Apro parentesi: in 2 ore ho contato almeno 3 incidenti. Quando finalmente sono riuscito ad imboccare la prima tangenziale libera per uscire e recarmi verso Berlino, dall’alto del ponte ho avuto la visione di 2 autostrade che si incrociavano e che entrambe erano colme all’inverosimile di migliaia di macchine e tir in file senza una fine apparente. Non oso nemmeno immaginare cosa debbano provare i pendolari che ogni giorno da anni devono affrontare questi cantieri eterni, con gli inevitabili intasamenti del caso. Tutto questo avviene quotidianamente nelle autostrade che circondano la capitale Berlino, ma nel resto della Germania la situazione è la medesima se non peggiore. Mi ricordo che, quando andai in Sassonia, dovetti percorrere circa 40 chilometri di cantieri senza soluzione di continuità. Altro particolare interessante: anche in Italia è risaputo che nelle autostrade tedesche non vi sono limiti di velocità. Tutto vero, a patto però che non ci si imbatta nei cantieri, cosa impossibile da evitare. In tal caso i limiti in prossimità dei lavori possono essere anche di 60 km/h (in autostrada, lo ricordo) e guai a fare i furbetti, visto che gli autovelox automatici sono presenti ad ogni angolo. Li ho visti con i miei occhi.
Cosa voglio dire con questo sfogo? Semplicemente che quando si parla di grandi temi geopolitici come la Brexit o la crisi dell’Unione Europea, forse bisognerebbe partire da questioni basiche. La mia illuminazione è stata la seguente: ma se questo è lo stato delle autostrade della nazione più ricca d’Europa, la celebre locomotiva che dà lezioni a tutti, dove pensiamo di andare noi europei? Ma è così strano che i britannici desiderino abbandonare questo progetto? Possibile che nessuno riesca a comprendere l’entità del disastro infrastrutturale, ergo economico, perfino della Germania dopo 10 anni di austerità imposte da Bruxelles e dalla stessa Berlino? Riflettiamo poi su quelle aziende straniere che desiderano investire qui e che devono mettere in conto perdite economiche legate, per esempio, ai ritardi nelle consegne o nell’arrivo delle forniture a loro necessarie. E si badi bene che non ho nemmeno fatto riferimento allo stato pietoso delle ferrovie tedesche, anch’esse interessate da lavori continui di sola manutenzione delle linee già esistenti. Non ho nemmeno parlato del nuovo aeroporto di Berlino, la cui costruzione dura da più di 10 anni, o della nuova stazione ferroviaria di Stoccarda, anch’essa mai finita.
Se questo è il Paese leader d’Europa che ci condurrà fuori dalla crisi, qualche intellettuale ben più colto del sottoscritto dovrebbe porsi delle domande.