Perchè la Germania ha terrore di una hard Brexit 2/2

Durante un’intervista rilasciata al canale tv della multinazionale mediatica Bloomberg, specializzata in temi economici e finanziari, lo Chief Economist della Deutsche Bank ha voluto dire la sua sui futuri rapporti tra UK ed Unione Europea dopo che la Brexit verrà portata a termine. Il capo economista della maggiore banca tedesca con ramificazioni in tutto il mondo è il tedesco David Folkerts-Landau, il quale ha studiato economia e matematica alla prestigiosa università americana di Harvard ed inoltre ha completato un dottorato di ricerca in filosofia alla non meno ambita Princetown Universiy. Il dottore a capo del settore economico di quella stessa banca tedesca, le cui azioni negli ultimi 12 mesi hanno perso il 52% del loro valore, tramite un inglese impeccabile ritiene che “ci sarà comunque un accordo (deal) tra i rappresentanti della Gran Bretagna e dell’Unione Europea, dal momento che conviene ad entrambe le parti. La storia non li perdonerà qualora non saranno stati capaci di trovarlo. Concedere del tempo aggiuntivo significa non risolvere i problemi di fondo”.

Alla domanda di uno dei due conduttori a proposito di una possibile recessione che si verificherebbe in UK a causa della Brexit, Folkerts-Landau risponde che di sicuro ci sarà un prezzo alto da pagare per l’economia britannica, poiché gli aggiustamenti saranno dolorosi, ma – attenzione – secondo l’economista tedesco impiegato da decenni alla Deutsche Bank, l’economia della Gran Bretagna riuscirà a fare bene o perfino meglio nei prossimi anni rispetto a quella dell’Unione Europea. Scendendo nei dettagli, egli ha calcolato che il Prodotto Interno Lordo dell’UK calerà a breve termine di circa il 2/3 % ma quello medio dei paesi UE subirà delle perdite molto maggiori. Ma le soprese non finiscono qui: egli ammette che nell’arco di una generazione l’economia britannica dimostrerà di avere le energie e la flessibilità necessarie per poter prosperare (to thrive), anche perché non dovrà più sottostare a quei lacciuoli burocratici che invece i paesi europei dovranno ancora rendere conto a Bruxelles. Un dettaglio storico interessante citato da Folkerts-Landau, che secondo lui rafforzerebbe il potere negoziale di Londra, è che gli inglesi si erano dotati di un mercato finanziario internazionale ben prima che nascesse la democrazia nel Vecchio Continente.

Queste parole non provengono, diciamo, da un nostro Bagnai, che dal 2011 si batte contro la moneta unica ed il ruolo predominante della Germania, bensì da un economista tedesco di punta che lavora presso quella che viene considerata la quindicesima banca più importante al mondo, anch’essa tedesca. Tra le varie cose David Folkerts-Landau è quella stessa persona che dalle pagine del Financial Times del 12 novembre invocava una maggiore cooperazione da parte della Commissione Europea nei confronti del governo italiano, altrimenti un’altra crisi del debito sovrano dentro l’eurozona sarà inevitabile. Il sottotitolo del suo editoriale sul prestigioso organo finanziario con sede a Londra è “Roma deve riformare, mentre Bruxelles dovrebbe accettare che l’austerità non è la risposta”. Più chiaro di così, si muore.

Prendendo anche spunto dalle sue parole sui possibili effetti economici nei paesi europei, secondo lui ben più forieri di conseguenze rispetto ad una recessione in Gran Bretagna, analizziamo ora l’entità degli scambi commerciali tra quest’ultimo paese e la Germania. Le statistiche governative tedesche ci vengono in aiuto, rivelandoci come con 85 miliardi di Euro annui il Regno Unito sia il quarto paese al mondo verso cui si dirigono i beni e le merci esportate dalla Germania. Al primo posto troviamo gli Stati Uniti, seguiti dalla Francia e la Cina. L’Italia invece è il sesto paese al mondo destinatario dei beni made in Germany. Di questi 85 miliardi di Euro ricavati dall’export tedesco verso il Regno Unito, a fare la parte del leone sono – tanto per cambiare – le auto con quasi 25 miliardi di fatturato annuo, a seguire con cifre minori ma comunque nell’ordine di diversi miliardi l’anno i prodotti chimici, i software, i macchinari industriali ed altro. Dall’altra parte l’export UK verso la Germania ammonta a 37 miliardi l’anno; in questo modo rileviamo come la Gran Bretagna, considerata la seconda potenza economica dopo la Germania all’interno dell’Unione Europea, sia un importatore netto nei confronti della cosiddetta locomotiva tedesca.

