Tramonto occidentale

SpenglerConfesso che neppure io me l’aspettavo. Nonostante i proclami delle starlette miliardarie le quali, tra una tirata di coca e un’orgia, avevano manifestato il loro appoggio pauperistico alla Signora Clinton; nonostante la grottesca e orwelliana campagna stampa di tutti i liberissimi media occidentali che tra accuse di palpate di culo vere ed immaginarie e battute da caserma, che qualunque uomo etero ha fatto almeno una volta nella sua vita, hanno scavato nel fondo della loro oscenità morale; nonostante il valoroso attivismo delle organizzazioni umanitarie pro immigrati e a favore dei diritti gay, sovvenzionate dallo speculatore internazionale George Soros; nonostante l’eccentrico miliardario avesse avuto contro perfino l’intero entourage del suo stesso partito, cosa considerata normale ed ovvia nella più grande democrazia del mondo; nonostante i suoi oppositori lo avessero accusato dell’infame crimine di non aver pagato tutte le tasse in passato, cosa impensabile per un miliardario negli USA; nonostante tutti i leader, anzi ducetti senza arte né parte, europei e perfino Er Papa Francé lo avessero accusato di essere un razzista solo perché si era azzardato a dire di voler cacciare i clandestini dal suo paese; nonostante avesse avuto contro la potentissima lobby dei neocon americani che negli ultimi 15 anni ha seminato guerra e distruzione in tutto il mondo; nonostante avesse avuto contro la NATO che morde il freno per scatenare la guerra, quella ultima e definitiva per la razza umana, contro la Russia sul suolo europeo; nonostante tutto questo, Donald Trump è riuscito a diventare il 45° Presidente degli Stati Uniti d’America.

Ammetto di esserci rimasto di sasso. Solamente due giorni fa avevo espresso la mia preoccupazione per una vittoria della Clinton che secondo la mia umilissima opinione sarebbe andata fino in fondo nella sua volontà di proseguire la guerra convenzionale tra la NATO, cioè noi, e la Russia sul continente europeo. Sono lieto che questa mia apocalittica profezia non possa mai venire comprovata visto che non è un mistero che più volte durante la sua campagna elettorale Trump avesse espresso la volontà di adottare una politica distensiva con Putin, se non addirittura di smantellare la NATO. Ebbene in questo mio “editoriale”, se vogliamo chiamarlo così, vorrei esprimere le mie considerazioni sull’inaspettata vittoria di Trump con uno sguardo anche alle conseguenze per la Germania, paese in cui in questo momento risiedo e che è l’oggetto principale del mio blog. Inizio con una premessa: ieri sera prima di andare a letto ho fatto una fugace ricerca su Internet per vedere se erano presenti delle news dell’ultima ora sull’esito delle elezioni. Ovviamente era troppo presto per vedere i primi exit poll; tuttavia un dato che stava già emergendo chiaramente era quello relativo all’affluenza alle urne: infatti tutti gli osservatori stavano facendo notare come l’affluenza aveva fatto registrare un valore molto più alto rispetto alle precedenti tornate elettorali degli ultimi anni, attestandosi su un valore di circa il 55%. Per un paese come gli USA, nel quale alle ultime elezioni del 2012 l’affluenza si era fermata al 49%, è stata una vera sorpresa. Leggendo questo dato, per un attimo la mia mente già annebbiata dal sonno mi aveva suggerito come anche alle ultime elezioni regionali in Germania, nelle quali i cosiddetti populisti dell’AFD avevano riscontrato un successo inaspettato, l’affluenza al voto aveva fatto registrare un significativo quanto anomalo balzo in avanti.

Questo poiché molti elettori tedeschi delusi e demotivati, che in passato non si erano recati a votare per un senso di sfiducia nei confronti della classica dicotomia destra – sinistra, si erano lasciati conquistare dalle proposte di rottura dei “populisti di destra” (virgolette mie) per andare alle urne. Fatta questa breve considerazione, sono poi crollato – ahimé – sul divano ma la mattina seguente aprendo il mio smartphone leggo che il colpaccio è stato realizzato. Ciò significa che anche alle elezioni presidenziali USA una parte rilevante dell’elettorato, quello più colpito dalle politiche legate alla globalizzazione degli ultimi 20 anni e che perciò aveva da tempo abbandonato ogni speranza di mutamento politico, ha deciso di dare il proprio appoggio ad un candidato che a loro modo di vedere rappresenterebbe una rottura radicale con le politiche neoliberiste portate avanti senza soluzione di continuità sia dalle cosiddette destre e sinistre storiche. Questo è il primo punto da tenere a mente.

Ma quali sono stati i veri elementi di rottura di queste elezioni americane? A mio modesto parere, la vera rottura si è concretizzata nel fatto che per la prima volta, nonostante la massiccia ed unilaterale campagna mediatica delle maggiori televisioni e quotidiani che all’unisono si sono scagliati contro Trump, la gente a maggioranza ha deciso con la propria testa e non si è lasciata abbindolare dall’evidente propaganda faziosa dei media. E badate che per un popolo come quello americano, che ancora oggi a maggioranza crede che il mondo sia stato creato da Dio in sette giorni e che Elvis Presley sia ancora vivo, non è cosa da poco. Significa che anche nel popolo che viene considerato il più teledipendente del mondo, milioni di persone si informano ormai sui blog alternativi e su vari siti di controinformazione. Se volete capirci qualcosa di più in fatto di informazione alternativa in America, vi consiglio di cercare “Alex Jones” su Youtube e poi fatemi sapere cosa ne pensate. Un altro aspetto di rottura è che probabilmente per la prima volta dai tempi di Roosevelt ha vinto un candidato che ha parlato direttamente a quel popolo di lavoratori, disoccupati e precari devastati da 30 anni di politiche neo – liberiste legate alle magnifiche sorti e progressive della globalizzazione; molto spesso infatti Trump aveva fatto riferimento alla volontà di abbattere, o perlomeno di rimettere in discussione, il trattato di libero scambio tra USA, Canada e Messico, il cosiddetto NAFTA, il quale era entrato in vigore negli anni ’90 sotto la presidenza – guarda caso – del democratico di sinistra (sinistra è un termine che io uso per mera facilità di comprensione) del marito porcellone di Hillary e che Trump aveva additato come causa principale della distruzione di milioni di posti di lavoro.

