Se la sinistra piange, la Merkel non… 3/4

ubermachtLe vere cause dell’accoglienza dei profughi

E’ necessario premettere innanzitutto che è ancora presente in Germania un profondo sentimento di dolorosa consapevolezza e conseguente condanna dell’oscuro passato nazista ed i crimini dell’Olocausto. Accendendo la tv la sera e facendo un veloce zapping, è quasi impossibile non imbattersi in documentari sulla dittatura nazista o sullo sterminio degli ebrei. Questo profondo senso di colpa per i paurosi crimini del regime, al contrario di quanto avviene invece in Italia dove non c’è mai stata una Norimberga e dove ancora oggi ci si può definire “fascisti del Terzo Millennio” senza incontrare serie conseguenze penali, è ancora ben presente tra la popolazione tedesca. Su questo punto da italiano mi sento di rispettare il senso di civiltà se pensiamo anche come vi siano tuttora altri paesi come la Turchia nei quali genocidi passati (quello armeno per esempio) non sono mai stati riconosciuti. Tuttavia ad una doverosa condanna dei crimini del passato, spesso si verificano dei cortocircuiti che come nel caso dell’emergenza profughi influenzano pesantemente il dibattito. Per fare un esempio, il terrore che ritorni un’ondata di antisemitismo in Germania fa sì che qualunque critica all’operato dello Stato di Israele venga sottaciuta od etichetta in maniera superficiale come espressione di un latente antisemitismo di ritorno. Avevo già scritto in un precedente post come nell’estate 2014 mi fossi recato in una manifestazione di solidarietà ai bombardamenti israeliani nella Striscia di Gaza, nei quali erano morti centinaia di bambini che tuttavia non avevano trovato la medesima solidarietà social post Bataclan, e come avessi notato di essere l’unico bianco occidentale in un corteo formato esclusivamente da palestinesi ed arabi. Evidentemente per il tedesco della strada nel momento in cui si critica Israele, ciò significa automaticamente correre il rischio di subire l’infame abbinamento con l’antisemitismo. Oppure durante il corteo del Primo Maggio, avevo ricevuto da un militante di estrema sinistra un manifesto nel quale era tutto un riecheggiare la lotta di classe, la condanna dell’imperialismo made in USA, il neocolonialismo, senonché era anche presente un trafiletto nel quale questo oscuro movimento trozkista – marxista – internazionalista rivendicava con orgoglio la mancata partecipazione ad una manifestazione anti-capitalista nella quale era presente un altro gruppuscolo di sinistra che aveva osato criticare la politica di occupazione e colonizzazione israeliana in Palestina. La mancata partecipazione al corteo dov’era presente anche suddetto movimento venne giustificata con la solita scusa che tale critica ad Israele nascondesse in verità il solito antisemitismo di ritorno. E stiamo parlando di un movimento che si autodefinisce di estrema sinistra…questo per farvi capire in che situazione paradossale ci troviamo.

Pertanto questa eterna caccia al nazista e al razzista, che al contrario di quanto dicono i media in Germania sono una sparuta minoranza, viene spesso strumentalizzata per criminalizzare il dissenso con l’arma del politicamente corretto e per influenzare in maniera scorretta il dibattito pubblico su temi importanti. Durante l’inizio della crisi dei profughi nell’estate del 2015, questo meccanismo ha funzionato a meraviglia: le pochi voci dissonanti che criticavano la tenuta del sistema Germania di fronte ad un afflusso così ingente di stranieri d’ogni tipo erano state frettolosamente etichettate come l’espressione di persone frustrate che per un motivo o per l’altro dimostravano il loro mai sopito razzismo di ritorno, mentre i bravi cittadini tedeschi che così numerosi affollavano le stazioni di Monaco, Norimberga ed Augsburg per accogliere i profughi tra gli applausi generali, rappresentavano il lato migliore della Germania civile e solidale. Questo è stato il canovaccio generale. Dal punto di vista del sottoscritto, l’entusiasmo esteriore di migliaia di normali cittadini che gremivano le stazioni con i cartelloni “Flüchtlinge Willkommen!” in verità nascondeva un profondo disagio per come dopo 70 anni dalla fine della guerra i tedeschi venivano ancora dipinti da molti cittadini nel sud dell’Europa impoveriti dalla crisi. Cartelloni in cui la Merkel veniva ritratta in divisa da Führer e relativi baffetti di accompagnamento avevano in qualche modo turbato l’animo di molti tedeschi, i quali si erano in precedenza convinti che un simile stereotipo fosse stato lasciato definitivamente alle spalle. Anche per dimostrare al resto d’Europa che invece la Germania era a tutti gli effetti un paese democratico e anti-razzista, molti cittadini erano scesi in piazza ad accogliere i profughi; mi potrei anche sbagliare in questa mia analisi, inficiata anch’essa indirettamente da un malcelato pregiudizio anti-germanico, ma perlomeno dovete credermi quando vi dico che in quasi 3 anni da quando mi trovo qua non ho mai visto in prima persona né tanto meno subito io stesso un simile trattamento di favore ed un’accoglienza così entusiastica da parte dei locali. Di sicuro non è corretto mettere sullo stesso piano la situazione di emigranti economici europei e quella di profughi disperati appena arrivati; fatto sta che un simile entusiasmo, regolarmente ed orgogliosamente riportato dai media tedeschi, mi era parso più un modo di facciata per dimostrare la propria superiorità morale e di cacciare definitivamente i fantasmi del passato piuttosto che un convinto e soprattutto spontaneo sentimento di accoglienza.

