Una giornata a Marzahn – Seconda parte

tafazzi_03Giro la testa in direzione del suono assordante e monotono della sirena e noto con stupore che una camionetta della polizia seguita a ruota da una volante fanno irruzione a tutta birra in quella che è la piazza principale del quartiere di fronte alla quale si affaccia il bar in questione. All’interno della betola l’irruzione della forza pubblica determina uno sconvolgimento di ritmi ancestrali che parevano durare immutabili dei tempi del Congresso di Vienna; i vecchi con le camicie a quadri d’ordinanza si fermano con i bicchieroni di birra a mezz’aria e lasciano che le carte di scopone crautico si accumulino mestamente sui tavoli in mogano, la barista butterata che fino ad un secondo prima aveva rivolto tutte le sue energie fisiche e spirituali all’abbordaggio del vecchio canuto da un momento all’altro non lo degna nemmeno di uno sguardo e lui stesso benedice il miracoloso evento che lo ha salvato da copulazione certa. Io stesso riconosco di essere sempre più confuso e mi chiedo se quello che ho di fronte sia la realtà oppure il frutto avvelenato del liquido psichedelico a cui le mie labbra salate hanno appena attinto; tuttavia il dolore fisico provocato dallo shock è troppo intenso per poter appartenere alla dimensione onirica e la mia psiche, già messa a dura prova dal fallimento giornalistico, deve ingurgitare anche questo boccone amaro.

Ma cosa sta realmente avvenendo? Diciamo pure che l’intervento celere e prodigioso della Polizei si è reso necessario ed urgente a causa della presenza di due giovanotti sui 25 anni, non di più, che da circa dieci minuti si stavano esprimendo in una gara di suoni gutturali, intervallati da rutti alcoolici e maledizioni agli déi locali in una lingua apparentemente slava, a cui il cittadino piccolo-borghese di Marzahn non poteva reagire se non con sdegno e difesa dei sacri valori di ordine e pulizia. Questi due giovanotti metropolitani fino a quel momento erano appunto seduti su una panchina della piazza ed avevano inscenato un concerto on the street nel quale gli strumenti principali erano bottiglie di birra, vuote o piene non importa, e borse della spesa al cui interno non c’erano proprio dei beni di prima necessità, almeno secondo il canone borghese di Marzahn. Il lettore potrà ben capire come la situazione dopo ben dieci minuti di tale scandaloso lupanare si era fatta intollerabile e poteva sfociare in atti ben più gravi, come per esempio l’offerta di calumet della pace da parte dei giovani slavi a vecchi reduci della DDR.

E proprio per evitare che dal concerto alcoolico si potesse sfociare in un fumo catartico di proporzioni bibliche, che si è situato il prodigioso intervento della forza pubblica. Nel frattempo conto mentalmente quanti sono i poliziotti che sono scesi veloci dai loro automezzi: sono dodici come gli apostoli e circondano in men che non si dica i due pericolosi sovversivi, che lo ripeto non sono crucchi bensì russi o perlomeno slavi. Io nel mio solito cinismo pregusto già la possibilità di assistere ad una rissa generalizzata intervallata da sparatorie ed altre scene truci; potrebbe essere un ottimo trampolino di lancio per il mio già sinistrato blog. Già mi immagino cosa andrei a scrivere: “Il razzismo è ancora ben presente nella civile e democratica Germania! Un blitz delle teste di cazzo, ehm volevo dire delle teste di cuoio, riducono in fin di vita due giovani russi che stavano manifestando in un quartiere degradato e popolato da neonazisti contro le inique sanzioni inflitte al loro paese.” Il tutto ovviamente condito da filmati ed immagini di repertorio ed interviste a volto oscurato di testimoni alticci ma che comunque non avrebbero dimostrato contraddizioni nel loro racconto. Tuttavia le mie speranze di testimoniare la violenza della polizia all’interno dell’Harlem berlinese vengono ben presto deluse.

Infatti i dodici apostoli dell’amore e della tolleranza universali con una mossa astuta dividono subito i due pericolosi terroristi, trascinando uno dei due su un’altra panchina e facendolo circondare da un sergente cicciotello che sembra la reincarnazione moderna di Sancho Panza, una milf annoiata ed uno sbarbatello in divisa. Maledizione…è sempre il solito ed imperituro divide et impera di romana memoria…La situazione sembra tuttavia ravvivarsi quando il giovane Balilla de noialtri con una mossa clamorosa si toglie il berretto che aveva in testa e lo lancia in direzione degli sbirri, sfoggiando in tutta la sua maestosità una crapa pelata da fare invidia perfino a Mussolini. A quel punto scoppio in una risata fragorosa e non meno clamorosa della palla di bowling appena rivelatasi ma vengo subito redarguito dagli sguardi severi dei clienti e delle inservienti. Da quel lancio disperato in poi si viene a creare una guerra psicologica finissima tra la torma di poliziotti che tenta di convincere il giovane a sloggiare verso altri lidi più periferici e meno esposti e la risposta (sempre in russo n.d.a.) del nostro che tenta inutilmente di esporre le sue ragioni. La situazione di stallo potrebbe mutare a favore del Davide russo poiché all’improvviso fa irruzione un vecchio malconcio con due borse della spesa per braccio che urla qualcosa di inintelligibile ma sicuramente non carino verso i dodici Golia dai piedi d’argilla. Analizzando psicologicamente il personaggio, giungo alla conclusione che il vegliardo seguace di Bacco abbia esclamato cose del tipo: “Con tutti i casini che ci sono il sabato mattina a Berlino perché non andate a cagare il würstel (auto-censura) da qualche altra parte, vigliacchi servi dei padroni! Andate a stronzeggiare (è un verbo presente in qualsiasi dizionario di lingua italiana ergo no censura, ok?) a Spandau, coglionauti (è un mio neologismo e quindi la censura non può valere)!” Ovviamente questa è la mia interpretazione personale ma, non essendo ahimè un filologo delle varianti post-moderne del tedesco metropolitano, non vi posso dare delle certezze assolute.