Ora io non sto dicendo che Trump abbia veramente intenzione di rimettere in discussione quel trattato di libero scambio ed in tutta onestà da italiano emigrato in Germania non me ne importa granché; quello che mi interessa è analizzare le cause del trionfo di Trump, che ricordo essere un ultra miliardario, tra i lavoratori americani sempre più impoveriti dalla globalizzazione. Nel gergo comune in America si usa definire il popolo minuto, quello dell’americano della strada per intenderci, come il popolo di Main Street per distinguerlo dai finanzieri che operano nel tristemente noto, almeno per noi comuni mortali, mondo di Wall Street. E difatti Donald Trump, che piaccia o meno, è riuscito a catalizzare le frustrazioni e le ansie del popolo di Main Street, il quale aveva in precedenza affidato le sue speranze, evidentemente tradite, a Mr Obama.

Un altro fattore di rottura, impensabile fino a qualche anno addietro, è stata l’intenzione da parte del neo presidente di rimettere in discussione l’Alleanza Atlantica, detta volgarmente NATO, ed il suo ruolo fondamentale nelle guerre neo coloniali esportate in tutto il mondo con i risultati visibili sotto gli occhi di tutti. La Prima Guerra del Golfo del ’91, il bombardamento della Serbia (alleata storica della Russia) nel ’99 con relativo riconoscimento (illegale) della secessione del narco – stato a maggioranza albanese del Kosovo (riconosciuto anche da Prodi, D’Alema and company nel 2007 nda), la guerra in Afghanistan del 2001 dove nonostante 15 anni di spese e sforzi militari occidentali i talebani stanno per riprendere il controllo totale del paese, la scellerata e criminale aggressione dell’Iraq con successivi massacri sunniti – sciiti ed ascesa dell’Isis, i bombardamenti illegali in Somalia, la distruzione di un paese autoritario ma laico come la Libia di Gheddafi con relativo linciaggio animalesco nei confronti di quest’ultimo e solito caos tribale ed invasione di migranti, la destabilizzazione dell’Ucraina con colpo di Stato (appoggiato da elementi neonazisti) nei confronti del presidente corrotto ma comunque regolarmente eletto ergo legittimo Yanukovich e relativi scontri nel Donbass con rischio di escalation militare con la Russia, l’illegale intromissione nella guerra civile in Siria con l’appoggio esplicito a tagliagole islamisti e criminali di ogni risma in funzione anti – Assad; tutte queste guerre, appoggiate dal repubblicano Bush prima e dal democratico Obama poi, non solo hanno fatto aumentare le attività terroristiche islamiche e più in generale l’instabilità in tutto il mondo, invece che debellare queste piaghe, ma hanno visto lo spreco di migliaia e migliaia di miliardi di dollari per guerre infinite ed inutili con il solo scopo di svuotare le casse dello Stato federale e di arricchire i soliti lobbisti delle armi.

Il cattivissimo ed ovviamente razzista Donald Trump durante la sua campagna elettorale ha voluto dire basta: ha detto chiaro e tondo che, invece di provocare la seconda potenza nucleare del mondo, è necessario dialogare con la Russia di Putin per sconfiggere l’Isis; ha addirittura dichiarato una cosa ovvia per chi non si fa circuire dai vergognosi media di regime, ossia che l’Isis è stato creato da Obama e la Clinton e dai ricchi emiri del Golfo (quelli sì fascisti ma ditelo per favore sottovoce) per controbilanciare il potere degli sciiti iracheni, storicamente vicini alla bestia nera dell’Iran, e per contribuire a far cadere il nemico Assad. Sempre il perfido Trump ha dichiarato in vari comizi pubblici che secondo lui la NATO è uno strumento datato, che magari poteva avere un senso durante la Guerra Fredda in funzione difensiva contro l’Unione Sovietica ma che dal ’89 in poi si è trasformata in uno strumento di offesa che non ha fatto altro che portare caos e distruzione in giro per il mondo, oltre che a richiedere un obolo finanziario non indifferente al contribuente americano. Questo è stato il vero elemento di rottura rispetto agli ultimi vent’anni di politica statunitense dominati dalla lobby trasversale dei neo conservatori che, sia sotto Bush che con Obama, hanno cercato e trovato lo scontro con qualunque nemico dell’egemonia americana, vero o presunto che fosse.

Come nel caso relativo all’impoverimento della classe media americana, non sono affatto convinto che nemmeno Trump possa svincolarsi del tutto dai tentacoli di questa piovra, anzi ne sono abbastanza scettico. Tuttavia è un dato di fatto che l’americano medio, per non parlare di noi poveri vassalli (e coglioni) europei, è ben stufo di finanziare con migliaia e migliaia di miliardi di dollari guerre al terrore di cui non si vede una fine e che hanno reso il mondo ancora più insicuro rispetto a 15 anni fa. Al fine di comprendere in maniera efficace le ragioni della sconfitta della Clinton, è più significativo di mille parole e mille editoriali il video (lo trovate senza alcun problema su Youtube) in cui si vede la Signora Killary rispondere con una sconcertante, e per chi si ostina ancora a credere in Dio direi proprio diabolica, risata e con la seguente agghiacciante dichiarazione alla giornalista della NBC che le aveva chiesto come si era sentita dopo la morte del legittimo Presidente libico Gheddafi:

We came. We saw. He died.”

