sta faticosamente tentando di conservare il primato globale. Come non ricordare la strategica visita di Trump a Londra ai primi di giugno, durante quelli stessi giorni in cui si celebrava il 75esimo anniversario dello sbarco alleato in Normandia. Oppure la volontà di Trump stesso di firmare un nuovo accordo commerciale tra l’UK e gli Stati Uniti anche il giorno dopo l’abbandono dell’Europa, se necessario, con 45 senatori repubblicani che hanno firmato una petizione in tal senso. La special relationship tra le due maggior nazioni parlanti anglofone si rafforzerà pertanto con la Brexit, che altro non è che un tassello di una partita per più importante. Potremmo concludere con la traduzione dell’eloquente frase attribuita a Winston Churchill, posta all’inizio dell’articolo:

Ricordatevi: ogni volta che dovremo scegliere tra l’Europa e gli alti mari, sceglieremo sempre gli alti mari.

Più chiaro di così si muore.

 

[1] Ricordo che alle elezioni europee, cui ha partecipato anche il Regno Unito, il neo partito di Farage è arrivato al primo posto con circa il 34% dei consensi. Inoltre ricordo che il partito era stato ufficialmente fondato appena qualche settimana prima a Coventry, città inglese quasi completamente distrutta dai bombardieri tedeschi durante l’ultima guerra.

[2] Sempre secondo i soliti complottisti internettiani, i sovrani inglesi sarebbero da secoli al comando della Massoneria mondiale. Non essendo esperto in questi temi specifici, lascio agli eventuali lettori interessati la volontà di approfondire.

[3] Gli illustri intellettuali ed i comuni laureati di sinistra, che già stanno elogiando il governo Conte bis non ancora partorito, conosceranno di sicuro questa espressione. Non occorre pertanto che la spieghi a codeste persone colte.

4 Risposte a “L’ineffabile strategia inglese”

  1. Articolo molto interessante e, come sempre, chiaramente articolato ed obiettivo. Il confronto che emerge tra le strategie negoziali e i leaders politici avvicendatisi nel portare avanti le ragioni e gli interessi del proprio paese è, nel caso Brexit ed in questa fase storica e temporale ( a mio parere) del tutto a favore di Johnson e della UK, ed è davvero impietoso operare un qualche confronto con l’attuale sconcertante situazione politica in Italia. Come tanti cittadini Italiani, che vorrebbero partecipare con sempre maggior consapevolezza e dignità a cambiare e rinnovare dall’interno il proprio paese, il non poter votare, il dover prendere atto che le volontà, le istanze ed i bisogni più sentiti dal popolo non hanno alcuna presa e significato sull’intera classe dirigente politica, tutto ciò segnala un deficit di democrazia davvero stridente se comparato con la strategia inglese pensata, affrontata e portata ormai quasi a termine per ottenere la Brexit.
    Un suo commento sull’odierna situazione politica in Italia con probabili futuri risvolti anche all’interno della discussa Ue sarebbe una gradita lettura sia per me che – certamente – per gli affezionati esploratori di questo blog.
    Comunque grazie per essere ritornato dopo la pausa estiva.

  2. Lei ha ragione. Mi scuso per il grave errore e provvedo subito a correggerlo. La ringrazio per la segnalazione e mi scuso ancora per la svista.

  3. Buongiorno,

    sono io a ringraziarla per il suo prezioso commento.

    Cosa dire di più? Le faccio una domanda. Se lei è appassionato di storia, mi saprebbe dire una misura legislativa importante operata dal Congresso indiano nel 1934? Oppure mi ricorderebbe qualche azione politica forte presa da qualche politico ceco nel Protettorato di Boemia e Moravia nel 1940? Oppure per dirne un’altra: l’Imperatore cinese presente nel Manchukuo occupato dai giapponesi aveva pieno potere esecutivo? Non so se mi spiego.

    La Gran Bretagna, sempre secondo il mio parere, proverà a ricomporre un vero Commonwealth distrutto dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Se non le è chiaro cosa sto dicendo, le consiglio di fare una ricerca sul gruppo “Round Table”, Il Milner Group e soprattutto su Carrol Quigley che ne descrisse finalità e modi operandi. In fondo non è cambiato molto; anche i loro leader venivano a maggioranza da Eton come Boris Johnson.

    Per quanto riguarda il Regno delle Due Italie, ne parlerò; non si preoccupi. Ad ogni modo la prenderò molto larga come vedrà prossimamente.

    Grazie ancora e buona giornata

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