Il ripristino della leva militare obbligatoria

Propaganda militarista a Dresda, 2016 – CC BY-SA 4.0 cropped

Il viale berlinese del Ku’damm è quello dello shopping e dei negozi di lusso, che espongono orgogliosi i loro beni proibiti. Su questo non ci piove. Storicamente parlando, durante la contestazione del ’68 esso fu il teatro principale delle dimostrazioni di migliaia di studenti, che protestarono nella Berlino Ovest sotto tutela angloamericana contro la guerra del Vietnam. In quegli anni turbolenti, non lontano dalle ammiccanti vetrine venne colpito alla testa da un colpo di pistola sparato da un esagitato, non uccidendolo ma rendendolo impotente negli anni a venire, il leader della rivolta studentesca Rudi Dutschke. Risalendo ancora più indietro nel tempo, a poche centinaia di metri dall’inizio del Ku’damm venne ucciso nel 1922 il Ministro degli Esteri della fragile Repubblica di Weimar, Walter Rathenau, per punirlo della ratifica del Trattato di Pace di Versailles, da lui fortemente voluta.

Circa ogni 4 mesi questa strada simbolo del consumismo della capitale tedesca, così ricca di avvenimenti storici, si riempie letteralmente di manifesti militaristi. Che si vada a piedi o che si preferisca prendere altri mezzi come l’auto o la bici, è impossibile non notare gli slogan della Bundeswehr, che non mancano di coinvolgere ufficiali donne alla guida di sommergibili oppure perfino giovani hipster con gli occhiali intenti ad orientarsi in qualche giungla lontana. Il messaggio principale è “Fai quello che veramente conta!” – in tedesco “Mach, was wirklich zählt!”. Tali manifesti, presenti perfino sulle fiancate di non pochi bus cittadini, sono sovvenzionati dal Ministero della Difesa tedesco, che da tempo sta tentando di persuadere sempre più giovani ad arruolarsi. Facendo un breve excursus, possiamo dire che, in ritardo rispetto ad altri paesi europei come anche il nostro, il servizio militare obbligatorio in Germania è stato abolito appena nel 2011, trasformando l’esercito di massa in un servizio composto da professionisti e militari di mestiere. Per anni il tema, complice il presente senso di colpa per i crimini commessi anche dall’esercito regolare della Wehrmacht durante la seconda guerra mondiale, è rimasto un tabù. Tuttavia, dopo che il Presidente Trump ha diverse volte dichiarato pubblicamente che l’America non vuole più farsi completo carico delle esigenze difensive dell’Europa, tentando anche di obbligare tutti i paesi europei appartenenti all’Alleanza Atlantica a destinare almeno il 2% dei propri PIL alle spese Nato, il tema è tornato di scottante attualità.

Inoltre negli ultimi anni, in special modo a seguito dei fatti di Ucraina e Crimea del 2014, i media locali non hanno perso tempo nel denunciare le nuove minacce provenienti dall’onnipresente Russia di Putin. La sensazione è che il mondo politico tedesco si senta assediato di fronte a queste minacce, o presunte tali, provenienti dalle due maggiori potenze extraeuropee, che per decenni si erano divise l’Europa della Guerra Fredda. Per esempio il quotidiano Spiegel, convintamente russofobico e filo-atlantista in fatto di politica estera, già in data 16.02.2017 aveva pubblicato un’intervista con il politologo inglese Anthony Glees dell’University of Buckingham dall’eloquente titolo di “La vena pacifista della politica tedesca è un problema”. Il suo ragionamento principale era che la Germania avrebbe dovuto trasformarsi in una “democrazia muscolare” in grado di guidare l’Europa mediterranea e centrorientale contro le nuove sfide del XXI secolo, abbandonando in questo modo il suo precedente pacifismo. Secondo lo studioso anglosassone, tale esigenza sarebbe impellente soprattutto a causa della Brexit e del promesso disimpegno di Trump dalle questioni di sicurezza europea, descritto sopra.

