Off-topic (ma non troppo) – La mia generazione non è mai scesa in campo

Vogliate scusarmi se mi permetto di scrivere questo articolo off-topic che poco o nulla ha a che vedere col mio obiettivo principale di studiare la Germania nelle sue numerose sfaccettature. Lo spunto mi è venuto da una conversazione con il mio amico (forse da quella sera non più tale) Marco intercorsa in un bar lo scorso venerdì sera. Tutto era nato da un suo intervento sul particolare rapporto tra il poeta e filosofo Sartre e la sua compagna Simone de Beauvoir. Sebbene i due intellettuali si amassero molto, non disdegnavano di frequentare ed intessere storie con altri uomini e donne. Il mio amico Marco propugnava l’idea che un simile rapporto sarebbe l’ideale e che una libera frequentazione con altre persone non pregiudicherebbe un rapporto di coppia basato sull’amore ed il rispetto a patto che le condizioni siano chiare. Su tale specifico punto io avevo ribattuto che, sì certamente, sarebbe bello avere un rapporto con una donna o uomo e al tempo stesso avere la libertà di amare altre persone alla luce del sole e senza nascondersi. Tuttavia a quanto mi risulta, Sartre e la sua compagna non avevano figli il che cambia in maniera non indifferente il termine della questione; ho inoltre affermato che tra due persone consenzienti valgono tutti i patti che si vuole ma quando c’è un bambino di mezzo, che non ha la libertà di decidere per sé stesso, allora tutta questa tanto decantata libertà andrebbe perlomeno riconsiderata per non danneggiare la psiche del minore. Ma non è di Sartre che vi voglio parlare bensì della discussione che ne è nata e da cui vorrei partire per esporre il mio tema. Lo spunto per il titolo dell’articolo è stato preso dallo struggente album dell’indimenticabile Giorgio Gaber “La mia generazione ha perso”, che vi consiglio di ascoltare se avete qualche minuto di tempo libero.

Ad ogni modo, a dire il vero non so neanch’io bene il perché, avevo esposto l’osservazione per cui i nostri genitori e in generale la generazione precedente erano sicuramente più meritevoli di stima rispetto alla nostra. Questo perché, sebbene non disponessero di tutti i mirabolanti dispositivi tecnologici di cui oggigiorno sembra che nessuno possa fare a meno, avevano una maggiore predisposizione a mettersi in gioco e a costruire qualcosa per il futuro. Io ho 28 anni, ok? Alla mia età i miei genitori erano già sposati ed avevano messo al mondo il sottoscritto, con i nefasti risultati per il genere umano che sono sotto gli occhi di tutti (sono ironico of course). Essi non avevano Internet, Facebook, Whatsapp, Twitter, Instagram e gli smartphone di ultima generazione che ora sembrano necessari altrimenti si è out, ma ciò nonostante se la sono sempre cavata e soprattutto non erano disposti a cedere i loro diritti sociali che con tanta fatica i loro genitori a loro volta si erano conquistati, a costo spesso della loro vita. E non venitemi a dire che la situazione economica era più agevole rispetto ad ora. Tra gli anni ’70 e ’80 era sicuramente più facile trovare un’occupazione: i miei genitori forse facevano parte di quell’ultima generazione che poteva permettersi il lusso di licenziarsi da un giorno all’altro da un lavoro che a loro non piaceva perché avevano la certezza che entro qualche settimana ne avrebbero trovato subito un altro. Inoltre quelle poche persone (in questo l’Italia non è cambiata granché) che avevano un titolo di laurea, avevano la certezza di trovare un’occupazione ben più che dignitosa. Comunque sia, gli stipendi medi non erano sicuramente da Paperon De Paperoni e problematiche di tipo economico, come l’inflazione a due cifre e la politica di austerity nei consumi, di sicuro non mancavano. Tuttavia, secondo il mio punto di vista che ho avuto modo di spiattellare di fronte al mio amico Marco, le condizioni economiche sono sì determinanti ma non sono le uniche a spiegare i motivi della decadenza di questa mia generazione di cui sempre più spesso mi vergogno di fare parte.

