Omaggio all’Anatolia

sinancapudanDa quello che posso evincere osservando le prime pagine dei maggiori quotidiani online, oggi è la Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne. Nel mio piccolo vorrei anch’io dare un contributo raccontandovi di un cruento fatto di cronaca avvenuto qualche giorno fa nella piccola cittadina di Hammeln, situata a sud ovest di Hannover nella Bassa Sassonia. Un cittadino tedesco a tutti gli effetti, nel senso che possiede regolare passaporto con l’aquila stilizzata e la scritta Deutschland, ma di origine curde ha pensato bene di picchiare la sua ex fidanzata, anch’essa cittadina tedesca di origine curde e di dieci anni più giovane di lui, in mezzo alla strada prima di legarle una corda intorno al collo, agganciare quest’ultima corda alla sua Volkswagen e sfrecciare a tutto gas per 250 metri circa con la povera ragazza trascinata dietro1. Per fortuna le grida di dolore e le esortazioni di aiuto della povera donna hanno attirato le attenzioni dei vicini di casa che subito sono accorsi per prestare soccorso. La ragazza della belva bipede, che nel frattempo era riuscita a scappare prima di essere comunque arrestata dalla Polizei, fortunatamente non è morta anche se ha subito delle ferite piuttosto gravi a causa del suo trascinamento sull’asfalto e relativo marciapiede.

Questo episodio di violenza maschilista o sessista, come ormai vengono ribattezzati tutti questi squallidi episodi, è solo la punta di un iceberg di sangue quotidiano che vede come protagonisti giovani e prestanti uomini musulmani che vivono, chi da pochi mesi chi da anni, nella democratica ed aperta Germania. In un articolo precedente avevo dato conto delle violenze che i profughi cristiani sono costretti a subire ogni giorno dai loro ‘colleghi’ islamici nelle strutture di accoglienza presenti in Germania, senza che le guardie e gli operatori intervengano (in non rari casi sono addirittura conviventi) e senza che i liberissimi media tedeschi diano alcun resoconto per il solito timore da conigli bagnati di cadere nel girone dantesco dei neo nazisti per non uscirne più. Tuttavia in un precedente articolo avevo specificato che non c’era purtroppo né il tempo né lo spazio necessari per raccontare di ulteriori forme di discriminazione da parte dei musulmani nei confronti di altre categorie a rischio, come per esempio i gay, le donne emancipate e chi in generale mette in discussione i dogmi contenuti nel Corano. L’”uomo”, in questo caso le virgolette sono doverose, in questione che ha tentato di uccidere la sua ex compagna e che da anni vive e lavora in Germania, in verità potrebbe molto bene giustificare la sua azione basandosi su ciò che prescrive il suo libro sacro. Con un minimo sforzo esegetico, anche i meno ferrati in materia potrebbero infatti rintracciare un principio d’alibi religioso nella seguente sura 4,34 del Corano:

E se voi temete che qualunque (si badi bene…non solo perciò la moglie ufficiale ma anche una qualsiasi donna incontrata per caso durante un Capodanno e che magari non desidera essere importunata) donna non vi obbedisca, allora ammonitela, ignoratela quando vi coricate con lei nel letto matrimoniale e picchiatela2!”

