Proseguono le espulsioni dalla Germania

Foto originale tratta da https://www.dw.com/de/abgeschobene-afghanen-in-kabul-eingetroffen/a-38153394

Qualche settimana fa abbiamo descritto nei dettagli la campagna mediatica da parte del Ministero degli Interni tedesco, che consiste essenzialmente nell’incentivare la partenza dei migranti dalla Germania in cambio di soldi da parte dello Stato. Come visto nel precedente articolo, questo programma governativo vige dal 2016 ma la recente novità prevede la copertura sempre da parte dello Stato federale tedesco di 12 mesi d’affitto non appena l’immigrato, da solo o anche assieme alla sua famiglia, sia tornato al suo paese natale. Per giorni interi le città tedesche, in special modo Berlino, sono state tappezzate di migliaia di manifesti che invitavano gli stranieri ad usufruire di questa “generosa” offerta del quarto governo Merkel entro e non oltre il 31 dicembre, pena perdita degli incentivi. Werden wir schaffen?

Nel frattempo le espulsionihard”, quelle che prevedono per intenderci l’intervento di reparti della polizia che hanno l’autorizzazione ad entrare a notte fonda a casa dell’illegale per accompagnarlo all’aeroporto più vicino, non sembrano conoscere sosta. Di fronte ad un’interrogazione del partito liberale attualmente all’opposizione (FDP) a proposito del numero esatto di stranieri espulsi dalla Germania, il portavoce del Ministero degli Interni ha fornito prontamente i numeri. Fino al 31 ottobre di quest’anno il numero esatto di abgeschobene ammonta a 19.781 persone. Il numero è leggermente inferiore rispetto all’anno scorso, quando per tutto il 2017 vennero espulsi dalla Germania 23.966 stranieri. A fare la parte del leone con 5.548 rimpatri è stato il Land occidentale del Nordrhein – Westfalien, mentre la capitale Berlino è tra gli ultimi posti con 962 persone cacciate.

Stiamo parlando di un paese che, a leggere certa stampa nostrana come il Fatto Quotidiano che ha deciso di mettere la foto della Merkel in apertura ad un suo articolo sull’immigrazione, è quello che più ha spinto per far approvare il recente Patto ONU sui migranti. Tale Convenzione, fatta propria dalla maggior parte dei paesi del mondo con importanti eccezioni tra cui gli USA, tra i vari punti si propone di garantire un’immigrazione sicura e di aiutare economicamente quei paesi che accolgono il maggior numero di stranieri. La Germania sembrerebbe in prima linea, vista anche la sua passata accoglienza di un milione di siriani nel 2015. Tuttavia al tempo stesso le espulsioni, in special modo di afghani, continuano senza sosta. Va ricordato che dal 2001 l’Afghanistan è sotto occupazione militare da parte di alcuni stati occidentali, tra cui proprio la Germania ma anche l’Italia, dopo l’invasione americana a seguito degli attentati dell’11 settembre. Senza addentrarci in particolari, basti sapere che il numero di emigranti e richiedenti asilo dall’Afghanistan verso altri paesi è costantemente cresciuto negli ultimi anni. Nonostante il rapido crollo del regime dei talebani nel 2001, essi stanno lentamente riconquistando il paese, il quale non è per nulla sicuro vista la cronica guerra tra bande e relativi crimini contro la popolazione civile, senza contare il traffico di eroina, anch’esso esploso dal 2001 in poi. A grandi linee è questo il paese, occupato in alcune zone anche dalle forze armate tedesche della Bundeswehr, verso cui vengono espulsi gli afghani. Si tratta per lo più di richiedenti asilo, cui è stata respinta la domanda dagli appositi uffici governativi tedeschi.

A luglio di quest’anno scoppiò un discreto scandalo quando il Ministro degli Interni Seehofer, fino a poco tempo fa leader del partito cristianosociale bavarese della CSU, per il suo 69esimo compleanno si complimentò con sé stesso perché proprio in quel medesimo giorno il 69esimo afghano era stato respinto al suo paese. Peccato che il giorno dopo era giunta la notizia che un 23enne afghano con disturbi psichici acclamati si era suicidato al suo villaggio natale, per la disperazione di essere stato espulso e ritornato in un paese dominato da guerra e povertà. Lo Spiegel intervistò il padre del ragazzo, il cui nome era Jamal Naser Mahmodi, il quale dichiarò che la Germania era corresponsabile della morte del figlio poichè si sapeva che soffrisse di depressione. Provi il lettore italiano ad immaginare se ad aver rilasciato una simile dichiarazione il giorno del suo compleanno fosse stato Salvini e se il giorno dopo un somalo, per fare un esempio, si fosse suicidato per la profonda tristezza di essere stato espulso dal nostro paese. Comunque sia il Ministro Seehofer è ancora in sella e vedremo se nel luglio del prossimo anno festeggerà la 70esima espulsione.

Qualche mente maligna potrebbe aggiungere che gli afghani sono il gruppo maggiormente espulso dalla Germania, per il semplice fatto che essi non sono integrabili nel mercato del lavoro tedesco. Basti pensare che circa l’80% della popolazione afghana è analfabeta; ragion per cui i costi per insegnar loro i rudimentali della lingua tedesca sarebbero ancora più gravosi, visto e considerato che la maggior parte di loro non è nemmeno capace di scrivere e leggere nella propria lingua madre. A smentire le solite Cassandre, per fortuna ci ha pensato niente di meno che il capo della Confindustria tedesca (BDI), Ingo Kramer, il quale durante un’intervista all’Augsburger Allgemein, riportata da diversi quotidiani tedeschi tra cui die Zeit, si è detto convinto che lo slogan merkeliano “Wir schaffen das” sia ancora quello giusto. Secondo le sue stime, del milione di siriani entrati nel paese nell’estate del 2015, 400mila di loro ha un lavoro o svolge un corso di formazione (Ausbildung). Il giornalista avrebbe potuto far notare che quindi stiamo parlando del 40% di successo a fronte di enormi aspettative, ma la domanda non sembra essere stata elaborata. Sempre Kramer ha aggiunto come le imprese stiano facendo bene e che la maggior parte dei giovani migranti (senza però fornire alcun tipo di dato statistico) padroneggi già il tedesco. Sarebbe bastato dire che i siriani provenienti dal perfido regime di Assad, essendo cresciuti in uno degli ancora pochi paesi socialisti al mondo, posseggono livelli di istruzione e tassi di alfabetismo migliori rispetto a quelli degli altri paesi del Medio e Lontano Oriente. Afghanistan incluso.

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