Nell’Occidente ricco ed edonista noi giovani oramai non ci impegniamo in niente che non sia andare a bere o a drogarsi nei party, senza considerare l’appetitoso contorno di altri eccessi. So già che mi direte che la mia è un’affermazione troppo generalista e che ci sono ovviamente giovani che si impegnano, che si interessano di politica, bla bla bla…Ragazzi mi dispiace ma le brave persone ci sono dappertutto; anche tra le SS ci sarà stato qualcuno con una coscienza e fermi principi morali. Il problema è un altro: la nostra è la prima generazione a cui è stato tolto tutto o quasi. La certezza di un posto di lavoro fisso oramai è una chimera del secolo scorso; chi ha meno di 30 anni e ne parla viene minacciato di subire un trattamento sanitario obbligatorio. Quelle sempre più poche persone che hanno il privilegio (a questo siamo arrivati oramai!) di avere un lavoro, hanno delle paghe che consentono loro a malapena di arrivare a fine mese e subiscono orari di lavoro sempre più disumani, con straordinari regolarmente richiesti o addirittura auto-imposti senza nemmeno attendere le direttive dall’alto. Il tutto è portato avanti da 30 anni con l’unica idea di fare profitti a tutti costi. E come reagiamo noi giovani del terzo millennio di fronte a questo scempio che ci fa tornare indietro di 100 anni? Ma che domande: utilizziamo il nostro poco tempo libero che i lor signori ci lasciano per farci i selfie nei party dove si beve fino a collassare o dove i colletti bianchi tirano coca nei bagni. Oppure postiamo cagate in quel verminaio chiamato Facebook. Senza considerare il tempo perso a smanettarci con gli smartphone mentre nel frattempo la vita ci scorre davanti senza che noi ce ne rendiamo conto. A me dispiace dirlo, e qua dovete credermi quando un principio di lacrima mi sgorga dal viso, ma la nostra generazione oramai è liquefatta, senza energie vitali, completamente lobotomizzata dai pseudo-valori consumistici. Ma c’è un altro aspetto che ho sollevato con Marco e che ha causato la sua reazione rabbiosa: la mia tesi è che la nostra generazione non fa più figli e quindi non investe più nel futuro non tanto perché non ce lo possiamo più permettere economicamente ma perché siamo troppo egoisti ed immaturi.

Io conosco decine di uomini o di ragazzi (secondo il canovaccio mediatico si è ragazzi fino ai 40 anni) che, nonostante stiano bene economicamente, decidono di non impegnarsi in niente di serio per il semplice fatto che sono degli eterni Peter Pan. Ma d’altra parte come biasimarli? La società odierna è tutta una lode del giovanilisimo a tutti i costi: per poter essere moderni e quindi non tacciati dell’infamante accusa di essere dei conservatori o peggio ancora dei moralisti, bisogna vivere alla giornata, bere almeno tre birre e fumarsi una canna, provarci con ragazze (o ragazzi si intende) giovani e disinibite, scrivere i propri aborti mentali in massimo 140 caratteri su Twitter altrimenti si è noiosi, postare su Facebook le foto dell’ultima vacanza a Cortina per poi qualche secondo dopo condividere un articolo di Repubblica che difende i profughi. Questo eterno giovanilismo implica un eterno rifiuto delle proprie responsabilità verso noi stessi prima ancora che verso le future povere generazioni, che se io spero avranno conservato almeno un minimo di coscienza, ci odieranno giustamente a morte. Il mio intervento a caldo di quella sera era nato proprio dal vedere come ci siamo ridotti noi giovani rispetto alle generazioni precedenti: nonostante i nostri predecessori avessero conosciuto la guerra e la povertà, avevano comunque desiderio di metter su famiglia e di offrire un futuro migliore ai loro figli. E noi non siamo nemmeno in grado di sopravvivere se la connessione Internet si guasta o se il nostro smartphone di ultima generazione non funziona più. Probabilmente sono uno dei pochi a pensarla così ma quando vedo che di fronte al continuo furto di diritti che viene operato da chi ha veramente le chiavi del potere in mano non c’è alcuna reazione degna di nota, beh allora penso proprio che in fondo questo schifo ce lo stiamo meritando.

