Si inizia a ballare

angstLe cronache politiche della stampa tedesca negli ultimi giorni sono state dominate dal panico per la formazione del nuovo governo italiano, cosiddetto “populista“, che rischia di distruggere il sogno europeo. Non vi tedierò con la traduzione di tutti gli articoli nemmeno troppo velatamente razzisti nei nostri riguardi; basterebbe mandarvi il riferimento di un articolo della Stampa di tre giorni fa che non ha fatto altro che tradurre un editoriale dello Spiegel Online, nel quale veniva scritto nero su bianco che almeno i mendicanti quando ricevono dei soldi dicono grazie. Invece noi terroni d’Europa, oltre ad avere un’indole levantina e pigra, siamo anche degli ingrati traditori. Basterebbe questa nota per spazzare via una volta per tutte i vetri da tanto tempo frantumati del nostro specchio autoreferenziale, che avrebbe dovuto unire i popoli europei nel segno del rispetto reciproco e della muta collaborazione. Un concetto che troverete spesso nelle prossime settimane su questo blog, ogni volta che si dovrà dar conto delle iniziative politiche estere della Germania, sarà quello della sindrome da accerchiamento”. Come tutti voi spero saprete, per due volte nell’arco di trent’anni nel secolo scorso la Germania imperiale prima e nazionalsocialista poi perse due guerre mondiali anche e soprattutto poichè volle combattere su troppi fronti. Di per sè l’esercito tedesco era il meglio attrezzato e motivato del mondo, ancor più di quello britannico e sovietico per intenderci. Il problema fu che nemmeno l’armata più agguerrita (ho forse detto l’economia più stabile?) può far tanto contro una concentrazione di potenze che la attaccano da diverse parti. Settant’anni dopo è possibile ripetere pari passo il discorso sull’egemonia tedesca in Europa, con l’unica differenza che al posto dei panzer nelle strade si è sostituita l’economia. Tuttavia la sindrome, anzi diciamo pure il vero e proprio accerchiamento, si sta riproponendo per la terza e speriamo ultima volta.

Il fronte meridionale che si è riaperto il 4 marzo non è l’unica insidia per il governo Merkel, anzi potremmo dire che al netto delle polemiche sui giornali noi siamo ancora il ventre molle e quindi meno insidioso. Certo la montagna di debiti accumulatisi negli ultimi anni da parte dei paesi del Sud Europa a causa di una moneta unica troppo forte per noi e al tempo stesso volutamente troppo debole per la Germania, potrebbe portare ad una crisi delle banche commerciali tedesche, e non solo, che con le loro peripezie finanziarie si sono esposte parecchio. Nel caso della Grecia, paese piccolo e con una lunga storia di insolvenze alle spalle iniziata con la sua indipendenza nell’Ottocento, è stato un gioco da ragazzi costringere i governi nazionali con soldi pubblici a coprire i buchi delle banche commerciali tedesche e francesi, che grazie al nostro provvidenziale intervento pubblico sono state salvate. L’Italia è invece un paese grande e tutto sommato ancora la terza economia d’Europa. In ogni caso – magari mi sbaglierò in questa analisi – il surplus commerciale che la Germania ha accumulato negli ultimi anni le permetterà di salvare le proprie banche. Non sarà forse un caso, ma ripeto questa è una mia opinione personale, come i diversi governi Merkel abbiano messo mani all’enorme avanzo commerciale non tanto per finanziare le infrastrutture, che sono ferme da vent’anni e che languono in uno stato d’abbandono imbarazzante soprattutto per quanto concerne il trasporto su rotaia. Né tanto meno nessun esecutivo ha mai solo lontanamente pensato di impiegare le immense risorse per alzare i salari, anch’essi fermi da molto tempo, per il semplice fatto che facendo ciò avrebbe abdicato al dogma economico di combattere l’inflazione e di impedire il ritorno, solo un fantasma in verità, di Weimar. L’unica volta negli ultimi anni in cui si è impiegata una parte consistente del surplus è stata per accogliere i profughi siriani, almeno così ci è stato detto, e poterli inserire nel mercato del lavoro ed impedire a sua volta il collasso di un sistema previdenziale che dovrà affrontare una popolazione in stato di inesorabile invecchiamento. Secondo il sito di statistiche Statista entro il 2060 la popolazione tedesca passerà a 73 milioni di unità dagli attuali 81. Ragion per cui se veramente l’Italia dovesse uscire dall’Euro, cosa che io non credo, e mandare a gambe all’aria il proprio sistema bancario e quello tedesco, quest’ultimo paese potrebbe salvare la Deutsche Bank e Commerzbank con gli introiti del proprio “mostruoso” surplus commerciale accumulatosi negli ultimi anni. Al pari del salvataggio del sistema previdenziale con l’apporto di forze fresche dalla Siria, è possibile anzi necessario utilizzare le risorse accumulatosi anche per salvare quello bancario in forte difficoltà.