Insomma un veni, vidi e vici in salsa, anzi ketchup, americana e via a ridere come matti. Ora capite bene cosa possa aver pensato un minatore della Pennsylvania, a costante rischio di perdere il lavoro per la delocalizzazione degli impianti, dopo aver visto questo video. Infine per quanto riguarda la rottura politica, perlomeno promessa, di Trump rispetto alle politiche dei neocon di entrambi i partiti, ricordo che lo stesso nazista dell’Illinois dal ciuffo ribelle aveva espresso il desiderio di rendere pubbliche le 36 pagine tuttora segretate del rapporto ufficiale governativo sull’9/11, accusando senza mezzi termini la casa reale saudita di complicità nel finanziamento e nell’addestramento degli attentatori. Non v’è perciò da sorprendersi più di tanto del fatto che tutti i principali media occidentali, che però ogni giorno si riempiono la bocca sui rischi della dittatura di Putin, e perfino lo stesso Partito Repubblicano abbiano fatto di tutto per fermare Donald.

Detto ciò, ovviamente in maniera ristretta per ragioni di spazio, passiamo a quelli che sono stati i punti di continuità per quanto riguarda le reazioni degli esponenti politici italiani di fronte all’esito delle elezioni. Partirei dalle seguenti dichiarazioni del Presidente Emerito della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano il quale questa mattina ha espresso le seguenti considerazioni a caldo:

La vittoria di Trump è uno degli eventi più sconvolgenti della storia del suffragio universale.”

E Hitler dove lo metti? Comunque per chi non lo sapesse, Giorgio Napolitano è stato quello stesso uomo politico che nel 1956, quand’era ancora un rilevante esponente del PCI, aveva appoggiato la sanguinosa repressione militare sovietica dei moti di Ungheria nei quali morirono migliaia di giovani mentre centinaia di migliaia di persone decisero di mettersi in salvo in Occidente. In quell’occasione il comunista Napolitano ebbe a dichiarare che la repressione della rivolta: “ha non solo contribuito a impedire che l’Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione, ma alla pace nel mondo.» Ricordiamo che lo stesso Napolitano, mentre tuttora rimane in vigore il divieto assoluto per gli iscritti ai partiti comunisti di richiedere un visto per entrare negli Stati Uniti, negli anni ’70 era stato invitato da eminenti circoli imprenditoriali americani a tenere conferenze sul dialogo tra i blocchi presso le più prestigiose università americane, tra cui Harvard e Yale. Non male davvero per un comunista all’epoca della Guerra Fredda entrare ed uscire dall’America senza nessun problema di visto; mi viene da chiedermi di chissà quali salvacondotti speciali (ho detto forse massonici?) disponesse Napolitano. Un certo Henry Kissinger, già segretario di Stato USA e noto paladino dei diritti umani durante la guerra in Vietnam, ebbe a definirlo “il mio comunista preferito”. Ebbene la storia personale di questo ex comunista due volte Bananiere Principale del Bananeto Italia e quest’ultima democraticissima affermazione in verità sono una perfetta allegoria di vent’anni di storia di una certa sinistra cosiddetta di governo in Italia, ma io direi di tutta l’Europa.

E’ una certa sinistra che un secondo dopo che il Muro di Berlino era caduto nel 1989 si era spogliata immediatamente degli scomodi ed imbarazzanti abiti rossi che l’avevano caratterizzata per molti decenni, per invaghirsi del magnifico universo del libero mercato, del mondo Mc Donald’s e delle mirabili sorti della globalizzazione made in USA che, a loro dire, ci avrebbero resi tutti più ricchi e felici. E una sinistra che in Italia, ma ripeto in tutta Europa, ha approvato con convinzione ed entusiasmo le leggi di precarizzazione del mondo del lavoro, dei licenziamenti facili per i lavoratori in cambio di sussidi limitati nel tempo e del tutto insufficienti a garantire loro un reddito dignitoso, che ha attaccato quel poco che rimaneva dei sindacati, visti come un inutile orpello del passato, che ha limonato duro con i grandi manager della banche del cui dissesto economico loro hanno contribuito in maniera determinante con le loro fondazioni, ma è soprattutto una certa sinistra di governo che non ha mai messo in discussione nemmeno per un attimo l’affiliazione dei loro paesi alla NATO, la quale a partire dalle guerre jugoslave si è espansa ad Est di quella che era la vecchia Cortina di Ferro, tradendo così la promessa di George Bush padre a Gorbacev di non avvicinarsi pericolosamente alla storica zona di influenza della Russia, e che ha contribuito con le cosiddette guerre umanitarie a destabilizzare il Nord Africa, i Balcani e da ultima l’Ucraina. Ed infine questa sinistra cosiddetta riformista e responsabile, da non confondere con i barbuti compagni rossi di ieri, ha spinto con forza per adottare il CETA e il TTIP, ossia tutti quei trattati commerciali transatlantici che danno un potere immenso alle multinazionali e che riducono al lumicino il ruolo degli stati nazionali, visti sempre da questa “sinistra” come un rimasuglio di un passato da superare.

