Cosa rischia veramente la Germania (e noi) 2/3

gastarbeiter7Ad ogni modo queste sono solo alcune delle tante domande che mi erano venute in mente dopo che nel frattempo i ritratti degli attentatori erano stati dati in pasto a noi europei “terrorizzati” dall’escalation del terrorismo. Specifico, qualora ve ne sia ancora bisogno, che il termine “terrorismo islamico” è stato usato ogni qualvolta si è voluto dare un’accezione ben definita ad ognuno di questi episodi segnati da un forte disagio psichico ed esistenziale, dai quali sono scaturiti atti di violenza e a cui si è voluto far indossare subito il capello del terrore di stampo religioso. Alle voci sempre più critiche delle versioni ufficiali la polizia ha risposto senza molti fronzoli che per la prima volta abbiamo di fronte “casi di una radicalizzazione lampo” degli attentatori, che fino al giorno prima degli attacchi non avevano mai manifestato un’attenzione particolare per l’Islam tanto che in alcuni casi era risaputo da amici e familiari che essi fossero dediti a pratiche ben poco islamiche come bere alcool e andare a donne (vedi il caso dell’attentatore di Nizza, Mohamed Lahouaiej-Bouhlel, per citarne uno). Nei casi poi degli attacchi isolati in Germania essi sono stati rivendicati subito dall’Isis attraverso la sua fantomatica agenzia stampa Amaq, anche se era evidente perfino ad un osservatore poco attento come si trattasse in verità di episodi singoli e scevri da alcun mandato proveniente dallo Stato Islamico.

In ogni caso vorrei fare qualche passo in avanti e tentare di immaginare quali potrebbero essere i risvolti di un vero attacco terroristico in Germania, rivendicato senza timore di fraintendimenti dall’Isis o da altri gruppi affini. Già in marzo, all’indomani della strage all’aeroporto e ad una stazione della metropolitana di Bruxelles, avevo scritto un articolo intitolato “Bomba o non bomba” nel quale mi chiedevo provocatoriamente se un attentato islamico sarebbe stato possibile anche qui a Berlino, la metropoli dove vivo. La mia risposta, la quale non è mutata nel corso dei mesi, è che un attentato di stampo islamico a Berlino, ma anche in altre grandi città tedesche, non è affatto da escludere per i seguenti motivi:

  • La presenza di una rilevante minoranza araba e turca, entrambe di fede maggioritaria islamica, che a Berlino si situa in prevalenza nei quartieri centrali di Neukölln e Kreuzberg. Secondo l’ultimo censimento operato nel 20141, risultavano registrati a Berlino circa 100mila cittadini turchi, mentre il numero di persone nate a Berlino da genitori turchi e quindi con doppio passaporto turco-tedesco ma che si identificano maggiormente con la madre patria turca rispetto al paese d’adozione sono anch’essi 100mila. Il totale di turchi e cittadini turco-tedeschi presenti a Berlino era perciò di circa 200mila unità nel 2014, numero che con tutta probabilità è nel frattempo salito. Invece gli arabi ufficialmente residenti a Berlino e provenienti da diversi paesi come il Libano, il Marocco e i Territori Palestinesi sono 70mila2, anch’essi a stragrande maggioranza musulmani. Facendo dunque un breve riepilogo statistico, emerge che il numero di musulmani stabilmente residenti a Berlino è di circa 300mila unità, senza considerare inoltre gli stranieri che ciclicamente si trasferiscono qui per motivi di lavoro e altro, i quali decidono di non registrarsi presso gli uffici comunali oppure di spostarsi dopo qualche mese in un’altra località. Ovviamente nel censimento non erano inclusi nemmeno i profughi provenienti da paesi a maggioranza islamica come la Siria e l’Afghanistan, che all’epoca non avevano ancora fatto il loro ingresso in Germania ed il cui numero odierno ammonterebbe a 80.000 unità. Nessuno è così folle né tanto meno così fazioso da affermare che tutti questi 300mila (ed anche più se si tiene appunto conto dei profughi) musulmani legalmente residenti a Berlino, compresi donne, vecchi e bambini, sia a rischio di infiltrazione terroristica. Sta di fatto comunque che da una massa così ampia di persone, in non rari casi non adeguatamente integrati con la società tedesca a causa di carenze linguistiche e ostacoli culturali di un certo rilievo, non sarebbe in fondo così arduo pescare manodopera giovanile e facilmente manipolabile con promesse di riscatto sociale e soldi facili.

  • La possibilità per gli attentatori, qualora non abbiano ovviamente deciso di farsi esplodere, di fuggire e di cercare rifugio in tali quartieri, un po’ com’era già successo a Bruxelles con la fuga di Salah Abdeslam nel quartiere arabo di Moleenbeck. I possibili attentatori probabilmente verrebbero da questi quartieri berlinesi, nei quali come accennato sopra vive la maggior parte delle comunità musulmane qui residenti, e sarebbe di sicuro agevole per loro cercare rifugio in qualche casa oppure fuggire nelle vie circostanti che loro stessi, vivendoci da una vita, conoscerebbero come le loro tasche.