E dovete anche credermi quando vi dico ciò dal momento che è da 3 anni che ci vivo con questi giovani del terzo millennio. Non parlo perciò per sentito dire o per facili generalizzazioni ma proprio perché con queste persone ho condiviso, e continuo a condividere, spazi fisici quotidiani. Infatti da quando mi sono trasferito nella capitale del Quarto Reich, ho sempre vissuto in appartamenti condivisi con giovani tedeschi. A parte una breve ma scioccante esperienza di un mese con una vecchia lesbica e psicopatica che tra le varie cose non voleva che avessi la pretesa di cucinare alle 22.00 di sera dopo una giornata di lavoro a tempo pieno e 3 ore di corso quotidiano di tedesco, ho sempre vissuto con giovani sui 30 – 35 anni. Da quello che ho notato TUTTI e quando dico tutti dovete credermi, erano (e sono) personaggi anti-sociali. Il leit motiv delle loro giornate era quello di riempire il loro tempo vuoto da disoccupati sul divano a guardare serie tv su Internet o ascoltare musica oppure smanettare coi loro smartphone per cercare una fugace avventura sulle applicazioni di dating online che ora vanno per la maggiore. Di uscire con degli amici o semplicemente provare a mettere la testa, ed il culo soprattutto, fuori di casa per vedere com’era il mondo non se ne parlava neppure. L’unico divertimento che questi simpaticoni della razza eletta tedesca, che non dimentichiamolo dopo due tentativi falliti ora finalmente possono dominare sugli altri popoli d’Europa, era quello di invitare gli amici del cuore a fumare canne e a bere fino a distruggersi. Cercarsi un lavoro? Ma perché diavolo dovrebbero? In fondo questi parassiti TEDESCHI hanno il potere di spostare milioni di voti; vi immaginate se da un giorno all’altro un qualsiasi governo in Germania decidesse di togliere loro i sussidi? Accadrebbe che i partiti che si arrischierebbero a fare ciò perderebbero milioni di consensi e verrebbero puniti alle urne. Se ci pensate bene, la stessa cosa accade da decenni nel Sud Italia con l’unica differenza che qui da noi questo viene chiamato assistenzialismo e clientelismo, mentre in Germania lo spacciano per Welfare State. Io sempre più spesso mi chiedo inquieto cosa avranno da offrire questi zombie alle future generazioni, ma quando pongo queste domande alla futura classe dirigente tra cui Marco, la risposta che ricevo è che sono una persona all’antica, fuori moda e che ragiono come quelli che vanno al Family Day o che votano Lega. Probabilmente tra un po’, oltre a leggere articoli che vadano oltre i 140 caratteri, anche avere un pensiero autonomo sarà considerato old-fashioned.

Tuttavia da questo sfogo spontaneo vorrei, se possibile, tentare di esporre una mia breve analisi su quelle che, sempre secondo il mio limitato punto di vista, sono le cause della decadenza odierna. Dopo aver tanto riflettuto, sono giunto alla conclusione che in fondo le cause che possono spiegare essenzialmente questa deriva sono le seguenti:

  • Società dell’apparenza

  • Culto dell’individualismo

  • Atomizzazione della società

Sul primo punto ritengo che non sia necessario aggiungere molti dettagli. Chiunque in Occidente abbia ancora un minimo di coscienza, si sarà reso conto (o almeno lo spero) che il metro di giudizio per giudicare le persone non è la loro qualità morale o quello che effettivamente sanno fare bensì la loro apparenza esteriore. Questo triste fenomeno ormai domina le nostre vite: se non sei su Facebook semplicemente non esisti, se non sintetizzi i tuoi pensieri, anzi cinguettii, su Twitter non sarai mai popolare e quindi interessante. A dire il vero il fenomeno dell’apparenza da diversi anni domina la nostra società, ben prima dell’avvento dei cosiddetti social network. E bisogna anche avere l’onestà di ammettere che noi italiani siamo sempre stati al primo posto per l’importanza che diamo ai vestiti e all’apparenza esteriore dell’interlocutore. Mi ricordo che già quando andavo al liceo, venivo spesso preso di mira per il semplice fatto che avevo l’abitudine di indossare un’austera tuta sportiva durante le lezioni mentre gli altri pecoroni sembravano appena usciti da una catena di montaggio: scarpe di ginnastica firmate, jeans tutti uguali e pulloverino da yuppies li facevano sembrare dei perfetti polli da allevamento pronti ad essere spennati da lì a qualche anno nel mirabile mondo del lavoro. Non oso nemmeno immaginare cosa siano diventate ora le scuole. Il culto dell’apparenza trova un ambiente perfetto in quella vetrina virtuale dal nome di Facebook: se ci fate caso, la stragrande maggioranza delle foto che gli utenti postano, raffigurano gente sempre sorridente, solare, senza pensieri e che ovviamente si fa ritrarre in posti mozzafiato. Tutto questo è un’illusione, o perlomeno una parte minima di realtà, che non fa che aumentare la frustrazione e l’invidia di te povero coglione costretto a sgobbare per 1000 Euro al mese e che da 3 anni non ti concedi una vacanza a Londra o alle Canarie perché non te lo puoi permettere.