E queste sinistre europee ed americane, che questa notte non dormiranno per lo shock provocato dal trionfo di Trump, si sono sempre fatte convinte sostenitrici sia dell’Unione Europea sia soprattutto dell’Euro che come tutti ben saprete, almeno lo spero, è stato uno strumento micidiale ed efficientissimo nello smantellare il sistema produttivo italiano a tutto vantaggio di quello tedesco. E come dimenticare le strabilianti dichiarazioni di un certo Romano Prodi, il quale nel momento in cui era già Capo della Commissione Europa nel 1999 ebbe a dichiarare che “con l’Euro tutti noi avremmo lavorato un giorno di meno e avremmo guadagnato come se avessimo lavorato un giorno in più.” E ci tengo a precisare per l’ennesima volta che non sto parlando solo della sinistra di governo in Italia bensì di tutti quei partiti socialisti, socialdemocratici, di sinistra riformista, o come diavolo li vogliate chiamare, che hanno governato nei principali paesi europei negli ultimi anni. Per dirne una, facciamo l’esempio del paese in cui mi trovo tuttora a vivere, ovvero la Germania: le leggi che hanno istituzionalizzato per la prima volta i lavori precari da 15 ore alla settimana e pagati 450 Euro al mese non sono stati i reaganiani della CDU bensì i socialdemocratici di Schroeder nel 1999, per non parlare poi della riforma dei sussidi sociali di disoccupazione la cui erogazione sempre in quell’anno fatidico era stata ristretta rispetto a prima e che aveva fatto impennare il livello di povertà anche nella ricca ed opulente Germania. Anche in quel caso fu la sinistra di governo a firmare i provvedimenti e non i reazionari neonazisti servi dei padroni. Le stesse dinamiche si sono verificate negli ultimi tempi in Francia ed in Italia con le rispettive riforme del mercato del lavoro che hanno incentivato i lavori precari e facilitato i licenziamenti. Per non parlare poi del criminale di guerra laburista Tony Blair il quale aumentò le rette degli studenti per le università e non pensò neppure un attimo di scalfire le privatizzazioni degli anni ’80 della Signora Thatcher. I più curiosi dovrebbero poi sapere che il paese europeo in cui si verificò il maggior numero di privatizzazioni di beni pubblici e statali negli anni ’90 fu l’Italia governata da due Presidenti del Consiglio nell’area della sinistra riformista come Massimo D’Alema (ex PCI) e Giuliano Amato (ex PSI oltre che ex braccio destro di Craxi).

Se pensate che io stia facendo confusione con i paesi, le date e i partiti e che perciò i miei ragionamenti sulla vittoria di Trump siano illogici e confusionari, vi sbagliate di grosso. Le stesse dinamiche di privatizzazione dei servizi pubblici essenziali, come per esempio la sanità e l’acqua, e la precarizzazione del mondo del lavoro con conseguente stagnazione dei salari e licenziamenti di massa facili per permettere la delocalizzazione in Messico, Serbia ed altri paesi con zero tutele sindacali, sono state portate avanti dal maritino della Signora Hillary già negli anni ’90 con il benestare, se non l’irrefrenabile entusiasmo dei vari Blair, D’Alema, Schroeder e Hollande delle nostre parti. La verità, che ben pochi giornali e televisioni hanno il coraggio di dirci, è che quello che sta avvenendo con la crescita di questi movimenti detti populisti è una vera e propria rivolta dei sconfitti della globalizzazione, ovverosia quei lavoratori precari, sottopagati e facilmente licenziabili che si sono sentiti sempre più traditi da questa sinistra amante della globalizzazione e del multiculturalismo ma che ormai non sa più cosa significhi il valore del lavoro vero. E’ una sinistra che si fa paladina dei fantomatici diritti individuali, come quelli alla droga libera e del diritto degli omosessuali di sposarsi ed adottare figli, che in verità sono dei meri vizi per piccoli borghesi annoiati e narcisisti, e che al tempo stesso ha deciso con una chiara scelta politica di abbandonare i diritti collettivi fondamentali di chi lavora e produce per abbandonarsi ai lidi della finanza e del libero mercato. Se questi osceni politici, veri e propri collaborazionisti del capitale al cui confronto i repubblichini di Salò sono dei pezzi di pane, se fossero onesti con sé stessi dovrebbero fare autocritica e scusarsi con i loro ex elettori. Ed invece come reagiscono questi esponenti di sinistra di fronte alla crescita di Trump e degli altri “populisti”?

Reagiscono nella maniera più masochistica ed erronea che ci possa essere, ossia offendendo quelle persone oggettivamente arrabbiate e deluse definendole di volta in volta populiste, razziste, fasciste, egoiste, ignoranti, stupide, sessiste, maschiliste, retrograde, clericali, primitive, egoiste, neo – naziste, violente e via dicendo. Facendo ciò, aiutate in questo da una stampa sempre più complice e faziosa, non si rendono conto che non fanno altro che esasperare ancora di più quella gente che cerca in maniera legittima una sponda politica per le loro esigenze ma che purtroppo non ritrovano nei partiti che si definiscono di sinistra. A tal proposito vi suggerisco la mirabile opera “L’immagine sinistra della globalizzazione” di un certo Paolo Borgognone, che spiega nei dettagli tutte queste dinamiche. Durante quest’ultima campagna elettorale americana, non c’è stato un solo giornale mainstream che abbia dato spazio in maniera obiettiva alle proposte economiche di Trump, magari andandole anche a criticare nel merito; è stato tutto un dargli addosso in maniera questo sì fascista se vogliamo dircela tutta, tanto che addirittura il regime democratico negli USA ha convinto un imbarazzante ed ormai decadente De Niro a rilasciare un video nel quale lui stesso dichiarava di voler prendere a pugni Trump, probabilmente dimenticandosi che il film Toro Scatenato lo aveva fatto 40 anni fa.