Nemmeno la Francia di Macron rappresenta una minaccia. Dopo un anno dalla sua elezione la popolarità  dell’ennesimo presidente progressista sta calando vertiginosamente. Problemi interni, scioperi dei mezzi pubblici e dei treni che vanno avanti da settimane e flessibilità del mercato del lavoro interno, al pari delle riforme del Jobs Act di Renzi, come unico modo per star dietro all’ingombrante vicino orientale gli impediscono di compattare il popolo ed il paese e gettarlo come un sol uomo contro il predominio tedesco. In politica estera, nonostante si dica che abbia frequentato le migliori scuole d’èlite in Francia, il nostro non dà risultati migliori. Qualche settimana fa era stato visto fare smorfie e buffetti con Trump, per poi qualche giorno dopo esortare addirittura l’intero popolo europeo ad una rivolta contro l’America per la decisione del suo nuovo amico, con cui si era abbracciato alla Casa Bianca, di voler stracciare l’accordo iraniano. Macron aveva provato ad alzare la vocina anche di fronte al Ministro dell’Economia tedesco Scholz, nonchè socialdemocratico, nel proporgli gli Eurobond ed un’unione fiscale europea ma, come nel caso del socialista Hollande, non si è avuta risposta degna di nota dalla Germania a parte qualche lieve grugnito di disapprovazione. Invece un’area geopolitica europea che sta dando e darà sempre di più filo da torcere alla Germania rimane la cara e vecchia Mitteleuropa. Anche qui hanno vinto i partiti euroscettici ed anti-immigrazione, tanto che recentemente sembra che perfino l’Austria sia entrata di fatto nel club di Visegrad. Austria stessa, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia ed Ungheria si sono opposte fin da subito e senza tentennamenti alla disastrosa ed unilaterale politica d’accoglienza del governo Merkel di un milione e passa di siriani. Come nelle due guerre militari perse rovinosamente, la Germania ha il brutto vizio di credere di sapere cosa sia meglio per sè e per gli altri; in questo caso ha agito senza consultarsi con gli altri paesi, salvo poi costringere attraverso la Commissione Europea da lei controllata tramite il fantoccio Juncker di sanzionare con multe miliardarie e tagli ai progetti europei i paesi dell’Europa centrorientale che si erano opposti fin da subito a questo piano. Storicamente parlando, mi verrebbe voglia di fare un parallelismo con le simpatie delle popolazioni centrorientali verso i soldati liberatori tedeschi, quasi subito alienate per il loro comportamento birichino. Strategicamente riflettendo, fu un errore clamoroso per il Terzo Reich, il quale per mera arroganza e mancanza di flessibilità perse la possibilità di avere un’area ricca e civilizzata da utilizzare come avamposto contro la minaccia bolscevica. Non è andata così, non parliamo tutti tedesco e sarebbe anche ora di tornare al nostro mondo. Quella dell’Europa danubiana è forse l’area economicamente più dinamica e stimolante in questo momento nel Vecchio Continente. Solo una settimana fa davo conto del collegamento ferroviario che dalla Cina sta già  portando merci a Vienna in 14 giorni, con l’intenzione di ridurre i tempi di percorrenza a 10. Geograficamente l’Europa centrale è il primo punto d’arrivo dei treni provenienti dall’Estremo Oriente; altro non è che una parte del sempre più discusso progetto cinese della nuova via della seta, che si propone l’ambizioso obiettivo di rompere l’accerchiamento marittimo americano attraverso un trasporto di beni e, chissà in futuro, anche di persone attraverso il proprio heartland. Gli stessi cinesi hanno  finanziato autostrade e ferrovie in Serbia, mentre l’anno scorso avevano acquisito il porto del Pireo con somma disapprovazione dei media tedeschi.