Questo episodio di cronaca nera che ha visto come protagonista un musulmano ufficialmente integrato tanto che era cittadino tedesco, dovrebbe mettere perlomeno la pulce nell’orecchio a tutte quelle ministre (ho detto forse Boldrini?) che da anni tessono le lodi del multiculturalismo e delle open society di stampo occidentale (qualcuno mi ha sentito per caso fare il nome di Soros?) senza rendersi conto, o forse se ne rendono conto molto bene, che fare entrare milioni di musulmani in età da riproduzione e da servizio militare nella sempre più vecchia ed impoverita Europa non farà altro che portare a gravi tensioni sociali nel breve termine. Peccato inoltre che in una giornata importante come quella di oggi nella quale si ricordano le violenze nei confronti delle donne, il gotha del politicamente corretto e dell’antifascismo (in assenza di fascismo) militante non abbia una polemica di dignità nel voler ricordare che in tutti i paesi musulmani la maggioranza della popolazione locale, compresa ahimè quella femminile, è a favore dei matrimoni riparatori in caso di stupro, dell’infibulazione femminile, dei matrimoni tra minorenni o tra minorenni carine e vecchi emiri pedofili, oltre che della morte per lapidazione nel caso in cui una ragazza sia stata beccata a letto con un uomo che non fosse suo marito. E’ veramente un peccato che i medesimi paladini dei diritti civili, che smaltite le lacrime telegeniche sono scesi subito in piazza prima dell’aperitivo per protestare contro la legittima elezione del sessista e fasssssista Trump, non trovino il coraggio di denunciare le violazioni dei diritti della donna che avvengono ogni minuto in tutti i paesi a maggioranza islamica nel mondo. E si badi bene che presto anche noi europei, e soprattutto i tronfi tedeschi, ci renderemo conto di che pasta sono fatti i migranti musulmani; spero di essere già migrato in Svizzera per poter assistere dalle cime alpine alla corrida intra – comunitaria.

Chiusa la doverosa parentesi salviniana, entriamo nel nucleo dell’articolo. Come già scritto sopra, l’episodio riportato è stato compiuto da un curdo emigrato in Germania il quale dopo diversi anni di residenza qui ha potuto, come era d’altronde suo diritto, ottenere l’agognata cittadinanza tedesca. Prima di veder rilasciato il passaporto tedesco, il nostro sicuramente ha dovuto richiedere un visto d’ingresso, in un secondo momento ha ottenuto un permesso di soggiorno probabilmente per motivi di lavoro oppure per ricongiungimenti familiari, e poi solo dopo diversi anni (almeno otto) di residenza regolare e continua, senza aver commesso reati penali rilevanti, è stato considerato dalla società e dalla legge sua espressione come cittadino tedesco con pari diritti e doveri rispetto a chi è nato e cresciuto qui. Questa è a grandi linee la procedura che tutti i migranti turchi, anche quelli della minoranza curda, e in generale extracomunitari che giungono in Germania devono sottoporsi per poter risiedere regolarmente qui e magari fare in seguito domanda di cittadinanza.

Ebbene come spero molti di voi lettori saprete, da diversi mesi a questa parte sono in atto dei negoziati tra il governo turco di Erdogan e la Commissione Europea capitanata dal lussemburghese Juncker, che in teoria dovrebbe rappresentare gli interessi di 500milioni di cittadini europei, sulla possibilità di concedere un libero ingresso e la possibilità di circolare senza controlli nella UE per qualunque cittadino turco che desideri arrivare qui. Come probabilmente anche voi saprete, questa possibilità non ha finora trovato alcuna applicazione dal momento che la Turchia non rispetterebbe i basilari diritti civili – questa famosa città civile per dirla à la De Andre – nei confronti delle minoranze politiche ed etniche che invece nella UE sono dei cardini fondamentali, almeno se ci affidiamo a quanto è riportato nei Trattati, e soprattutto poiché la questione dei profughi provenienti dalla guerra in Siria ha fatto breccia nel dibattito pubblico europeo. Senza entrare nel dettaglio, il Presidente turco Erdogan ha più volte minacciato di inondare la Grecia e la Bulgaria, i quali paesi fanno parte della UE, di centinaia di migliaia di profughi musulmani qualora non si fosse trovato un accordo sul regime di visti liberi per i cittadini turchi che desiderino entrare nella sempre più instabile Fortezza Europa. Questo ultimatum, dal chiaro valore di un minaccia mista a ricatto, è stato posticipato di volta in volta dal governo turco: nella situazione corrente Erdogan ha minacciato di voler aprire indiscriminatamente a tutti i profughi i confini con la UE qualora entro quest’anno non si giunga ad un accordo sui visti d’ingresso per i mamma li turchi. Inoltre faccio notare che tutti noi europei, rappresentati dalla Commissione, ci siamo impegnati a bonificare sui conti correnti dell’Anatolia Bank qualcosa come 6 miliardi di Euro per garantire ufficialmente alla Turchia la copertura finanziaria dei costi di gestione dei campi profughi presenti sul suo territorio.