  • Aggiungo ora un elemento che nel precedente articolo di marzo mi ero dimenticato di trattare, ovverosia quello legato alla condizione di disagio sociale ed esistenziale di migliaia di giovani arabi e tedeschi di origine araba o turca di seconda generazione, quindi nati e cresciuti in Germania, i quali mediamente guadagnano di meno rispetto agli omologhi tedeschi e svolgono lavori “più umili”, se così possiamo definirli, a causa delle maggiori difficoltà linguistiche e della loro abitudine a rinchiudersi in quartieri mono-etnici di stampo turco od arabo, come appunto Neukölln, nei quali è più arduo avere dei contatti sociali con la maggioranza dei tedeschi. Ne consegue un tedesco scritto e parlato male, che può andare bene se si vuole passare l’intera esistenza ad affettare kebab, ma che per fare un salto di qualità lavorativo rimane di sicuro un forte handicap. Senza contare inoltre l’aspetto psicologico, che di certo non aiuta l’integrazione, consistente nel frequentare sempre e solo persone della medesima etnia. Nella mia piccola esperienza quotidiana mi capita di vedere ogni giorno per le strade di Neukölln, l’oramai celeberrimo quartiere turco dove anch’io mi trovo a vivere, ragazzini che tra di loro parlano sempre e solo il turco o l’arabo ma mai il tedesco. Fossi al governo, qualche dubbio sulle concrete possibilità di integrazione me li farei seriamente. Per dare un senso pratico a quello che ho appena scritto, basti sapere che a Berlino una persona su due di origini turche (quindi non si parla solo di turchi residenti in Germania per meri motivi di lavoro ma anche di coloro i quali sono nati e cresciuti in Germania ma che posseggono il doppio passaporto turco-tedesco) vive di sussidi sociali. A dirlo è l’Institut für Wirtschaftsforschung (DIW), che per bocca del sociologo Karl Brenke spiega come:

La quota di disoccupati tra i migranti turchi raggiunge l’incredibile percentuale del 44%. Sempre secondo Brenke, “il problema assume una gravità particolare poiché tre quarti di loro non può nemmeno dimostrare di avere alcun diploma scolastico (sic), ragion per cui sarà estremamente difficile integrare questi ragazzi (che lo ripetiamo ancora una volta, sono spesso cittadini tedeschi nati qua nda) nel mondo del lavoro. La situazione (sempre sue testuali parole) è drammatica3.”

Altro dato che dovrebbe far riflettere sulla finora mancata integrazione tra la maggioranza tedesca e la minoranza turca, è quello che ci comunica come un quinto dei cittadini tedeschi di origine turca non parli tedesco4. E stiamo parlando della comunità musulmana che da più tempo è presente in Germania e che pertanto, a rigor di logica, dovrebbe essere anche quella meglio integrata. Non ho nemmeno preso in considerazione per pietà umana i dati statistici sulla conoscenza del tedesco e sul livello formativo delle comunità arabe appena arrivate in Germania di recente; in tal caso le prospettive di un’integrazione con i “valori” tedeschi maggioritari sono per ora una mera chimera. Ad ogni modo è chiaro, al di là di isterie leghiste e facili generalizzazioni, come la mancanza di una vera integrazione, dovuta a carenze linguistiche e culturali, possa servire da perfetto serbatoio di manovalanza giovanile, quindi facilmente manipolabile, e disoccupata, ergo povera e frustrata, dal quale pescare una marea di potenziali attentatori.

  • L’impossibilità ASSOLUTA di controllare e difendere da possibili attacchi le migliaia di bar e locali, che durante il weekend spesso fungono anche da discobar improvvisati, pieni zeppi di giovani occidentali (i giovani musulmani di Berlino non frequentano i “bar occidentali” preferendo stare per conto loro e fumare il narghilè negli appositi luoghi di ritrovo arabi nda) e dai quali sarebbe impossibile fuggire in caso d’attacco, vista la presenza di poche e ben troppo strette uscite di sicurezza che in caso di fuga da panico si trasformerebbero in pochi secondi in micidiali colli di bottiglia.

  • Dal punto precedente ne deriva una facilità disarmante nell’organizzare gli attacchi da parte di potenziali terroristi: qualora si voglia colpire una discoteca od un luogo di aggregazione giovanile colmo all’inverosimile di centinaia, se non migliaia, di giovani occidentali, basta mettere una o due persone a fare da “pali” e lasciare il lavoro sporco al resto dell’equipe. Ciò significa un’organizzazione snella per un risultato massimo con il minimo sforzo logistico.