Comunque sia a quel punto cala un silenzio agghiacciante che è durato, secondo le mie rilevazioni, 2,45 secondi netti, il quale viene interrotto da una mossa tatticissima di una poliziotta anche lei rotondetta che indica una bottiglia di birra vuota situata su un prato a qualche metro di distanza dalla panchina. Il vecchio dagli occhi spiritati non se lo fa dire due volte, si dirige verso il prezioso reperto, lo esamina, lo vuota secondo procedura standard delle ultime gocce alcooliche presenti al suo interno, lo mette dentro una delle quattro borse in suo possesso e se ne va immerso nei suoi pensieri di gloria, come fosse un bambino che ha appena trovato una conchiglia sulla spiaggia di Grado. Fiuuu…pericolo scampato! Ora però per i due pericolosissimi disturbatori della quiete pubblica di Marzahn il destino è segnato.

Vengono infatti prelevati dai nostri eroi in divisa e condotti lontani da sguardi indiscreti. Non ho nemmeno il tempo di commuovermi che decido di riprendere la mia caccia all’uomo russo. A dire il vero i due slavi li avrei già trovati se non fosse stato per l’intervento di quella sporca dozzina. Ammetto che si è trattato di un vero peccato ma, senza perdermi in nostalgie da ricchi (cit.), proseguo per i miei stradoni da disagio reale senza però trovare segnali di vita né dai cortili né dalle strade all’imbrunire (questa citazione non la indovinerete mai). Ad un certo punto la mia mente, già messa a dura prova da tutte queste esperienze al limite dell’extra-sensorialità, ha la classica illuminazione da Pico De Paperis sotuttoio: rimembro che a Marzahn è presente una chiesa ortodossa costruita ex novo appena due anni fa nella quale si riunisce la comunità russa locale. Ma come diavolo ho fatto a non pensarci prima? Prendo un tram, capisco dopo dieci minuti che è quello sbagliato, scendo grottescamente non senza aver prima pestato il piede ad una pensionata col velo da contadina, mi viene in mente che quel velo è simbolo di ortodossia ma non ho il tempo di passare all’azione che già arriva un altro tram, questa volta quello giusto. Dopo qualche minuto di lento sferragliare individuo finalmente l’edificio di culto. E’ proprio il caso di dirlo, senza ironia alcuna, che trattasi di una vera cattedrale nel deserto: intorno infatti ci sono solo dei cantieri e la figura onnipresente del centro commerciale Kaiser, vigile torretta del benessere tedesco.

Scavalco i vari cantieri e rifletto che non è proprio il posto adatto per accogliere la gente; ci manca solo di trovare dei cartelli di legno con scritte ingiuriose e minacce di morte, intervallate da teschi, tipo deposito di Paperone per intenderci. Il particolare veramente strano tuttavia è che nel cortile è parcheggiata una Mercedes nera lavata da poco; ma di chi sarà mai, mi chiedo io? Che non trovi forse all’intero della chiesa l’ambasciatore russo, una bottiglia di vodka, tre mignottoni bulgari e tanto revanscismo sovietico? E se quel sogno sulla panchina fosse stato premonitore? Mentre pregusto il mio ingresso trionfale nella dacia, mi accorgo che due occhi dall’interno della chiesa mi scrutano; vorrei scappare come un fante italiano durante la ritirata di Russia ma una forza misteriosa spinge la mia mano destra a bussare sulla porta di legno d’ingresso che si apre subito. Mi ritrovo di fronte un vegliardo alto due metri con una barba forse ancora più lunga che mi fissa silenzioso e scettico ma all’apparenza senza apparente ostilità. L’emozione gioca brutti scherzi e, come spesso mi accadeva all’università durante gli esami più impegnativi, mi accorgo sul più bello di avere la salivazione azzerata e di non riuscire a biascicare nessuna parola che non sia “intervista”blog” e “comunità russa”. Sfortunatamente o grazie a Dio, a seconda dei punti di vista, il vegliardo capisce poco e parla ancora meno il tedesco e pertanto mi affida alle cure amorevoli di un’altra anziana donna lì presente. In poche parole lei mi dice che il vecchio altro non è che un pope nonché capo della comunità ortodossa di Berlino e che lei è una specie di assistente (a distanza di mesi non mi è ancora chiaro il suo status). Mi presento dichiarandomi giornalista free-lance (du kazz), al tempo stesso nego di essere al soldo della CIA (true story!) e chiedo inoltre di voler scambiare due chiacchere con qualcuno della comunità russa di Marzahn.