Questa situazione di stallo ed incertezza, che dura oramai da almeno un anno, potrebbe tuttavia trovare una soluzione inaspettata, e di sicuro per noi non piacevole, a causa di un’incauta mozione del Parlamento Europeo approvata due giorni fa. Infatti l’emiciclo di Strasburgo, l’unico Parlamento al mondo che non dispone di una completa funzione legislativa come esamineremo a fondo tra un pò, ha approvato una risoluzione nella quale si richiede alla Commissione Europea di sospendere i negoziati di adesione della Turchia alla UE dopo che il Parlamento ha denunciato “l’adozione di misure repressive sproporzionate da parte del governo turco” a seguito del goffo golpe tentato da una parte dell’esercito e subito represso da Erdogan nel luglio di quest’anno3. Tra i vari punti della risoluzione si afferma testualmente che: “le misure repressive adottate dal governo turco nel quadro dello stato di emergenza sono sproporzionate, attentano ai diritti e alle libertà fondamentali sanciti nella Costituzione turca e minacciano i valori democratici dell’Unione Europea“. Dopo aver ricordato gli arresti di numerosi giudici e parlamentari dell’opposizione, oltre che il licenziamento di migliaia di dipendenti pubblici e di insegnanti, il testo ribadisce che “la (non ancora approvata ma probabile nda) reintroduzione della pena capitale da parte del governo turco dovrebbe comportare una sospensione formale del processo di adesione“.

Due considerazioni, una di carattere formale e l’altra di tipo politico, sono da porsi: in primo luogo la risoluzione a maggioranza di 479 membri del Parlamento Europeo non ha alcun valore vincolante e non determina seduta stante l’abbandono definitivo o la mera sospensione dei negoziati con il governo turco per l’ingresso della Turchia nella UE, ma si limita a consigliare alla Commissione Europea di procedere verso la direzione di sospendere i negoziati in attesa che venga ristabilita una situazione di maggior rispetto dei diritti fondamentali da parte del governo turco. Spetterà poi alla Commissione Europea decidere se sospendere o meno i negoziati con la Turchia. Infatti è bene che sia il lettore più disincantato sia i famosi sognatori europeisti del Manifesto di Ventotene siano consapevoli del fatto che il Parlamento Europeo è molto probabilmente un unicum nel panorama del mondo occidentale auto – proclamatosi democratico dal momento che esso altro non è che un’assemblea parlamentare che dispone sì di alcuni poteri consultivi e di controllo nei confronti del Consiglio Europeo e della Commissione, ma che tuttavia non è titolare alcuno di una funzione legislativa piena e quindi completamente operativa. Infatti il paragrafo 1 dell’articolo 14 del Trattato di Lisbona (per comodità d’ora in poi lo chiameremo con la sua sigla TUE), che ricordo essere stato ratificato in sede parlamentare italiana anche dalla Lega Nord in data balneare 8 agosto 2008, afferma testualmente che:

Il Parlamento Europeo esercita, CONGIUNTAMENTE (mio maiuscolo d’obbligo) al Consiglio, la funzione legislativa e la funzione di bilancio.”