Ma andiamo avanti con gli altri due punti che ritengo meritevoli di attenzione. Il vero punto di non ritorno è il culto dell’individuo e la conseguente atomizzazione della società in tanti piccoli self-made men disposti a passare sulla schiena degli altri per raggiungere i loro obiettivi. Questa ideologia è stata importata dalla patria dell’individualismo per eccellenza, ossia gli Stati Uniti d’America. L’ideologia è tanto semplice quanto illusoria: non importa da dove vieni, se sei ricco o povero, bianco o nero, colto o ignorante: se ti armi di forza di volontà e determinazione, riuscirai a raggiungere qualsiasi obiettivo che ti sei prefisso. Questa ideologia di stampo yankee domina anch’essa le menti di milioni di giovani in Europa, che sono tutti convinti di diventare dei piccoli Steve Jobs o Mark Zuckenberg, senza considerare che i casi di quest’ultimi sono isolati e che nella maggior parte dei casi negli Stati Uniti, così come nella ricca e civilissima Europa, chi nasce povero difficilmente riuscirà ad operare la mitica scalata sociale. Inoltre in tutto l’Occidente, Germania inclusa, la forbice tra i ricchissimi e i morti di fame, tra cui il sottoscritto e tu che mi stai leggendo, si sta allargando sempre di più. Da questo individualismo trovano foraggiamento le seguenti carinerie: competizione sfrenata fin dalle più tenere età, arrivismo sociale impregnato di leccaculismo mega-aziendale alla Fantozzi, mancanza di solidarietà tra colleghi e via discorrendo. Anche in questo caso posso ben dire di aver visto con i miei occhi questa triste involuzione della società: per un anno ho lavorato in un call-center sempre qui a Berlino e la cosa che mi ha più colpito, a parte l’alienazione dei lavoratori e la tendenza da parte dei mega direttori galattici a considerarci dei meri numeri contabili, è stata la concorrenza all’ultimo sangue dei miei colleghi ITALIANI che erano pronti a sbranarsi l’uno con l’altro solamente per 100 euro (lordi) in busta paga in più a fine mese oppure perché attratti dalla promessa, che puntualmente non si realizzava mai, di diventare team-coordinator. Dio mio, se ci vedesse Marx…

Ma il vero snodo sociale che ha permesso ai padroni (chiamamoli col loro nome!) di distruggere i nostri diritti tra gli applausi, è la cosiddetta atomizzazione della società. Ciò significa che ogni unione di persone che può essere un sindacato, un partito politico, la classica parrocchia del quartiere, un gruppo di pressione, ma anche la famiglia o semplicemente un insieme di persone incazzate che si coagulano per protestare, viene avversato anche dal punto di visto mediatico. In ciò, a mio modesto parere, si situa la crisi della famiglia tradizionale: se la società mi ripete a tamburo battente che io come individuo basto a me stesso e che bisogna godersi la vita giorno per giorno, ma per che diavolo dovrei mettermi in discussione e tentare di costruire qualcosa per la collettività? Ma è molto meglio pensare a sé stessi e lavorare duro per raggiungere i miei obiettivi! In fondo se ce l’hanno fatta Steve Jobs e Mark Zuckenberg, perché non ce la dovrei fare anch’io…Atomizzare la società significa illudere gli individui con aspettative irrealizzabili, far loro credere che tutto ciò che è pubblico è conservatore e quindi inefficiente ed isolarli tra di loro, magari alimentando ad arte odi e rivalità politico-religiose montate ad arte da chi tesse i fili del potere. In fondo non sto dicendo niente di nuovo: si tratta sempre del solito divide et impera di romana memoria.