Fatto sta che, sincero o meno che fosse, questo entusiasmo di una parte all’epoca preponderante della popolazione, in combinato disposto con l’efficace paragone operato dai media tedeschi tra critica della politica di accoglienza e nazismo di ritorno, aveva dato la possibilità alla Cancelliera Merkel di aprire indiscriminatamente le porte dei confini ai migranti senza incontrare alcun tipo di opposizione parlamentare degna di nota e al tempo stesso di ergersi di fronte a quella parte d’Europa, fino a quel momento rancorosa nei confronti dell’egemonia economica tedesca, come la paladina dei diritti umani. Ebbene sembrava proprio che i tedeschi con il loro proverbiale pragmatismo fossero riusciti a prendere i due classici piccioni con una fava: da una parte avevano messo a tacere le critiche di chi fino a quel momento li indicava come cinici e senza cuore per le sofferenze degli altri popoli europei, e dall’altra tale politica di avanspettacolo aveva contribuito in maniera determinante ad accrescere il sostegno dell’opinione pubblica interna alla scelta “coraggiosa” della Signora Merkel, la quale si era vista rafforzare così la sua posizione politica in un momento in cui gli altri leader europei non navigavano in buone acque in fatto di consensi. Certo, come già riportato in precedenza, i leader ed i popoli dell’Europa centro-orientale si erano ribellati da subito a questa politica, a loro modo di vedere pericolosa e destabilizzante, ma per fortuna che in casi come questi ci sono sempre gli organi di informazione progressisti come lo Spiegel a ricordarci di quanti populisti, fascisti, razzisti e via discorrendo sia tuttora popolata l’Europa. Insomma tutto va ben madama la Cancelliera, sarebbe stato lo slogan perfetto per definire quell’operazione politico-mediatica.

Tuttavia, seguendo appunto l’adagio del vecchio Giulio secondo il quale: “A pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca”, ho voluto fare una ricerca sul web per approfondire un tema che ciclicamente ritorna alla ribalta mediatica in Germania ma anche in Italia, ossia quello dell’invecchiamento progressivo della popolazione. Ebbene mi sono imbattuto nel seguente documento PDF:

https://www.destatis.de/DE/PresseService/Presse/Pressekonferenzen/2006/Bevoelkerungsentwicklung/bevoelkerungsprojektion2050.pdf?__blob=publicationFile