Ciò significa che un atto del Parlamento Europeo non ha alcuna efficacia giuridica qualora non sia stato approvato anche dal Consiglio Europeo, il quale è un organo ufficiale dell’Unione Europea composto dai Primi Ministri dei paesi membri. Di solito il Consiglio Europeo delibera con una maggioranza qualificata e in alcuni casi tramite il principio dell’unanimità. Inoltre la funzione legislativa del Parlamento Europeo si rivela ancora più incompleta se si considera che, secondo il par. 2 dell’art. 17 TUE, il Parlamento non può deliberare in mancanza di una proposta della Commissione Europea. Anche nel caso della risoluzione sulla sospensione dei negoziati con il governo turco, la mozione approvata a maggioranza non ha perciò alcun valore giuridico dal momento che si tratta di una mera richiesta in tal senso indirizzata alla Commissione, la quale ha comunque il potere di prendere una decisione contraria a quella emersa dall’assemblea. Le affermazioni del Presidente Erdogan rilasciate subito dopo la risoluzione, secondo le qualiIl voto non ha per noi alcun valore, qualunque sia il risultato,” e che di sicuro avranno fatto balzare dalla poltrona qualche sincero democratico, sono quindi tecnicamente corrette proprio perché, non concedendo i Trattati istitutivi della UE una piena funzione legislativa al Parlamento Europeo, la decisione dell’assemblea non ha alcun valore giuridico ma rappresenta una mera raccomandazione di carattere politico, se vogliamo definirla così, che la Commissione può anche rifiutarsi di confermare senza incorrere in alcun tipo di sanzione.

La seconda considerazione da farsi è di carattere meramente politico: il voto espresso dalla maggioranza dei membri del Parlamento Europeo sulla sospensione dei negoziati non rispetta l’orientamento né dell’Alto rappresentante della politica estera e di sicurezza dell’UE, ossia la nostra Federica Mogherini, né tanto meno quello dei rappresentanti governativi dei maggiori paesi europei, i quali si sono sempre dimostrati contrari ad una sospensione dei negoziati d’adesione con Ankara. Pertanto la risoluzione assume un significato prettamente politico. La domanda da porsi a questo punto è la seguente: cui prodest? O detta altrimenti: in questo momento ha senso lanciare un segnale così ostile dal punto di vista politico alla Turchia di Erdogan? Sì e no. Mi spiego: che la Turchia non rispettasse i più basilari diritti civili per poter entrare nella UE è un segreto di Pulcinella chiaro anche a chi non ne mastica molto di politica internazionale. Fin da quando sono ufficialmente iniziati i negoziati d’adesione, nel 2005, la Turchia è stata (e lo è tuttora) un paese nel quale l’esercito ha un potere tale da poterne influenzare ed inquinare la vita democratica, contrastando o addirittura deponendo governi ostili al dogma laicista in vigore fin dai tempi di Ataturk. Inoltre la Turchia è stata un paese nel quale fino a pochi anni fa un giornalista o scrittore poteva andare in carcere anche solo per aver accennato al genocidio degli armeni, tuttora negato con vigore da qualsiasi governo turco andato al potere. La Turchia è un paese nel quale non da ieri vengono incarcerati giornalisti che svolgono inchieste pericolose, come quella che ha smascherato l’anno scorso il traffico di petrolio e denaro contante tra il governo di Erdogan e gli islamisti dell’Isis in Siria. Solo fino a qualche anno fa in Turchia i curdi non avevano alcun diritto di parlare la loro lingua in pubblico, un pò come gli slavi della Venezia Giulia ai tempi del Fascismo, ed appena sotto Erdogan (sembra paradossale ma è così) sono stati garantiti i primi canali televisivi in lingua curda ed una parvenza di bilinguismo.