Per tornare alla conversazione col mio amico (o ex) Marco, concludo dicendo che, dopo aver esposto tale idee sulla mancanza di responsabilità da parte di noi giovani (mi sono in mezzo pure io), ho aggiunto che il rifiuto di fare figli, di costruire una famiglia ma in generale di costruire qualcosa per la società, andando oltre i facili egoismi, ha prodotto come conseguenza necessaria l’importazione di masse di immigrati che giungono nella ricca (ma ancora per quanto?) Europa non grazie a qualche scatto di generosità della Merkel e degli altri governanti, ma per il semplice fatto, e qui non occorre essere laureati in Economia per capirlo, che un invecchiamento della popolazione non seguito da un alto tasso di natalità potrebbe condurre teoricamente allo sfascio del sistema previdenziale dei singoli stati europei. Secondo numerose statistiche di fonte tedesca (link: http://www.bpb.de/nachschlagen/zahlen-und-fakten/soziale-situation-in-deutschland/61541/altersstruktur) entro il 2050 la popolazione over 65 ammonterà ad oltre 1/3 della popolazione totale. Chi pensate che pagherà col loro lavoro di schiavi moderni le pensioni ai vecchi tedeschi? Lascio al lettore immaginarsi la risposta: un piccolo aiutino da parte mia è che non saranno di sicuro Johannes ed altri parassiti TEDESCHI a farlo…

Abbiamo poi ferocemente discusso sull’opportunità di accogliere i cosiddetti profughi siriani, che spesso altro non sono che ragazzotti di 20 anni che vengono fin qui perché sanno che prenderanno un sussidio mensile senza che si chieda loro nulla in cambio, in un periodo come questo nel quale il radicalismo islamico è in crescita oggettiva in tutto il Medio Oriente e in Nord Africa. La risposta di Marco è stata che anche loro hanno diritto ad una vita migliore, affermazione condivisibile nella sua banalità anche se mi sono permesso di aggiungere che il sottoscritto, cittadino europeo facente parte della civilissima Unione Europea e parlante tedesco, avevo diritto a percepire tale sussidio solamente per 6 mesi. Da quanto mi risulta, a questi profughi musulmani non è concesso un limite temporale nella percezione dei soldi del contribuente tedesco, senza considerare che il sussidio aumenta se si portano i famigliari appresso. Non ve l’aspettavate, vero? Noi cittadini europei non tedeschi, i cui nostri nonni hanno combattuto per creare questa tanto decantata Unione Europea, abbiamo meno diritti rispetto al primo profugo levantino che qui mette piede. Anche qui lascio all’intelligenza dei lettori giudicare…

Per quanto riguarda il discorso sul paragone tra la nostra generazione e quella dei nostri padri e nonni, anche qui i giudizi sono stati discordanti tanto che sono stato tacciato di essere “uno del Family Day”, “uno che vota Salvini”, oltre all’immancabile “moralista” soltanto per aver osato dire che fare un figlio è un atto di coraggio oltre che di generosità, mentre il romano interlocutore asseriva trattarsi di puro egoismo. Ma gli animi si sono fatti incandescenti quando il sottoscritto, ateo convinto nonché fresco sbattezzato dalla Chiesa Romana Cattolica Apostolica, ha difeso nientepopodimeno che Madre Teresa di Calcutta dalle accuse di malversazione che a lei sono state rivolte nel corso degli anni, aggiungendo che bisogna avere l’onestà intellettuale di ammettere che molti cristiani sono stati spesso gli unici a prendersi cura degli ultimi e dei diseredati, cosa che i giovani “alternativi e progressisti”, che così numerosi infestano Berlino, non oserebbero nemmeno immaginare dal momento che, in fondo è risaputo, una foto con un lebbroso o con un bambino negro infestato dalle larve dei vermi potrebbe essere segnalato come “elemento inopportuno” su Instagram e Facebook. Un ateo mangiapreti che difende i cristiani…significa che c’è qualcosa di estremamente sbagliato in questo mondo. E’ meglio che non riporti le reazioni di Marco alle mie esternazioni.