Le nuove esigenze di difesa di una Germania, potenza economica sì ma al tempo stesso “assediata” da paesi ad essa ostili, hanno spinto qualche mese fa la Ministra democristiana (CDU) della Difesa Ursula von der Leyen a richiedere qualcosa come 12 miliardi di Euro in più per il budget militare per il periodo di legislatura 2017 – 2021. Il Ministro delle Finanze SPD Scholz ha nicchiato, offrendo al massimo 5,5 miliardi di Euro ma il dibattito rimane aperto. Tuttavia la notizia che confermerebbe il riarmo tedesco è che l’ennesimo governo di Große Koalition Merkel – SPD sta discutendo seriamente la possibilità di reintrodurre il servizio militare obbligatorio per tutti i giovani tedeschi che abbiano appena compiuto 18 anni. L’idea è partita dal parlamentare CDU Patrick Sensburg, il quale durante un’intervista al prestigioso quotidiano finanziario Frankfurter Allgemeine aveva dichiarato che “il futuro servizio di leva interesserà sia i maschi che le femmine e che di fronte ad una situazione mondiale complessa è un modo essenziale per garantire il compito stesso di un esercito, che è quello di difendere il proprio paese”. La stessa nuova segretaria generale della CDU, la Signora Annegret Kramp-Karrenbauer, imposta dalla Mutti in persona per ridare smalto al partito, ha promesso di prendere una decisione da proporre al partito in vista della stesura delle nuove linee generali prevista entro e non oltre il 2020.

La sinistra socialdemocratica al governo non ha affatto levato in alto gli scudi, ma anzi il responsabile SPD dell’area difesa Fritz Felgentreu ha confermato l’interesse affermando che: “Abbiamo bisogno di impegnarci in un dibattito sociale sulla possibilità di raggiungere il numero di personale di cui abbiamo bisogno per la difesa nazionale e per rendere la Bundeswehr il più attraente possibile. Tuttavia a raffreddare gli animi ci ha pensato un parlamentare CDU, tale Henning Otte, anch’egli esperto nella difesa come il collega SPD, che al contrario di quest’ultimo ritiene che “un ritorno ad un servizio militare obbligatorio come nel vecchio modello non ci aiuterà con le attuali sfide alla sicurezza. In primo luogo deve essere creato un robusto apparato militare. Ciò richiede giovani motivati che restino all’interno della truppa per un periodo più lungo e che possano utilizzare una tecnologia complessa“. A risultare scettico è anche il Commissario Militare presso il Parlamento tedesco, Hans-Peter Bartels, secondo il quale l’idea di reintrodurre la leva obbligatoria è simpatica ma si scontrerebbe con il dettato costituzionale che vieterebbe il lavoro forzato (Zwangsarbeit). Inoltre, rispondendo alla domanda se potrebbe funzionare un sistema obbligatorio a scelta tra il servizio militare e quello civile, Bartels ritieneimprobabile che si possa obbligare per legge 700mila giovani uomini e donne l’anno a l’uno o l’altro compito”.

Il dibattito è ufficialmente aperto e non mancano, come visto, opinioni contrarie alla reintroduzione della leva obbligatoria in Germania perfino da parte di personalità provenienti dall’ambiente militare. Tuttavia sembra che l’idea di obbligare di nuovo i diciottenni a dedicare un anno della loro vita all’esercito abbia riscontrato un indiscutibile consenso tra la popolazione tedesca. Secondo un sondaggio uscito nell’agosto di quest’anno, ben due terzi dei cittadini sarebbero entusiasti del ripristino del servizio militare; perfino il 52% degli elettori dell’estrema sinistra (die Linke) è a favore. Con percentuali di consenso così schiaccianti e complici le crescenti instabilità europee, il progetto di un nuovo esercito tedesco di massa, che tanta distruzione e terrore ha scatenato nel secolo scorso, potrebbe tornare in auge ben prima di quanto si possa immaginare.

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