Pertanto non è affatto una novità di questi mesi che la Turchia fosse un paese inadatto, per usare un generoso eufemismo, ad entrare nell’Unione Europea. Richiedere una sospensione dei negoziati per l’adesione avrebbe un senso solo qualora i nostri ottimi politici europei avessero un piano B in caso di logiche ritorsioni da parte del governo turco per la decisione presa. Ovviamente non c’è alcun piano B o C a quanto ne so. E difatti oggi stesso Erdogan ha minacciato per l’ennesima volta la UE di inondare la Grecia e la Bulgaria di centinaia di migliaia di profughi qualora la Commissione confermi l’orientamento emerso nel Parlamento Europeo e qualora non si raggiunga un accordo sul regime di visti liberi per i cittadini turchi che desiderino entrare in Europa4. Ciò significa che una condivisibile risoluzione, che di per sé avrebbe un senso anche vista e considerata l’incompatibilità della Turchia con i nostri tanto decantati valori di libertà e democrazia, può trasformarsi in un pericoloso boomerang se non è presente subito dopo una strategia comune per rispondere alle minacce turche di ‘invasione’ dei migranti. Se noi europei fossimo veramente una comunità di intenti, e non un mero circolo contrapposto di interessi economici, manderemmo subito delle pattuglie miste dei nostri eserciti al confine turco – greco o nel mar Egeo per dimostrare anche solo in maniera simbolica la nostra solidarietà nei confronti della Grecia, già martoriata anche a causa del cinismo contabile tedesco, e per dimostrare al vizir che non siamo disposti a farci minacciare così facilmente.

Questa soluzione è lungi dall’essere nemmeno sfiorata dalle menti illuminate dei nostri politici, lasciando così che un paese come la Grecia rischi di sprofondare nell’anarchia e fornendo ulteriore acqua al mulino dei populismi. Altro che solidarietà europea! Purtroppo il fratello musulmano in giacca e cravatta, come io da tempo l’ho ribattezzato, Erdogan ha gioco facile nel ricattare l’Unione Europea sempre più preda dei personalismi e delle divisioni nazionali. D’altra parte come dargli cinicamente torto? L’arma dei profughi in un momento come questo segnato da un diffuso sentimento di chiusura nei confronti dei migranti dettato anche dalla più grave crisi economica dal ’29 e da un fondamentalismo islamico in crescita oggettiva in tutto il mondo, è sempre efficace. Nel suo tentativo di convincere la Commissione ed il Consiglio Europeo a concedere una liberalizzazione pressoché completa dei visti d’ingresso turchi, Erdogan sa bene di giocarsi una buona parte della sua legittimità politica di fronte alla sua opinione pubblica. Il tentativo non velato è quello di garantire per i suoi cittadini una libertà totale di circolazione all’interno della UE senza però soggiacere ai per lui fastidiosi vincoli europei in tema di rispetto dei diritti umani. Finora il suo potere ricattatorio in tema di profughi non ha comunque sortito l’effetto sperato. Tuttavia come anche scritto in precedenza, Erdogan è riuscito ad ottenere 6 miliardi di Euro di fondi europei in cambio di un discreto controllo ai confini e del rimpatrio dei clandestini giunti in Grecia, il che non è poco. Il lettore dovrebbe inoltre tenere a mente come i rapporti internazionali tra la Turchia e le altre potenze abbiano conosciuto momenti di alta tensione che hanno avuto un chiaro riverbero anche sull’economia interna turca: per esempio, a seguito della sospensione (poi rientrata) dei rapporti diplomatici con la Russia di Putin dopo l’abbattimento di un jet russo operante in Siria da parte dell’aviazione turca l’anno scorso, l’import – export agroalimentare turco da e per la Russia ha conosciuto un crollo, senza considerare l’abbandono in massa dei ricchi turisti russi che da anni affollavano la Riviera sul mar Nero. Tutto ciò ha comportato gravi danni per le casse erariali turche, oltre che il congelamento di diversi progetti di gasdotti per la Russia, tanto che solo ultimamente i rapporti turco – russi si sono riappacificati anche per evitare il rispettivo isolamento nei confronti dell’Occidente.