A causa di elementi caratteristici del popolo tedesco e dei propri governanti, quali arroganza ed improvvisazione di fronte a piani idealistici irrealizzabili, si è consegnata l’Europa centrorientale ai perfidi populisti che odiano i gay e cacciano i migranti, mentre paesi maggiormente stabili come l’Ungheria e la Repubblica Ceca hanno dimostrato una tattica equidistanza tra Putin e la Merkel. Non sarà poi un caso che l’Austria è stato uno di quei pochi paesi europei ad aver deciso di non unirsi al coro di solidarietà alla Gran Bretagna dopo il caso Skrypal e a non aver cacciato i diplomatici russi dalle ambasciate. Invece la Germania, essendo come logico un protettorato anglosassone dal ’45 e tra un po’ lo vedremo, ha accettato in toto e senza un attimo di esitazione la narrativa britannica secondo la quale il mandante dell’avvelenamento della spia era stato lo stesso Putin, senza uno straccio di prova. Visto che l’ho citata, è giusto parlare di una delle due nazioni che ha in mano i destini economici della Germania. La prima è appunto la Gran Bretagna, il primo partner commerciale tedesco all’interno dell’Unione Europea. Non è un errore clamoroso quello appena scritto. Lo so che la perfida Albione uscirà da questo ricchissimo mercato interno di 500milioni di consumatori. Secondo il Sole 24 Ore, il Regno Unito ha comunque un deficit commerciale nei confronti delle esportazioni tedesche di qualcosa come 50 miliardi di Euro. Qualche giorno fa era uscito un piccolo trafiletto, giustamente ignorato dai media italiani intenti a concentrarsi sulla formazione del nuovo governo, che riportava una preziosa vittoria tattica del governo conservatore della May, la quale era riuscita a strappare l’accesso del proprio paese al mercato unico europeo fino al 31 dicembre 2020. Al di là  delle previsioni catastrofiche dei giovani emigranti borghesi terrorizzati dall’idea di farsi ore di fila per un visto come un pachistano o nigeriano qualunque, la Brexit sarà soft e di fatto vantaggiosa per gli stupidi britannici, che potranno così guadagnare due fondamentali anni di tempo per organizzarsi e catturare capitali cinesi ed extraeuropei per la City, per il semplice fatto che in caso di uno scontro duro ad avere la peggio sarebbero stati i lavoratori tedeschi. Detto altrimenti per farci capire: qualora da una parte e dall’altra fossero stati introdotti dei dazi doganali, le esportazioni di auto ed altri beni del paese europeo continentale più esposto sarebbero crollate mettendo alla strada centinaia di migliaia di lavoratori là residenti. La vittoria di May è chiara e dimostra ancora una volta quanto gli inglesi con il loro pragmatismo siano i migliori gamblers del mondo. Dopo il 2020, se ancora ci sarà  l’Euro e la stessa Unione Europea, alla Gran Bretagna poco importerà di acquistare beni tedeschi visto che nel frattempo si sarà aperta ad investitori cinesi e venderà ai mercati nigeriani ed indiani formati da più di due miliardi di persone, ma vediamo di non divagare. Per ora ci basti sapere che l’assalto economico tedesco all’isola, dopo i due militari falliti il secolo scorso, si è risolto con una netta sconfitta. E come promemoria ci basti ricordare che di fronte ad un’Europa sempre più vecchia ed insignificante, ci si presenta un’Africa giovanissima e sempre più istruita. Che padre Zanotelli si aggiorni e sposti le sue missioni caritatevoli nelle nostre città.