E dovete credermi quando vi dico che questa strategia comunicativa dei media ufficiali non ha conosciuto confini geografici: sempre facendo l’esempio della Germania, tutti i maggiori organi di informazione “libera”, a prescindere che fossero di orientamento conservatore o progressista, hanno insultato e tentato di delegittimare in tutti i modi Trump mentre hanno fatto un breve cenno alle gravissime vicende delle centinaia di migliaia di mail cancellate dalla Clinton, della conseguente indagine della FBI oppure alla “donazione” di un milione di dollari da parte di un emiro del Qatar alla Fondazione Clinton. E quegli stessi media democratici sono i primi a gridare alla minaccia della democrazia quando si accenna anche solo per un attimo al perfido e sanguinario Putin oppure quando quattro gatti neo nazisti minaccerebbero le istituzioni tedesche. Faccio poi notare che nelle regioni orientali della Germania, quelle che formavano la vecchia DDR, è in atto una rivolta silenziosa di quella maggioranza di cittadini impoveriti dalla riunificazione tedesca e stanchi di essere presi in giro da 27 anni di promesse a vuoto su prosperità e piena occupazione. A dire il vero questa rivolta silenziosa spesso si tramuta in una protesta rumorosa contro gli esponenti dell’establishment politico, come per esempio è successo a Dresda lo scorso 31 ottobre in occasione della festività della riunificazione tedesca. In quell’occasione semplici cittadini hanno urlato a squarciagola alla Merkel e perfino al Presidente della Repubblica Gauck di essere dei “traditori del popolo” mentre i giornalisti locali sono stati tacciati di essere dei “diffusori di menzogne”. Ovviamente i media hanno bollato i manifestanti sol solito stigma di essere neo nazisti e razzisti ed addirittura alcuni eminenti commentatori politici nei loro editoriali si erano stupiti del fatto che la polizia non era intervenuta per far tacere i dissidenti, com’è da tradizione in uno stato democratico che si rispetti. Se siete stati in grado di arrivare fino a questo punto del mio articolo senza aver subito conati di vomito, vi faccio i miei più vivi complimenti.

Tuttavia ciò che, sempre a mio umile modo di vedere le cose, ha contribuito al trionfo di Trump è stato il tema legato all’immigrazione. Il candidato repubblicano non ha mai nascosto le sue critiche verso la politica di accoglienza dei profughi siriani da parte della Cancelliera Merkel, che secondo lui altro non è stato che un furbo espediente per tenere bassi i salari dei lavoratori e rimpolpare con migliaia di siriani sottopagati e docili l’apparato industriale tedesco, e soprattutto non ha mai fatto mistero di voler espellere milioni di clandestini che non hanno nessun diritto legale di rimanere nel territorio degli Stati Uniti. Apriti cielo! Tutta la sinistra, compresa quella cosiddetta radicale che in quasi tutti i paesi europei sta all’opposizione, come un sol uomo ha gridato al fascista, al razzismo che ritorna, al clima di intolleranza e via discorrendo. In tal caso vorrei aprire una piccola parentesi sul ruolo fondamentale che la sinistra radicale ha avuto e sta avendo nel successo elettorale di Trump e degli altri populismi. Tutti i partiti o movimenti che si dichiarano comunisti o di sinistra radicale hanno infatti appoggiato a spada tratta il fenomeno migratorio, senza accorgersi nella loro infinita cultura ed intelligenza che la migrazione di milioni di africani e musulmani dal Medio Oriente, oltre a far entrare culture diverse ed in alcuni casi inconciliabili con la nostra, avrebbe comportato un’ulteriore stagnazione dei salari oltre che un’ulteriore competizione tra poveri a tutto vantaggio dei padroni del vapore.

Non occorre essere dei professori di economia alla Bocconi o dei dottorandi di scienze politiche a Cambridge per capire che in un particolare periodo storico come quello che stiamo vivendo, nel quale l’Occidente sta sperimentando la più devastante crisi economica dal ’29 e nel quale il radicalismo islamico sta oggettivamente crescendo (anche e soprattutto a causa delle nostre scellerate politiche in Medio Oriente) in tutto il mondo, far entrare centinaia di migliaia di giovani maschi disoccupati e spesso di religione islamica non avrebbe fatto altro che esacerbare i conflitti. Ma chi glielo va spiegare a questi colti uomini di sinistra? Opponendosi alla migrazione clandestina, Trump e gli altri populismi hanno fatto politicamente centro e sono riusciti così ad intercettare milioni di voti di lavoratori e disoccupati che per stato sociale e tradizione avevano sempre votato per la sinistra, ma che da diverso tempo ne sono delusi per usare un eufemismo. E come reagisce la sinistra di fronte a questa esodo di voti? Facendo autocritica ed ammettendo che un’immigrazione incontrollata è dannosa? Non mi pare. Leggendo articoli e guardando vari video su Youtube, mi sembra invece che il ritornello sull’eterno nazismo e razzismo di ritorno sia quello più in voga presso le bocche dei politici di sinistra e dei media loro complici. Con il risultato finale di quasi morire dallo shock per la vittoria di un Donald Trump qualunque.