Cosa voglio dire con questo? Voglio dire che in caso desideri operare una sorta di ritorsione verso l’Europa, Erdogan non può in alcun modo giocare la carta dell’embargo economico visto e considerato il calo delle entrate dovuto alla crisi diplomatica con la Russia, che solo ora si sta tentando di ricomporre. Inoltre la lira turca sta subendo da mesi un processo di svalutazione a due cifre, fattore che di sicuro non gli consente ampi margini di manovra in questo senso. Detto ciò, la carta dell’invasione dei profughi in Grecia e Bulgaria è ancora del tutto spendibile anche e soprattutto in termini di immaginario collettivo per il ceto medio europeo impoverito oltre che per le elitè europeiste sempre più preoccupate per la crescita dei movimenti populisti. Tanto per cambiare, il ruolo della Germania di Merkel assume un ruolo fondamentale nello scacchiere europeo. Quei pochi che mi leggono sanno bene che da marzo almeno mi occupo di riportare qualunque episodio pubblico che testimoni il lento ma inesorabile deterioramento dei rapporti diplomatici tra Berlino ed Ankara.

Siamo passati dalla rabbia di Erdogan nei confronti dell’approvazione da parte del Reichstag in maggio del riconoscimento del genocidio armeno, tanto che la Cancelliera Merkel ed il Ministro degli Esteri socialista Steinmeier non hanno avuto nemmeno il coraggio di presentarsi in Parlamento per assistere all’approvazione della mozione. Quest’estate è avvenuto poi un fatto interessante: durante un’interrogazione parlamentare della Linke il governo tedesco ha ammesso pubblicamente ciò che da mesi è noto a chi legge certi siti e blog di vera informazione, ossia che il governo turco è uno dei maggiori finanziatori di gruppi fondamentalisti e terroristici islamici in Medio Oriente. Anche in tal caso il governo turco schiumava letteralmente di rabbia e non penso che nemmeno a Washington abbiano presa bene quell’improvvida uscita nei confronti dell’alleato NATO turco. Più recentemente l’attuale ministro degli Esteri Steinmeir è stato umiliato dal suo omologo turco durante una conferenza stampa ad Ankara, nella quale quest’ultimo di fronte a decine di giornalisti turchi ed esteri ha dichiarato di essersi stancato dell’arroganza e delle continue interferenze tedesche nella politica interna turca. Steinmeier ha bofonchiato qualcosa ma poi ha dovuto andare a Canossa dichiarando che i combattenti curdi sono dei terroristi esattamente come i tagliagole fondamentalisti dell’Isis che gli stessi curdi hanno sempre combattuto sul terreno. Questo grave attacco del Ministro degli Esteri turco nei confronti del suo collega tedesco potrebbe essere interpretato da un osservatore più attento anche come un’indebita interferenza nei confronti del dibattito politico in Germania poiché lo stesso Steinmeir viene visto da molti come il candidato più probabile per accedere alla Presidenza della Repubblica; attaccarlo in una maniera così vistosa potrebbe essere anche un modo per screditare la sua candidatura e lanciare un messaggio indiretto alla Merkel, che si appresta a candidarsi per la sua quarta volta al governo, a scegliere bene i suoi candidati in un’ottica di maggiore collaborazione futura con la Turchia. L’attacco diretto nei confronti del Ministro degli Esteri tedesco sarebbe stato comunque prevedibile se non altro in seguito alle dichiarazioni pubbliche di diversi esponenti del governo Merkel nei confronti della possibilità di ospitare all’interno del territorio tedesco politici e dissidenti curdi in cerca di asilo politico dalla repressione di Erdogan.