Secondo attore geopolitico che con tutta probabilità staccherà la spina al gonfiato successo economico tedesco è l’America del conservatore Donald J. Trump. Esattamente il medesimo giorno di un anno fa, parliamo dunque del 26 maggio 2017, il maggior quotidiano rappresentante gli interessi e le sensibilità dei bavaresi e dei tedeschi meridionali, prendeva sonoramente in giro il Presidente per la sua “favoletta“ – testuale parola nell’articolo fu Märchen – ossia la sua folle (irre) convinzione che a scorrazzare sulle strade americane vi fossero a maggioranza automobili tedesche. The president decise che era giunto il momento di dire basta al dominio economico tedesco mettendo un limite all’importazione di macchine straniere d’oltreoceano. Io non so chi abbia ragione; so solo che questa dichiarazione che ha aperto la guerra commerciale dal lato USA era stata rilasciata a Bruxelles, sede dell’Unione Europea e della Nato. Dopo un anno da quella “folle convinzione”, a cui beninteso si è contrapposta la razionalità del progetto ordo-liberista tedesco che a colpi di export sta mettendo a rischio la tenuta dell’Europa e non solo, Trump sembra deciso ad istituire dei dazi al 20% per l’import di veicoli partoriti da case automobilistiche tedesche famose in tutto il mondo ed entrate nel nostro immaginario collettivo come la BMW, Mercedes, Porsche, Audi e via dicendo. E’ questo il secondo incubo geopolitico del cittadino tedesco della strada, cioè quello di veder fallito il modello industriale automobilistico sul quale si regge realmente il proprio paese. Il secondo è, come detto all’inizio, quello di perdere i propri risparmi ma, come appunto spiegato nell’intro, ci penserà il surplus commerciale accumulatosi e mai realmente speso per salvare i risparmi. In questi giorni il clima di tensione tra la prima potenza nucleare del pianeta e la prima economia dell’Europa, che ancora oggi ricava la propria energia primaria al 40% dal carbone e gas naturale, è salito anche per l’ennesimo promemoria da parte di Donald verso la Germania, che non ha ancora versato il 2% del suo pil per le spese militari alla NATO. In queste ore il Ministro degli Esteri, il socialdemocratico Maas, è a Washington per cercare disperatamente di far cambiare idea al proprio storico protettore senza però raggiungere alcun risultato. Per i lettori con una buona memoria Maas è lo stesso che all’indomani del presunto attacco chimico in Siria, aveva auspicato una linea ancora più dura contro la Russia, verso cui da anni vigono sanzioni economiche anche da parte di Berlino. Purtroppo questo paese non abbandonerà mai l’idea di combattere su due fronti, come minimo. Altro tassello da incubo per la Cancelleria è l’arrivo del nuovo ambasciatore americano Richard Grenell, che al suo primo giorno a Berlino ha dichiarato papale papale che le aziende tedesche devono smetterla di fare affari con l’Iran”, aggiungendo nella sua intervista d’esordio con la radio tedesca che chiunque commerci con Teheran, finanzia il terrorismo.”