Tuttavia dal 2016 al 2017, complici i timori per la Brexit, l’export tedesco verso il “paese secessionista” è calato di poco meno del 2%. Tuttavia qualora la mancata rettifica da parte del parlamento inglese sulla soft Brexit ottenuta dal governo May comporti un recesso duro con l’eventuale introduzione di dazi volti a limitare il commercio tra l’Unione Europea ed il Regno Unito, il calo dell’export tedesco e non solo sarà di sicuro più ampio. Questo scenario orrendo per l’economia tedesca, che già quest’anno ha sfiorato per un soffio l’entrata tecnica in recessione crescendo comunque solo dello 0,1%, è ben presente nella mente degli imprenditori. In un’intervista rilasciata ancora nel marzo di quest’anno all’organo finanziario Handelsblatt, Joachim Lang, amministratore delegato dell’associazione dell’industria BDI (Confindustria tedesca), aveva dichiarato che “se l’UE e il Regno Unito non riuscissero a fare chiarezza entro le prossime settimane, le società tedesche dovrebbero prendere delle misure. Alcune di loro saranno quindi costrette a concentrarsi su piani di emergenza nel caso peggiore che nessuno vuole e che danneggerà tutti. Per worst-case-scenario il capo della Confindustria tedesca intendeva una hard Brexit senza agreement e con la possibile introduzione di dazi commerciali da entrambe le parti.

Già in data 28 aprile sotto l’emblematico titolo “La Germania assediata” avevamo citato  il seguente articolo dello Spiegel, organo di stampa da sempre europeista e quindi contrario alla Brexit, che riportava quanto segue:

“Non solo la stessa Gran Bretagna, ma anche l’economia tedesca pagherà conseguenze costose per la Brexit. Secondo uno studio attuale i costi saranno superiori ai 9 miliardi di Euro all’anno nel caso in cui il commercio con l’UK dopo l’uscita di quest’ultima dalla UE tornerà ad essere regolato secondo le regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO). Ciò significa dazi, barriere commerciali e tempi d’attesa al confine, che comporteranno appunto dei costi per le imprese. Questi costi sono stati calcolati dal consigliere per le aziende Oliver Wyaman e dalla società legale Clifford Chance.”

Come nell’intervista del capo economista della Deutsche Bank citata qualche riga sopra, la chiarezza espositiva non meriterebbe ulteriori commenti. L’eventualità di una hard Brexit, unita alle violente proteste in Francia contro il governo Macron che fino ad ora era stato il partner europeista più fedele della Merkel, potrebbe seriamente porre in pericolo l’intera architettura economica che tanti vantaggi ha portato alla Germania in special modo negli ultimi 10 anni. Senza dimenticare che la scorsa settimana i big boss delle maggiori case automobilistiche tedesche si sono recati alla Casa Bianca per tentare di convincere l’odiato Trump ad ammorbidire le misure protezionistiche da lui ideate contro l’export tedesco di milioni di Volkswagen e BMW verso gli Stati Uniti. Qualora Trump tiri dritto e l’UK si stacchi in maniera disordinata e senza un accordo, a quel punto la recessione economica all’interno della Germania sarebbe solo una delle numerose conseguenze, alcune delle quali imprevedibili, che il futuro governo tedesco dovrà affrontare. Ed abbiamo appena accennato alla gravissima crisi della Deutsche Bank, che rischia di far dimenticare il fallimento della banca americana Lehman Brothers. Ce ne occuperemo nelle prossime puntate, garantito.

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