Questa continua escalation nei rapporti tra la Germania e la Turchia non aiuta di certo né a rasserenare gli animi né a trovare un accordo condiviso in tema di regime dei visti. L’aspetto che complica ulteriormente le cose è la presenza di 3 milioni tra turchi e cittadini tedeschi di origine turca all’interno della Germania, i quali si sono schierati a maggioranza a favore della recente svolta autoritaria di Erdogan. In Italia di sicuro, e direi anche giustamente, non se n’è parlato ma nei giorni successivi alla repressione del bizzarro golpe militare di quest’estate centinaia di migliaia di turchi sono scesi in piazza nelle maggiori città tedesche per difendere il loro amato Presidente. Solamente a Colonia, città ricordiamolo teatro delle violenze sessuali di massa ad opera di profughi musulmani durante l’ultimo Capodanno, 50mila turchi hanno dimostrato in un mare di bandiere rosse e mezzelune bianche il loro appoggio per l’operato di Erdogan. Di conseguenza la Merkel ha un’altra gatta da pelare in vista della sua quarta elezione visto che a tirare troppo la corda in fatto di condanne della repressione interna in Turchia, qualche rischio lo si corre. Altrimenti non si spiegherebbe nemmeno la sua assenza in Parlamento al momento dell’approvazione della mozione che riconosceva il genocidio armeno avvenuto ad opera dei Giovani Turchi il secolo scorso, assenza giustificata per non irritare ulteriormente Erdogan, oppure la volontà espressa più volte dal governo tedesco di non sospendere ufficialmente i negoziati di adesione della Turchia nella UE. Come dimenticare poi il via libera dato dalla Merkel al processo contro il comico satirico Boehmermann, reo di aver letto in diretta tv una poesia satirica ritenuta offensiva da Erdogan il quale ha pensato bene di denunciarlo5; non mi risulta che gli attivisti dei diritti umani in Germania siano insorti come un sol uomo per difendere la libertà d’espressione minacciata dal nostro partner NATO. In tal caso ha prevalso la real politik come ai bei e democratici tempi dell’Otto che furono. A complicare ulteriormente le cose ci si mette anche la nutrita comunità curda presente in Germania e che negli ultimi tempi, tra bandiere del PKK e di Ocalan, è scesa anch’essa in piazza a dimostrare che i curdi sono vivi e lottano insieme a noi. Segnalo che una simile manifestazione si è tenuta anche a Berlino qualche settimana fa nel quartiere turco di Kreuzberg, per essere esatti a Kottbusser Tor; non penso che ad Ankara l’abbiano presa bene.

E’ una strada molto ardua da percorrere se si vuole evitare un ulteriore slittamento a destra dell’opinione pubblica tedesca a causa dell’ormai inflazionato tema dei profughi; la politica ufficiale è ora quella di limitare il flusso clandestino di migranti e di gestire nella maniera più discreta possibile i numerosi ricongiungimenti familiari che si verificheranno nei prossimi mesi. A tal fine una cancellazione unilaterale turca dell’accordo europeo in fatto di controllo dei confini non farebbe di sicuro piacere ad Angela, la quale è ben consapevole che le scene di giubilo nelle stazioni ferroviarie nei confronti dei nuovi arrivati sono un bel ricordo del passato e che pertanto qualcosa bisogna pur concedere al partner turco se si vuole evitare un’emorragia di voti verso l’AFD. Se concedere qualcosa significa anche chiudere un occhio nei confronti della repressione interna in Turchia, è ancora presto per dirlo e onestamente non ci deve interessare più di tanto. Quello che ci riguarda in questo contesto è tentare di capire come e quanta influenza possano avere le precarie relazioni con il governo turco sulla campagna elettorale per le elezioni del prossimo anno. Quello che in ogni caso possiamo affermare con certezza è che la Cancelliera Merkel preferirebbe evitare che si avveri quanto dichiarato da Erdogan il 3 novembre durante una manifestazione pubblica ad Ankara. Oltre ad affermare come la Germania fosse un importante porto per il terrorismo (non ha voluto specificare quale), ebbe a minacciare indirettamente come “la piaga del terrorismo potesse ritorcersi come un boomerang contro la Germania stessa6”. Speriamo che non porti sfortuna com’era già successo nel caso degli attacchi a Bruxelles in marzo, quando 13 giorni prima delle bombe lo stesso Erdogan aveva dichiarato come i serpenti che dormono in Europa potessero svegliarsi e mordere in qualsiasi momento anche in città come (guarda caso) Bruxelles. Guarda caso sempre il 3 novembre il Ministro degli Esteri turco Çavuşoğlu aveva minacciato, tanto per cambiare, la fine dell’accordo sul controllo dei flussi di profughi verso l’Europa7. Come spiegato mille volte in altri articoli, un eventuale attacco terroristico in Germania potrebbe segnare inesorabile la fine della carriera politica della Signora Kasner, travolta da una rabbia a quel punto oramai irrefrenabile di una vasta parte della popolazione che considererebbe indirettamente la sua politica di accoglienza come una delle cause scatenanti gli attacchi, mentre la Turchia potrebbe in maniera inaspettata rovesciare la scacchiera dal tavolo dichiarandosi esperta nella gestione del terrorismo islamico oltre che l’unico attore politico capace, in cambio si intende della liberalizzazione dei visti per i concittadini turchi, di blindare le frontiere europee dai profughi e dalle conseguenti infiltrazioni terroristiche. Non sarebbe affatto da escludere che un’opinione pubblica europea terrorizzata possa considerare tale compromesso, inaccettabile fino a qualche giorno prima, come una pillola amara da ingoiare per evitare guai peggiori.