Devo aver fatto un’impressione discreta all’assistente del pope dal momento che mi invita, non senza una punta di malcelato sadismo, ad una conferenza che di lì a poco si sarebbe tenuta per alcune mamme. Tema del workshop infatti è “Alimentazione corretta per i nostri figli: cibi indicati e da evitare per una vita spirituale sana.” A quel punto avrei voluto abbracciare un cavallo e andare in giro mezzo nudo come fece Nietzsche prima di impazzire; tuttavia la mia psiche deve aver sperimentato degli abissi insospettabili negli anni fondamentali dell’adolescenza ragion per cui sussurro un sì e abbozzo perfino un sorriso da verme andreottiano. La successiva ora e mezza l’ho passata a tentare di capire invano quello che l’assistente (d’ora in poi la chiamerò così) enucleava sulle proteine imprescindibili a cui solo un infedele trinitario cattolico potrebbe dire di no e a cercare di non ridere a crepapelle nei rari momenti in cui prendevo coscienza della mia miserabile condizione. Nel frattempo ero circondato da giovani e prosperose madri intente ad ascoltare e a partecipare al dibbbattito, il che dava una piacevole sensazione di brezza al mio solitario e paludoso porto immerso nella nebbia. Tutto questo parlare di banane, carboidrati, grassi da bruciare al rogo, gazzose scandalosamente consumate nel retro-cantina mi spinge in breve tempo a fantasticare e a tornare indietro di dieci anni nel tempo. Sono sempre io ma ho 15 anni (ok forse ero già maggiorenne..boh in questo momento ho un vuoto) e mi ritrovo a degustare le settimanali leccornie della mia nonna istriana Pierina…senza soluzione di continuità girano vorticosamente intorno ai miei occhi impazziti risotti bollenti a 13mila gradi Fahrenheit, purè patinati col grana padano, fritti misti totali, minestroni freddi col mais e fagioli che potevano fare la differenza tra la disidratazione e un pomeriggio frizzante in quel di luglio, patate prezzemolate che lasciavano segni vistosi sui denti per almeno 5 giorni lavorativi e la mattina dopo la figa al liceo ti grandinava praticamente addosso, pomi cotti dall’effetto lassativo retroattivo e senza contare le caramelle svizzere Ricola che io pronunciavo sempre con l’accento sbagliato…Insomma those were the days of our lives come disse quella vecchia checca geniale un po’ di anni fa.

Riprendo conoscenza dai miei deliri a causa di alcuni passi strascicati che percepisco alle mie spalle. Mi volto ed ammiro in tutta la sua maestosità la figura del pope. Ora è anche lui in divisa. Indossa una tunica nera con una vistosa croce di simil argento intorno al collo ed avverto che, mentre le giovani mamme erano intente a dibattere se un panino alla nutella il sabato mattina per i loro figli fosse cosa buona e giusta, lui sicuramente la sua scelta giusta l’ha azzeccata alla grande dal momento che il profumo di colonia di cui si è inondato potrebbe essere odorato fino al Cremlino. Le giovani fiammiferaie infatti lo guardano estasiate ed io mi rendo conto, oltre a chi fosse il misterioso proprietario della Mercedes nera, che quella brezza estiva che sembrava così piacevole rischia ora di tramutarsi in una burrasca che potrebbe devastare i miei già malconci pescherecci. Approfitto dunque dell’inaspettata pausa per svincolarmi dal workshop e dirigermi dal pope per chiedergli senza fronzoli un’intervista. Anche in questo caso la comunicazione è ardua visto che lui il tedesco lo mastica poco ma ci pensa un giovane robusto, sbucato Dio solo sa da dove, ad intercedere per me. Il “bodyguard” del pope, appena sente che sto scrivendo una serie di reportage su Marzahn, se ne va via ma mi prega di attendere perché mi vuole mostrare qualcosa, almeno così mi dice. Ritorna dopo qualche secondo con dei fogli in mano nei quali sono visibili delle svastiche e delle scritte sbilenche con su scritto Russen raus! “Lo scriva anche questo sul suo blog!” – mi prega il corpulento giovanotto. A quel punto percepisco che una parte di diffidenza si è sciolta e che finalmente, dopo lunghe ed assurde peripezie, sono riuscito a prendere contatto con una parte, seppure minima e di sicuro irrisoria, dell’universo russo.

Rimaniamo d’accordo che sarei tornato una settimana dopo per un’intervista completa col pope ed altri collaboratori. Se morite dalla curiosità di sapere che cosa ci siamo detti, be lo sapete quello che dovete fare…Mangiare pomi cotti e andare a cagare.

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