A tal proposito vorrei raccontarvi un aneddoto: qualche settimana fa ho voluto assistere ad una manifestazione della sinistra di Berlino, la cosiddetta Linke, che aveva protestato sotto il Municipio contro la presenza dei consiglieri comunali del movimento “populista” dell’AFD la cui unica colpa evidentemente, oltre a quella logica di essere dei cattivissimi razzisti, era di essere stati eletti durante un’elezione democratica da dei comuni cittadini. Devo dire che mi aspettavo più gente in piazza – saranno state ad occhio e croce nemmeno 100 persone – ma comunque sia ho voluto scambiare quattro chiacchiere con loro per sentire che idea si erano fatti sulla crescita dei cosiddetti populismi di destra. Ebbene il leit motiv di tutti i militanti era che si stavano ripresentando le medesime dinamiche degli anni ’30, ossia un ceto medio sempre più impoverito che veniva strumentalizzato dai perfidi padroni nelle logiche razziste ed anti – operaie. A parte che come aveva spiegato lo stesso Karl Marx, la storia al massimo si ripete la prima volta come tragedia e la seconda come farsa, e che quindi le stesse dinamiche storiche non potranno mai ripresentarsi esattamente uguali, ho provato a chiedere loro se aveva in effetti un senso sprecare energie preziose per attaccare in definitiva privati cittadini e politici pubblici che esprimevano idee diverse dalla loro invece che dialogare con loro sulle cause di questo distacco dai tradizionali partiti della sinistra. Dopo avermi guardato in maniera un po’ sospetta, essi mi hanno risposto in maniera educata ma decisa che con quella gente non c’era possibilità di dialogo poiché sono razzisti e fascisti (che barba e che noia direbbe Sandra Mondaini!). Addirittura dopo nemmeno cinque minuti che stavo discutendo con lei, la capa locale della sinistra che aveva organizzato la manifestazione rigorosamente anti – fascista si era voluta allontanare da me poiché aveva altro da fare, così mi aveva detto, e poiché (sempre sue testuali parole) avevamo posizioni inconciliabili. Mentre stava fuggendo, le ho chiesto quasi urlando se secondo lei l’Italia doveva accogliere tutti i migranti che dall’Africa giungono da noi. La sua risposta è stata ovviamente: JA. Motivazione? L’Italia è stata una potenza coloniale (sic).

Cosa voglio dire con questa mia breve esperienza con la sinistra berlinese? Voglio affermare che la sinistra radicale, come nel mito della caverna di Platone, distrae noi poveri elettori incatenati all’altrettanto mito della democrazia parlamentare con l’inesistente contrapposizione tra fascisti e nazisti di ritorno ed anti – fascisti e democratici. Questa falsa contrapposizione, oltre a non avere nessun senso nel 2016, fa perfettamente il gioco delle élite finanziarie e globaliste che possono portare avanti le loro politiche mentre la plebe si scaglia, e addirittura qualche volta anche si uccide, per ideologie e movimenti politici che sono morti e sepolti da decenni. Sarebbe come se qualcuno scendesse in piazza per rivendicare il pericolo del Bonapartismo di ritorno oppure se ci si strappasse le vesti per combattere in nome dell’anti – giacobinismo, oppure infine se si strumentalizzasse una contrapposizione non più esistente come quella tra i guelfi e i ghibellini per criminalizzare l’avversario politico. Tutto ciò non deve trovare più nessuno spazio! Una sinistra che vuole cambiare veramente le cose e che vuole evitare che al governo vadano i Trump e i Salvini di turno, dovrebbe capire che oramai la vera lotta è tra i sovranisti, i quali pensano che uno Stato veramente sovrano e con piena capacità di battere moneta propria debba garantire alcuni diritti collettivi fondamentali, ed i globalisti che invece vogliono privatizzare ed economizzare qualunque tipo di risorsa pubblica rimasta (ben poco) e fondere gli stati in entità sovranazionali non democratiche e dominate dai mercati finanziari. Purtroppo la sinistra di governo ha abbracciato il globalismo e con la scusa del politicamente corretto e del terrorismo psicologico dell’eterno ritorno del fascismo criminalizza ed emargina i lavoratori ed i ceti produttivi, sempre più in crisi economica a causa della globalizzazione e del neo – liberismo, i quali o non vanno più a votare oppure si affidano alle sirene dei populismi di destra. Inoltre chi vota per i partiti governativi di sinistra sono i ceti improduttivi e spesso parassitari: gli impiegati statali, i pensionati che magari hanno potuto uscire dal mondo del lavoro quando avevano 50 – 55 anni, gli studenti universitari che possono fare il mitico Erasmus con l’American Express del papà avvocato, i liceali che passano il tempo su Facebbok e a rivendicare il diritto a fumare canoni, i vip milionari e tossicodipendenti dello star system, i grandi manager delle banche e delle compartecipate pubbliche, i professoroni baroni che nelle università non mettono in discussione i dogmi che ci hanno condotto alla catastrofe, i lavoratori delle cooperative rosse e di quelle cattoliche che amano i clandestini perché altrimenti senza l’emergenza dell’immigrazione starebbero ancora in giro a cercarsi un lavoro, i laureati benestanti che possono permettesi di svolgere tirocini gratuiti all’ONU sui diritti umani perché tanto c’è la famiglia che sborsa e via via discorrendo. Tuttavia chi veramente produce e paga fino all’ultimo centesimo di tasse, ossia i lavoratori delle aziende private ed i piccoli produttori/imprenditori, questa pseudo sinistra in putrefazione ed amante solo del glamour l’ha abbandonata ben prima del trionfo di Donald. Così è se vi pare. E si badi bene che questo è un trend presente anche nella ricca Germania dove soprattutto nelle regioni più povere dell’Est dopo quasi 30 anni di promesse a vuoto e lavoretti da 400 Euro al mese la gente si sta ribellando a modo proprio. Ciò che fa infuriare ed impazzire l’eroica sinistra dei centri sociali, sempre pronta a fare la rivoluzione contro gli imperialismi e gli spietati padroni, è che alla testa dei cortei di ribellione non ci sono loro bensì gente incravattata e capitalista, insomma persone miti e normali. Sarà triste ammetterlo – non lo nego – ma perlomeno io la vedo così.