  • Infine la TOTALE mancanza di controlli nella metropolitana di Berlino, uno dei luoghi a più alto rischio di attacco: chiunque può entrare ed uscire dagli ingressi, senza dover incappare in fastidiosi tornelli come a Bruxelles o Milano. Aggiungo che anche l’aeroporto internazionale di Schönefeld presenta di norma un numero insufficiente di poliziotti per la sua difesa. Provate ad andarci di persona per credere…

Da questi elementi ne deduco che le possibilità di un attacco islamista a Berlino, così come è successo a Parigi e Bruxelles, non sono poi così remote come si può pensare. Certo l’ipotesi che una cosa del genere possa accadere anche qua a Berlino sembra pura fantascienza venata da una certa dose di complottismo fine a sé stesso. Tuttavia vi ricordo che, secondo quanto è stato riportato dai media tedeschi e dalla stessa polizia, le persone arrestate qualche giorno fa erano pronte a passare dalla mera teoria alla pratica. Lo ha detto perfino il Ministro delle Interiora…

Appurato dunque che anche la Germania non è una meta sicura, vorrei tentare di ragionare su quelle che potrebbero essere le ricadute politiche di un’eventuale bomba. Già in maggio con un altro articolo dal titolo “Mamma gli Turchi” riflettevo nella mia sempre più grave mania complottistica che oramai ha ammorbato la mia mente, su come entità sovrane esterne alla Germania potrebbero avvantaggiarsi di un eventuale clima di terrore e isteria collettiva successiva alle bombe. Nello specifico riflettevo su come colui, che io ho ribattezzato in maniera ironica (ma non troppo) il fratello musulmano in giacca e cravatta, ossia Mr. Erdogan, potrebbe ergersi ad unico referente politico in grado di fermare l’arrivo apocalittico di milioni di profughi, nei quali potrebbero infiltrarsi, sempre a detta dell’ingombrante vicino turco, migliaia di terroristi islamici. Nell’articolo in questione avevo inoltre ripreso una frase di Erdogan stesso dal seguente link:

http://news.nationalpost.com/news/the-snakescan-bite-you-turkish-president-warned-on-friday-of-another-terror-attack

Questo articolo del National Post aveva dato spazio ad un’affermazione pubblica di Erdogan il quale il giorno venerdì 18 marzo, ossia 12 giorni prima degli attentati all’aeroporto e ad una stazione della metro a Bruxelles, aveva affermato (sue testuali parole) :

Non c’è nessuna ragione per cui la bomba che è esplosa ad Ankara (precedente attentato dell’Isis n.d.r.) non possa esplodere a Bruxelles o in qualsiasi altra città europea.” Il vizir aveva poi rincarato la dose: “I serpenti che dormono con voi possono mordervi in qualsiasi momento.

Purtroppo questa dichiarazione PUBBLICA di Erdogan non ha avuto la giusta attenzione mediatica che meritava e pertanto nessun giornalista ha avuto finora la possibilità né l’ardore di chiedere maggiori spiegazioni al diretto interessato. Un vero peccato indubbiamente anche se mi piace pensare, da scettico quale sono, come il Presidente turco l’abbia semplicemente sparata grossa e per un semplice caso fortuito abbia azzeccato la previsione.

(…continua)

1https://www.statistik-berlin-brandenburg.de/Publikationen/OTab/2014/OT_A08-07-00_192_201401_BE.pdf

2https://de.wikipedia.org/wiki/Araber_in_Berlin

3http://www.taz.de/!5176721/

4https://www.welt.de/politik/deutschland/article7222075/Tuerken-sind-die-Sorgenkinder-der-Integration.html Aggiungo che in questo studio neanche gli italiani fanno un’ottima figura.

Una risposta a “Cosa rischia veramente la Germania (e noi) 2/3”

  1. Questa storia degli attentati fatti a persone innocenti non sono compiuti
    da veri terroristi, i veri terroristi hanno sempre colpito chi rappresentava
    il potere e il governo.
    Poi, d’un tratto, tutto cambia, e’ istruttivo vedere un film degli anni ’70
    del secolo scorso, si intitola “l’amerikano” con Yves Montand ma il titolo
    originale da piu’ senso al film ” État de siège” in italiano STATO D’ASSEDIO,
    un film che legge nel destino, infatti ha in comune il sequestro di Aldo Moro,
    inizia in Europa la strategia della tensione, strategia usata dai “francesi” dell’
    OAS in Algeria. Questo potere non vuole scendere dallo scranno ed allora
    si fa le leggi per evitare che qualcuno alzi la voce, sappiamo che la colpa
    e’ di coloro che in ogni stato europeo e non si sono fatte le leggi bavaglio
    per non essere contestati. Quando siamo vicino a qualcuno e gli chiediamo
    se e’ italiano, lombardo o di Sassari, dobbbiamo chiederci se effettivamente
    e’ vero che e’ uno di noi, le minoranze etniche sono quelle che seminano
    zizzania, quindi domandiamoci a chi fa comodo questo assedio alla liberta’
    di pensiero?
    Dopo la caduta del dritte reich, il suo diretto alleato era l’islam, da allora
    stanno cercando di farlo apparire come un mostro. Il colonialismo si e’
    travestito da terrorista.
    Salam aleik und shalom alech .

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