Questo è un documento che risale ancora al 2006 e che è stato emanato dallo Statistiches Bundesamt, il quale è un ufficio federale che si occupa di raccogliere e pubblicare dati statistici su diversi campi; può essere definito insomma come una specie di Istat tedesco. Questo interessante documento di sole 72 pagine è ovviamente scritto in tedesco e pertanto vi debbo riportare le conclusioni generali. In pratica si mette in risalto il trend demografico attivo che secondo l’istituto avrebbe raggiunto il suo picco positivo nel 2004; da quel momento in poi purtroppo per la Germania i decessi hanno superato stabilmente le nascite. Qualora tale tendenza negativa venisse confermata fino al 2050, la percentuale di popolazione over 65 raggiungerebbe per quell’anno l’incredibile cifra del 36% in comparazione al resto delle popolazione. Ciò significa che se tale trend negativo nel rapporto decessi/nascite dovesse continuare fino al 2050, la popolazione tedesca invecchierebbe drammaticamente dal momento che un terzo circa della popolazione resterebbe fuori dal mercato del lavoro poiché pensionata. Anche su questo punto il rapporto specifica che, continuando di questo passo, non sarà possibile garantire le stesse performance in fatto di erogazione delle prestazioni previdenziali. Detto brutalmente: se la rotta non viene invertita, sarà necessario tagliare le pensioni altrimenti il sistema previdenziale tedesco collasserà. Interessante poi la parte in cui viene specificato che per garantire la tenuta del sistema pensionistico, sarebbe necessario un saldo migratorio positivo di almeno 600mila unità l’anno. Guarda caso il numero di profughi entrato in Germania solamente nell’estate del 2015 si era attestato intorno ad 1 milione di unità, senza considerare inoltre i futuri ricongiungimenti familiari che per legge sono obbligatori.

Una persona critica potrebbe legittimamente far notare che, come anche da me specificato, questo report risale a 10 anni fa e che i dati non sono dunque aggiornati. A tal proposito vorrei tuttavia citare un articolo del quotidiano conservatore die Zeit del 25 marzo 2014, ossia più di un anno prima che scoppiasse la cosiddetta emergenza profughi, il quale scriveva chiaro e tondo che la soglia considerata limite secondo la quale il sistema pensionistico si può reggere se ci sono almeno 2 giovani lavoratori per pensionato, sarà già superata nel 2030. Per chi comprende il tedesco ed è curioso di approfondire, ecco l’articolo in questione:

http://www.zeit.de/wirtschaft/2014-03/erwerbsalter-rentner-verhaeltnis

Faccio rispettosamente notare che il titolo dell’articolo in questione è “La repubblica dei pensionati”. Un altro grafico che chiaramente delinea la tendenza all’invecchiamento progressivo della popolazione tedesca può essere trovato qui di sotto:

https://de.statista.com/statistik/daten/studie/14177/umfrage/deutschland-anteil-rentner-an-erwerbsbevoelkerung/

Statista.de è un sito specializzato nel raccogliere dati statistici sulla Germania ed altri paesi ed è una vera e propria miniera di informazioni. Nel grafico in questione, comprensibile anche a chi il tedesco non lo mastica, fa notare che entro il 2050 la quota di persone over 65 che risulterà inattiva nel mondo del lavoro ammonterà a circa il 74% (73,80% per essere esatti). Infine, e qui veramente mi fermo, vorrei citare un grafico aggiornato al 2015 di un altro istituto tedesco che mostra come entro il 2050 il 34%, ossia un terzo della popolazione totale, avrà più di 65 anni. Ecco di sotto il link da cui poter visualizzare il grafico:

http://www.zukunftsentwicklungen.de/gesellschaft.html

Questi dati pubblici confermano che l’invecchiamento della popolazione tedesca per i prossimi 30/40 anni sarà probabilmente il problema più serio per la tenuta del sistema previdenziale il cui collasso avrebbe delle ricadute evidenti sull’intero sistema economico del paese. Al fine di evitare l’implosione, è chiaro che siano necessari ogni anno centinaia di migliaia di nuovi lavoratori che possano con le loro prestazioni contribuire alla tenuta del sistema previdenziale. C’è qualcuno che riesce a fare 2 + 2? Un apporto così ingente di profughi, i quali secondo l’ottica governativa dovranno entrare il prima possibile nel mondo del lavoro, avrà il duplice vantaggio di garantire nel lungo periodo un apporto costante di manodopera a basso costo con l’ulteriore vantaggio che il governo tedesco non ha dovuto sborsare soldi del contribuente per andare a prendersi questi futuri lavoratori nei loro paesi d’origine. Essi sono infatti giunti in Germania di loro sponte, attirati appunto dal “Wir schaffen das” della Merkel che ha aperto loro le porte. Ho voluto inoltre dare risalto ai bassi costi poiché è chiaro che i profughi siriani che entreranno per la prima volta nel mondo del lavoro, percepiranno un salario minimo d’ingresso che in Germania esiste dal 1 gennaio 2015 e che ammonta a 8,50 Euro (lordi) all’ora. Suvvia non occorre essere degli economisti della Bocconi per capire che dei giovani siriani di 20 anni che il giorno prima avevano visto il vicino sgozzato e la casa distrutta dalle bombe, accetteranno senza fiatare, anzi ringraziando la generosità tedesca, il salario minimo. Che poi i disoccupati tedeschi od europei presenti in Germania lo accetteranno, questo è un altro paio di maniche….