Ad ogni modo la vittoria di Trump non cambia lo stato fondamentale delle cose: l’Impero Americano che con le sue vittorie nei due conflitti mondiali e nella Guerra Fredda ha dominato il XX secolo, è in crisi irreversibile. Non è bastata la probabile false flag dell’11 settembre e la conseguente Guerra al Terrore per ribaltare questo stato di cose: l’Afghanistan, la cui occupazione repetita iuvant non è stata portata a compimento nemmeno dall’Impero Britannico e da quello Sovietico, sta ritornando lentamente ma inesorabile sotto l’egida dei talebani; in Iraq gli sciiti alleati dell’Iran stanno riprendendo in mano le redini del paese combattendo con successo gli islamisti sunniti dell’Isis mentre i curdi (nemici storici dell’alleato NATO turco) con tutta probabilità riusciranno finalmente ad avere la loro agognata indipendenza; in Siria il nemico dell’Occidente Assad con l’appoggio russo, iraniano e della milizia libanese e sciita (oltre che anti – israeliana) di Hezbollah ha resistito all’embargo e a 5 anni di destabilizzazioni occidentali; il governo libico legittimo (se così si può definire) di Tobruk si sta avvicinando alla Russia; perfino lo storico protettorato angloamericano dell’Egitto ha deciso di effettuare delle esercitazioni congiunte con la Russia e la Siria ed ha letteralmente mandato a quel paese l’Arabia Saudita (alleato USA nella regione) per questioni legate alla vendita di alcune isolette strategiche nel Mar Rosso. Questa è la situazione nel Nord Africa e nel Medio Oriente dove, nonostante 15 anni di guerre americane, i vari paesi stanno cercando nuove sponde politiche soprattutto nell’Iran e nella Russia. Per quanto riguarda l’Estremo Oriente nelle scorse settimane tra l’ovvio silenzio mediatico generale si è verificato un evento epocale per gli appassionati di geopolitica: le Filippine, storico alleato USA nonché in passato possedimento diretto americano, nelle parole del suo pirotecnico Presidente Duderte hanno deciso di avviare delle collaborazioni di tipo militare ed economico con la Cina, e se possibile anche con la Russia, facendo capire chiaramente che gli yankees non sono più i benvenuti. Addirittura lo stesso Presidente Duderte è arrivato a definire Obama “un figlio di puttana”, cosa inconcepibile perfino nel più ardito romanzo di fantapolitica fino a qualche anno fa.

Ma il vero convitato di pietra che per ora è rimasto bello zitto, è la Cina. Il vero terrore geopolitico per gli USA è il progetto cinese di ricreare la cosiddetta Via della Seta che dovrebbe condurre merci dall’Estremo Oriente fino in Europa passando per la Turchia, bypassando così gli oceani che sono tuttora saldamente in mano americana. Un altro incubo che non farà dormire neppure Trump è la volontà politica da parte di Russia e Cina di staccarsi completamente dal dollaro, abbandonandolo come moneta di riserva mondiale nelle loro transazioni e dando così il colpo di grazia definitivo al mercato finanziario occidentale, ergo mondiale, che ha le sue basi a New York e Londra. Senza dimenticare che la stessa Cina e Russia nel 2014 avevano creato assieme al Venezuela, il Sudafrica e il Brasile la cosiddetta Banca di Investimento dei Paesi Emergenti, detti BRICS, il cui scopo nemmeno così velato è quello di creare un’alternativa al predominio della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, entrambi sotto saldo contro occidentale. Su questo rischio letale, che segnerebbe il vero declino di questo fantomatico Occidente, i meglio informati davano la Clinton pronta a scatenare una guerra di procura in Europa contro la Russia per impedire al nostro ingombrante vicino di realizzare questo progetto. Tradotto in soldoni: le truppe europee, tra cui i soldati italiani che Renzi ha dichiarato di voler inviare in Lettonia nel 2018, avrebbero dovuto fare il lavoro sporco e massacrarsi a vicenda con i russi per il godimento del terzo attore americano.

Probabile che l’establishment che conta veramente in America abbia deciso qualche giorno prima delle elezioni di permettere al FBI di riaprire il caso delle mail cancellate dalla Clinton per evitare una guerra diretta dalle conseguenze imprevedibili, facendo perciò gestire il declino in maniera controllata e non violenta a Trump. Non so voi ma io ho sempre più la vaga sensazione che comunque siano andate queste elezioni americane, il ruolo di Trump sarà quello di gestire nella maniera più ordinata possibile il declino dell’Occidente capitalista (il termine libero lo lascio a qualcun’altro), un po’ come fece Gorbacev a fine anni ’80 con l’Urss. Il problema è capire se e fino a che punto la lobby dei neocon, la quale è ancora saldamente al comando tra le forze armate americane e ai vertici NATO, sarà disposta ad accettare il declino in maniera ordinata. Io da pessimista direi di no: da italiano mi aspetto una nuova strategia della tensione a livello europeo caratterizzata da un’esplosione incontrollata di bombe islamiche che avranno il compito di convincere gli europei, sempre più terrorizzati ed impoveriti, che l’unico modo per combattere il terrorismo islamico sia quello di rimanere sotto l’ombrello NATO oppure di mettere in pratica il vecchio progetto dell’Esercito Unico Europeo. L’idea che in ogni caso passerebbe è che nessuno stato sovrano nella sua piccolezza può fronteggiare da solo una minaccia esterna e che perciò dovrà cedere quel poco di sovranità rimasta alla UE per garantirsi la sua sicurezza. Per quanto riguarda invece il Medio Oriente, il compito di destabilizzare i nuovi equilibri filo – iraniani e filo – russi venutisi a creare potrebbe spettare ad Israele e la Turchia, che in fatto di guerre hanno una esperienza decennale sul campo. In questo modo si potrebbe raggiungere il duplice scopo di lasciare il lavoro sporco agli alleati in loco, impedendo a Trump di sporcarsi le mani, e di permettere magari ad Israele di annettersi ampie fette di territorio siriano abbandonato dai profughi e di coronare così il sogno biblico della creazione dell’Eretz Israel.