Ma ciò che ha mandato veramente in bestia il nuovo paladino dei diritti civili è stata la mia dichiarazione sulla differenza che secondo me intercorre tra il messaggio cristiano e quello islamico. Infatti se nel Nuovo Testamento non si ritrovano riferimenti in cui Gesù esorta gli adepti a convertire con la violenza gli infedeli o ad uccidere nel nome di Dio, nel Corano vi sono non pochi passi in cui il profeta Maometto dice esplicitamente che è lecito uccidere gli infedeli in nome di Allah. Sicuramente nel corso dei secoli i cristiani hanno commesso crimini orrendi contro chi non era come loro: basti pensare alle Crociate, al rogo degli eretici e alla conversione forzosa degli indios per citarne un paio. Tuttavia ritengo che tutte quelle persone che si sono definite cristiane per puro opportunismo o brama di potere non abbiano mai neppure tentato di applicare il messaggio originale di Cristo, basato sull’amore e l’umana pietà per il prossimo. Inoltre il Cristianesimo, seppur con molta fatica e numerose retromarce e false partenze, ha dovuto subire un processo di ammodernamento tanto che in Occidente anche gli stati a fronte impronta cattolica, come l’Italia e la Polonia, o semplicemente religiosa, come gli stessi Stati Uniti, sono (seppur) ufficialmente laici. Dall’altra parte i gruppi radicali islamici che oramai sono in crescita un po’ dappertutto, basano a giustificazione morale delle loro nefandezze interi passi (dette anche Sure) del Corano in cui viene scritto a chiare lettere che è giusto dichiarare guerra agli infedeli in nome di Allah. Inoltre processi di Illuminismo o di modernizzazione all’interno dell’Islam hanno sempre fallito; ci aveva provato con un certo successo il padre dei Turchi Ataturk ed ora vediamo com’è ridotta la Turchia odierna governata dal neo-sultano islamista Erdogan. Ma la vera goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato quando ho esclamato, ironico e beffardo, che ci potremo aggiornare al prossimo attentato islamico. A quell’esclamazione provocatoria Marco si è offeso e ha pensato bene di abbandonarmi da solo in tale bar, lasciandomi più divertito che offeso a dire il vero. Il giorno dopo un kamikaze talebano si è fatto esplodere in un parco giochi a Lahore in Pakistan uccidendo 70 cristiani, in maggioranza donne e bambini che lì erano accorsi numerosi per festeggiare la Pasqua. Tuttavia ho preferito non scrivergli. In fondo anche le suore teresiane erano famose per farsi esplodere tra i lebbrosi musulmani…

Probabilmente, senza nemmeno accorgermi, mi sono iscritto a giusto titolo tra i cosiddetti atei devoti. Se riesco a mettere su almeno 30 chili, potrei perfino pensare di fare concorrenza a Giuliano Ferrara. In fondo la barba alla Rasputin ed il sarcasmo provocatorio non mi mancano…

4 Risposte a “Off-topic (ma non troppo) – La mia generazione non è mai scesa in campo”

  1. Il mondo sta cambiando velocemente ed in peggio. Siamo in fase di decadenza. I diritti sono diventati privilegi da eliminare (così pensano i padroni) e l’unica religione è il denaro. Chi si ferma più ad ascoltare i cinguettii che salutano il giorno che nasce? Chi si immerge nei colori spettacolari di un tramonto? Chi respira a pieni polmoni i profumi della primavera? Cose che da sole bastano a dare un senso alla vita. Non si gioisce della gioia degli altri e non si entra in empatia con i dolori del prossimo, si preferisce stordirsi con altro e poi piangere per ka propria solitudine. Se fossi giovane adesso non farei figli, ma non per egoismo, ma per il mondo che lascerei loro in eredità

  2. Sei un bravo ragazzo.
    Devo ringraziare il mio coetaneo Blondet per aver segnalato il tuo blog, uno dei cui non pochi pregi è l’assenza di refusi. Sto leggendo i tuoi post con interesse. Anch’io, cinquant’anni or sono, mi consideravo un ateo mangiapreti.
    Che il Cielo ti accompagni.
    Roberto

  3. Ciao Roberto,

    innanzitutto ti ringrazio di cuore per i complimenti!
    Cerco di fare quel che posso anche se non è facile smuovere le coscienze. Nel mio piccolo tento di far capire in special modo ai giovani che vivono in Italia e che si disperano per non trovare un lavoro, che nemmeno il mito tedesco è così solido come si può pensare.
    Mi saluti il Dott. Blondet e per quanto riguarda il mio ateismo, mai dire mai nella vita! Ci tengo a specificare che non ho niente di personale contro i preti nè tanto meno contro la Chiesa.

  4. Ah sì dimenticavo: se ha piacere, dica al Dott. Blondet che forse è il caso di riaprire il caso Sonboly. 🙂 Io sono solo un pesce piccolo ma giornalisti come Blondet possono sicuramente fare delle indagini approfondite. Cari saluti ancora!

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