Quelli che non si sono ancora addormentati e che si accaniscono nell’esercitare il loro senso critico, potrebbero chiedersi come mai con tutti i disoccupati che ancora ci sono in Germania, soprattutto all’Est e che magari poi votano l’AFD, non vengano costretti a lavorare, anche con salari minimi, per contribuire a tenere in piedi un sistema a rischio crollo. Ebbene signori la spiegazione è semplice e al tempo stesso disarmante: qualora domani il governo federale tedesco costringesse milioni di disoccupati ariani ad accettare qualunque lavoro, anche umile e malpagato, si scatenerebbe una rivolta sociale che porterebbe un’ondata di voti agli estremisti di destra (AFD o perfino i neonazisti della NPD) e a quelli di sinistra (LINKE). Il ragionamento di queste persone, abituate fino al giorno prima, a ricevere un sussidio di disoccupazione dallo Stato potrebbe essere il seguente: “Perché lo Stato paga la casa, l’asilo, il corso di tedesco, il corso di formazione ai profughi siriani che non fanno nulla mentre noi tedeschi invece dobbiamo lavorare con salari da fame anche per loro?”. Ovviamente questa sarebbe una posizione superficiale e di comodo ma ciò che conta per la tenuta della pace sociale ad Est, già messa a dura prova dai recenti successi elettorali dell’AFD, è evitare che una simile bomba sociale possa esplodere. Detto senza perifrasi: ad una testa (anche se di cazzo) corrisponde pur sempre un voto…Il problema è che simili logiche elettorali presenti anche nel nostro Sud Italia vengono definite dai bravi scolari del Nord Europa come clientelismo o peggio ancora affarismo, mentre qui in Germania sono l’espressione del più genuino “welfare state di carattere renano”. Lascio ai lettori l’ardua sentenza.

Ad ogni modo tornando a noi, possiamo riprendere il discorso ribadendo la necessità appunto da parte della Germania di importare manodopera a costo zero e con prospettive salariali basse per poter salvare il paese da un calo demografico già in itinere e che avrebbe conseguenze deleterie sui conti pubblici, sull’importo netto delle pensioni e più in generale sulla tenuta dell’intero sistema economico tedesco, da sempre considerato il più avanzato d’Europa. Questa spiegazione cambia un po’ lo stato delle cose, non trovate? Un conto è dire, come continua a fare la Merkel, che questi profughi sono stati accolti per nobili ragioni umanitarie ed un altro è constatare, scavando in verità non di molto sulla superficie, come invece la Germania li abbia accolti poiché sta combattendo una guerra demografica sotterranea e disperata e dagli esiti ancora incerti. Ebbene a chi giustamente in maniera scettica e legittima si starà ancora chiedendo come possa io italopiteco trapiantato in Germania dimostrare questa mia teoria, vorrei riportare qui di seguito alcune dichiarazioni pubbliche di politici e uomini di rango nel settore industriale che sono state riprese negli ultimi mesi dai maggiori organi di stampa tedeschi:

Alle parole provenienti dal mondo dell’economia, secondo cui servirebbero MOLTI (maiuscolo mio nda) profughi per il mondo del lavoro, non sono seguiti veri atti concreti. Le aziende DEVONO (sempre maiuscolo mio of course) partecipare anche se ciò dovesse richiedere degli sforzi.”