Questa è solo un’ipotesi ma ovviamente nessuno ha la sfera di cristallo ed io non conosco purtroppo nessuno che lavori per i servizi. Per quanto riguarda la Germania, a mio parere la sua posizione si fa ancora più precaria: sono essenzialmente tre le minacce gravi che vedo all’orizzonte per questo paese. La prima è legata alla Brexit che a questo punto, anche grazie alla vittoria di Trump che ha sempre caldeggiato l’uscita della Gran Bretagna dalla UE, sarà sempre più rapida. Tuttavia bisognerà vedere in termini di negoziati UE (leggi ministro delle finanze tedesco Schauble) e UK quali accordi si troveranno in fatto di libera circolazione di migranti, che il nuovo governo britannico osteggia, e dei capitali e merci; anche se il governo tedesco pretenderà un’uscita dura della Gran Bretagna dalla UE, non potrà tirare troppo la corda dal momento che l’UK è uno dei maggiori paesi verso cui la Germania esporta i suoi beni ergo un blocco commerciale tra i due paesi avrebbe ripercussioni ben più gravi per la Germania rispetto alla Gran Bretagna, dal momento che quest’ultima importa di più dalla UE rispetto a quanto esporti (importatore netto).

Il secondo fattore di crisi per la Germania è legato in maniera ovvia alla stessa elezione di Trump: negli ultimi anni la Merkel era il partner privilegiato per Obama e per la sua politica estera in Europa ma con l’inaspettata elezione dell’eccentrico miliardario l’intero castello faticosamente costruito nel corso degli ultimi anni crollerà inesorabile. Sono infatti troppe le differenze politiche ed anche di semplice costume tra i due leader: basti solo pensare alle divergenze in fatto di politiche migratorie oppure per ciò che riguarda le sanzioni con la Russia successive alla crisi in Ucraina, le quali con l’elezione di Trump potrebbero anche decadere anche se ciò richiederebbe del tempo. Certo non è nemmeno detto che la Merkel riesca a ricandidarsi per la quarta volta alla Cancelleria, visto anche il cattivo vento che soffia anche contro di lei in Germania; se poi, Dio non voglia, dovesse scoppiare anche in Germania una bomba islamica come a Parigi e Bruxelles, la strada per la sua quarta elezione sarebbe irrimediabilmente compromessa. Terzo ed ultimo fattore di crisi per il governo Merkel è la crisi di liquidità che colpirà nei prossimi mesi le due maggiori banche tedesche, le quali saranno a rischio di fallimento, ossia la Deutsche Bank e la Commerzbank. In quel caso si aprirebbe il fronte meridionale con l’Italia di Renzie (se il giovanotto sarà ancora in sella dopo il 4 dicembre): se infatti il governo tedesco decidesse di salvare le due banche con i soldi pubblici dei contribuenti (in termine tecnico dicasi bail – out), il nostro di Firenze prenderebbe subito la palla al balzo e griderebbe alla doppiezza tedesca, chiedendo di poter usare anche lui soldi pubblici, magari sforando il deficit, per salvare le banche italiane. Se invece il governo tedesco decidesse che a salvare le due banche siano gli azionisti ed i correntisti (cosiddetto bail – in), di sicuro ciò non gioverebbe comunque alla popolarità della Merkel in termini di sondaggi. Tenete conto che nell’autunno del 2017 in Germania si vota…

Insomma è un bel minestrone, non c’è che dire. Mi ero dimenticato di accennare alla bolla finanziaria che scoppierà in America e che sarà ben peggiore rispetto a quella dei mutui subprime del 2008. In tal caso tutte le mie supposizioni verrebbero a cadere di fronte a questo evento che metterà a soqquadro tutte le carte in tavola, accelerando in ogni caso l’inevitabile declino dell’Occidente dopo più di 500 anni di suo predominio sul mondo.

Concludo questo mio “editoriale”, che in verità altro non è che un mero sfogo personale, comunicandovi che anche qui a Berlino dopo settimane ininterrotte di pioggia, vento e nuvole splende nuovamente il sole.

3 Risposte a “Tramonto occidentale”

  1. Non voglio fare il bastian contrario pero’ ci provo.
    Trump e’ un ottimo piazzista, ha venduto bene il suo prodotto,
    adesso deve avere l’imprimatur, legga bene la parola imprimatur,
    questo segno lo vedra’ quando trump andra’ al yed vashem, e’
    come le forche caudine, ci passano tutti e tutti lo accettano come
    un rito d’inizziazione per accedere ai gradi superiori della conoscenza.
    Non cambia niente, questa volta non prendono per il fondelli come ha
    fatto obama ipnotizzando il mondo con il suo discorso strappalacrime.
    Le cose cambiano solo se l’america crolla ed e’ occupata in una guerra
    in casa, fino ad allora noi rimaniamo sotto il loro giogo e quello
    dei suoi gauleiter nostrani, i nostri collaborazionisti sanno che se
    l’america si dissolve, loro penzoleranno a piazzale loreto con tutta
    la loro progenia, ci hanno venduto allo straniero e ci hanno tolto
    anche la dignita’ e la fierezza di popolo.
    Speriamo che un meteorite colpisca l’america e soprattutto
    nova iorc.
    Ogni riferimento a citta’ e persone non e’ a caso.

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