Se ritenete, com’è del tutto legittimo, che quest’ultima mia conclusione l’abbia fatta fuori dal vaso, allora sappiate che nell’ultimo mese si sono verificati almeno tre tentativi, almeno stando a quello che ci hanno comunicato ufficialmente tramite media mainstream le forze dell’ordine tedesche, da parte di altrettanti profughi siriani di compiere degli attentati sul suolo tedesco. Un mese fa, e questo episodio di sicuro ve lo ricorderete, un profugo siriano era stato fermato da tre suoi compagni, subito ribattezzati in maniera frettolosa dalla stampa come degli eroi, prima che potesse farsi esplodere in un imprecisato aeroporto a Berlino; lo stesso aspirante terrorista sarebbe poi stato ritrovato impiccato suicida nella sua cella all’interno del carcere di Lipsia ma questa è un’altra storia. Il 2 novembre, stando a quanto è stato riportato dal Frankfurter Allgemeine8, un altro profugo siriano di 27 anni è stato arrestato nel quartiere berlinese di Schöneberg sempre con l’accusa di stare pianificando un attacco kamikaze. Infine stando ad un certo Spiegel9, qualche giorno fa un altro Flüchtling siriano è stato fermato dalla polizia vicino al confine danese con l’accusa di voler andare in Danimarca per procurarsi materiale esplosivo non si sa bene presso chi. Magari saranno state tutte esagerazioni per spaventarci ancora di più; quel che è certo è che nei tempi interessanti che stiamo vivendo, la fantapolitica ed il genere distopico saranno più attuali che mai.

1http://www.spiegel.de/panorama/justiz/hameln-mann-soll-seine-ex-frau-mit-dem-auto-ueber-a-1122356.html

2https://www.compact-online.de/multi-kulti-deutschtuerke-schleift-angeseilte-frau-mit-auto-durch-hameln/

3http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11/24/parlamento-ue-approva-risoluzione-per-sospendere-i-negoziati-con-la-turchia/3214544/

4http://www.zeit.de/politik/ausland/2016-11/fluechtlinge-tuerkei-abkommen-eu-visafreiheit-drohungen

5http://www.repubblica.it/esteri/2016/04/15/news/merkel_processo_comico_erdogan-137696810/

6http://www.zeit.de/politik/ausland/2016-11/recep-tayyip-erdogan-deutschland-terrorismus

7http://www.zeit.de/politik/ausland/2016-11/fluechtlinge-tuerkei-abkommen-eu-visafreiheit-drohungen

8http://www.faz.net/aktuell/politik/inland/terrorverdaechtiger-syrer-in-berlin-festgenommen-14509992.html

9http://www.spiegel.de/politik/ausland/syrischer-fluechtling-an-der-grenze-zu-daenemark-festgenommen-a-1122983.html

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