Julia Klöckner, Capogruppo CDU in Parlamento (Articolo tratto dallo Spiegel, 15.08.16)

Ci dobbiamo impegnare intensamente sul tema dell’immigrazione. L’immigrazione ha fatto bene alla Ruhr per quanto riguarda il suo processo di industrializzazione. L’immigrazione ha fatto bene a Duisburg….Anche noi siamo profughi (riferimento del personaggio in questione alle origini della sua famiglia risalente agli avi italiani che giunsero in Germania nel 1610 per sfuggire alle guerre di religione nda), noi stessi abbiamo un retroterra migratorio. Ciò significa – per concludere – che l’immigrazione fa bene alla Germania (e un sticazzi con ce lo metti?)…E anche i profughi che noi dobbiamo accogliere secondo le regole del nostro Welfare State, è per me anche una questione di amore cristiano per il prossimo (sic) occuparci di loro. DOBBIAMO AVVIARLI IL PRIMA POSSIBILE NEL MONDO DEL LAVORO (maiuscolo ovviamente mio). Dobbiamo formarli. Dobbiamo farli migliorare dal punto di vista linguistico. Su questo punto specifico appoggio in pieno Gabriel (Ministro dell’Economia nonché attuale presidente SPD da non confondere con il cantante Peter nda).”

Ulrich Grillo, Presidente della Confindustria tedesca (Intervista con la radio nazionale Deutschlandfunk, 11.01.151)

Un anno fa molti imprenditori dissero che avrebbero accolto l’arrivo del profughi come una grande chance per la nostra società. Mi aspetto ora che a queste parole seguano i fatti. Le grandi imprese dovrebbero prendere spunto dalle piccole e medie imprese e a quelle del mondo dell’artigianato, che invece si sono applicate in modo particolare.”

Thomas Opperman, Capogruppo SPD in Parlamento (Intervista tratta dal Frankfurter Allgemeine – Sezione Economia, 17.08.16)

Le aziende e i manager potrebbero fare tanto. Così come la società civile distribuisce pane, dona vestiti ed aiuta, così anche l’economia deve abilitare e collocare le persone. I profughi cambierebbero in maniera permanente la Germania ed in modo positivo: date solo un’occhiata ai figli e ai nipoti dei precedenti Gastarbeiter: loro sono un enorme arricchimento per la Germania.”

Wolfgang Schäuble, Ministro delle Finanze (Intervista con il quotidiano economico Capital, 15.12.15)

Non sono soddisfatto perché non possiamo affermare di aver raggiunto grandi successi. Tuttavia nel frattempo abbiamo posto le condizioni base per un successo, il cui metodo è sicuramente buono. Abbiamo nel contempo lasciato correre in parallelo corsi di integrazione e di miglioramento linguistico (d’altra parte bisognerà pur spendere l’immenso ed illegale surplus commerciale, no? nda) e l’integrazione nel mercato del lavoro. Abbiamo così posto le basi per una buona integrazione. (…) Dagli otto paesi non europei più rilevanti per quanto riguarda il numero di richiedenti asilo lavorano ad aprile 2016 circa 96.000 persone nei lavori coperti dall’assicurazione sanitaria. Ciò tradotto significa 22.000 persone in più rispetto all’anno precedente, ossia un aumento del 29%. Se poi calcoliamo anche altre attività retribuite come per esempio i mini jobs (come già visto negli articoli precedenti sono quelle attività “lavorative” pagate 450 Euro al mese e senza l’obbligo previdenziale da parte del datore di lavoro nda) allora l’aumento raggiunge le 30.000 unità. ”

Jürgen Weise, presidente del BAMF (tradotto in italiano sarebbe “L’Istituto Federale per l’Immigrazione”) (Intervista tratta dal magazine RP Online, 11.07.16)

La politica dell’AFD (fortemente contraria all’accoglienza dei profughi nda) ci costerebbe milioni di posti di lavoro.”

Sigmar Gabriel, Vicecancelliere nonché Ministro dell’Economia e dell’Energia nonché Presidente della SPD (Intervista con il quotidiano Tagesspiegel, 10.09.16)