Quindi ricapitolando quanto detto finora: al netto delle preoccupazioni verso noi italiani mendicanti ingrati, che secondo l’editoriale dello Spiegel ci abbandoniamo al dolce far niente (italiano nel testo) e che rischiamo di far crollare con i nostri debiti inesigibili l’intero sistema bancario tedesco, i veri rischi per la tenuta tedesca provengono da ovest. Il governo britannico secessionista dalla UE ha riportato una vittoria preziosa, che permetterà al Regno Unito di importare e vendere da e per l’Europa merce senza pagare dazi. Da parte americana provengono diktat coloniali, ossia descriventi una situazione di fatto, che obbligano la Germania a: pagare un 20% di dazi qualora decida di esportare Mercedes and co. negli States, a versare il 2% annuo del proprio pil alla NATO ed infine a smetterla di investire miliardi in progetti economici con l’Iran, pena una recrudescenza della crisi. E per una volta non ho nemmeno parlato, se non di striscio, delle sanzioni economiche contro la Russia e della difficoltà di portare a termine il progetto North Stream 2, che attraverso il Baltico dovrebbe trasportare sotto il mare gas russo in Germania e da lì al resto d’Europa. Il progetto si sta arenando sia per l’ovvia opposizione americana, che vorrebbe propinarci il suo gas estremamente più costoso di quello russo, sia per la protesta di gruppi ambientalisti misti polacco – tedeschi che chissà da chi potrebbero essere stati sovvenzionati con generose donazioni. Senza contare che non ho nemmeno citato le cicliche crisi tra il governo tedesco e quello turco su diversi temi. Inoltre lo spazio mitteleuropeo, che di fatto rimane comunque un formidabile hub produttivo per le imprese tedesche grazie all’irrilevanza dei sindacati e a salari bassi, rischia di venir perso a causa dell’unilateralismo tedesco in fatto di accoglienza dei profughi all’interno del proprio mercato del lavoro, che finora ha dato risultati penosi. Ad ogni modo dentro ogni potenza imperiale che si rispetti, o che almeno aspira ad esserlo, il vero e più letale fronte rimane quello interno che nel caso tedesco è composto da un micidiale mix di ossis delusi ed impoveriti da 30 anni di promesse a vuoto e da una serie di minoranze straniere che non hanno nessuna intenzione di integrarsi ai “valori“ tedeschi. Avremo tempo e modo di parlarne nei prossimi contributi.

Insomma si preannunciano tempi interessanti e non sarà forse da escludere che il Washington Post possa un giorno definire i tedeschi come degli ingrati, che non hanno neppure mai ringraziato la generosità  americana del Piano Marshall e del condono dei loro due grandi debiti con l’estero. Intelligenti pauca.

2 Risposte a “Si inizia a ballare”

  1. Quando lei parla del piano marshall, mi fa tenerezza la sua ingenuita’.
    In italia, ancora non abbiamo la censura che si e’ instaurata nei paesi
    del nord, quindi qualcosa ancora si riesce a sapere grazie al coraggio
    di uomini e donne che amano la liberta’ al posto dell’inganno.
    Se lei riesce a trovare qualcosa in giro per la rete, sapra’ che gli alleati
    di entrambi i fronti, hanno depredato la Germania portandosi via le
    attrezzature industriali e persino intere foreste e persino hanno preteso
    servizi di piatti. La Germania secondo un generale austriaco finira’ di
    pagare i suoi debiti fino al 2090, poi continueranno inventandosi qualcosa
    altro. Io i tedeschi li conosco e prima di adesso i miei genitori che li hanno
    conosciuti come invasori hanno solo parlato bene della loro gentilezza,
    dell’umanita’ e della capacita’ di combattenti. I tedeschi che conosco io
    non hanno mai parlato male dell’italia, anzi rivalutano artisti e lavoratori
    che in patria non hanno la fortuna perche’ non sono nati dalla parte giusta.
    Il piano marshall era uguale al prestito a strozzo del FMI, secondo lei perche’ siamo costretti
    ad emigrare per avere un lavoro? gli alleati vogliono il meglio senza spendere
    i loro forzieri. Immagini che la tecnologia che abbiamo oggi e’ un lascito dell’ultimo
    conflitto, quindi non hanno inventato niente, anzi hanno truffato sullo sbarco sulla
    luna, la bomba atomica, la fame nel mondo, la poverta’ eccetera.
    Ricordi il capitalista e’ colui che crea il denaro non chi crea ricchezza e lavoro.
    Dopo duemilanni, le pedine sono tutte al loro posto e il piano fila liscio come l’olio.
    Solo la caduta della luna puo’ salvarci da costoro. Dicono che dopo il cataclisma gli
    unici a rimanere sono solo gli ignoranti, gli inurbati rimangono sotto il dliuvio.
    https://www.youtube.com/watch?v=voOGVv2b0Fs
    Compositore tedesco, organista tedesco, coro inglese, orchestra belga.
    Deutschland über alles.
    Tschüß!

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