Penso proprio che possa bastare. Tutte queste esternazioni in cui viene manifestata in maniera chiara la volontà della politica e del mondo dell’economia e dell’industria di integrare i profughi nel mondo del lavoro, non provengono da oscure e potentissime eminenze grigie che si riuniscono in castelli gotici al lontano dai riflettori dei media per decidere i destini delle nostre misere vite. Sono invece dichiarazioni pubbliche rilasciate a giornali o emittenti radio-televisive seguiti da milioni di persone in Germania, nelle quali personaggi pubblici dichiarano, senza rischi di fraintendimenti e in alcuni casi con un certa ed evidente dose d’ansia da prestazione, il loro desiderio di collocare milioni di profughi nel mercato del lavoro tedesco. Eventuali piani di destabilizzazione demografica eterodiretta per eliminare i popoli autoctoni d’Europa per sostituirli con masse ostili di neri e arabi, di cui leggo improbabili descrizioni su ancora più improbabili siti di controinformazione, in verità nascondono una realtà ben più prosaica: per un motivo o per un altro in Europa non si fanno più figli, ergo se andiamo avanti di questo passo non riusciremo a pagare le pensioni ai nostri vecchi sempre più numerosi, ergo abbiamo bisogno di manodopera straniera. Piaccia o non piaccia, così è se vi pare. In Germania questo problema legato all’invecchiamento della popolazione assume proporzioni più gravi, se si tiene in considerazione che quella tedesca è la prima economia in Europa e la quarta al mondo. Altre considerazioni legate a minacce di islamizzazione strisciante e a piani di sostituzioni etniche eterodirette da massoni, le lascio a qualcun’ altro. Ah sì, non dimenticatevi che l’apporto ingente di masse di persone che fino al giorno prima dovevano lottare per non morire in guerra e che ora si apprestano ad entrare nel mirabolante mondo del lavoro, comporterà un (ulteriore) dumping salariale mica da ridere. Aggiungo che i salari reali in Germania sono stagnanti da 20 anni, così come gli investimenti pubblici. Ma immagino che queste cose le sappiate già, suvvia…

Quindi per fare un breve riassunto: nell’estate 2015 il governo di grande coalizione conservator – socialista della Merkel decide di accogliere un milione di profughi siriani per integrarli in un futuro prossimo nel mercato del lavoro e per evitare, o almeno posticipare, il declino demografico che è già in corso e che potrebbe portare a conseguenze imprevedibili per l’intera economia tedesca se non si inverte urgentemente la rotta. L’operazione di “salvataggio” è stata coperta in maniera celebrativa, per usare un eufemismo, da pressoché tutti i media tedeschi che ancora oggi continuano a criminalizzare le voci dissonanti con il marchio politicamente corretto ed evergreen del nazismo e razzismo di ritorno. La maggior parte dei tedeschi ha appoggiato all’inizio la scelta “umanitaria” della Signora Merkel, che è riuscita così ad acquisire una popolarità interna impensabile per gli altri leader europei oltre che a scacciare le critiche sempre più pressanti nei confronti della Germania “opportunista, cinica ed insensibile” di fronte alla crisi del debito in Grecia, facendo inoltre leva su un diffuso senso di colpa verso il passato nazista che non passa e che tuttavia viene spesso strumentalizzato in maniera impropria dalle forze politiche di governo pur di raggiungere i loro scopi.

Piaciuta la scoppola che vi ho rifilato? Sono sicuro che una versione così realista della crisi dei profughi difficilmente viene passata sui media dove è tutto uno strumentalizzare in maniera oserei direi abominevole le tragedie reali di quei popoli per smuovere le nostre false e sporche coscienze occidentali. Vabbé…comunque sia un lettore a questo punto legittimamente esasperato, potrebbe anche dirmi:

Ok, ci hai esposto con dati alla mano e dichiarazioni pubbliche di politici ed industriali che in verità l’accoglienza tedesca dei profughi nasconde gretti motivi economici che ben poco hanno a che fare con quelli umanitari. Embé? E con questo? Che cosa c’è di male se per una volta un governo utilizza una situazione che può tramutarsi in tragedia umanitaria e catastrofe da un momento all’altro, per volgerla a proprio favore facendo magari anche gli interessi dei suoi cittadini per le prossime generazioni? Che cosa c’è di male in tutto questo? In fondo i profughi non sono anche loro persone che vogliono lavorare ed avere una vita migliore? E poi se non facciamo più figli e rischiamo di non pagare le pensioni ai nostri genitori e nonni, dovremo pur trovare una soluzione o mi sbaglio?”

A questa più che legittima osservazione risponderei: seguimi ed analizziamo assieme l’altro lato della medaglia della questione profughi. Ma non qui, non ora, bensì alla prossima puntata.

(…continua)

1Da notare che a quella data non era ancora entrata nel vivo l’emergenza profughi, che sarebbe di fatto scoppiata nell’autunno del medesimo anno.

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