Il grande imbroglio dei populismi europei

Begin003Questo articolo è dedicato a SEPP per le sue preziose dritte. Se e quando tornerò in Italia, non lo farò da eroe. Ne stia certo.

Non preoccupatevi: non siete tenuti a conoscere la persona che vedete in copertina. Io stesso ammetto di aver scoperto questa immagine solo di recente su Wikipedia e che, se non vi fosse stata l’indicazione di sotto, nemmeno io sarei stato in grado di risalire all’identità del soggetto in questione. L’importante uomo politico immortalato è un giovane Menachen Begin durante un comizio politico nell’agosto del 1948 nella Palestina Storica, all’indomani della proclamazione dello Stato di Israele. Per chi non lo sapesse, Begin è stato dal 1977 al 1983 Primo Ministro dello Stato di Israele per conto del partito conservatore di destra Likud; il suo mandato in verità non si era caratterizzato per rilevanti divergenze rispetto ai laburisti e ai cosiddetti moderati che fino a quel momento avevano governato in Israele: guerre di espansione esterna (una su tutte quella in Libano nel 1982) ed interna (espansione degli illegali insediamenti sionisti in Cisgiordania) sono sempre state e sono tuttora un leitmotiv costante per qualunque governo israeliano al potere. Ma non è della politica israeliana nei confronti dei palestinesi che vorrei parlarvi in questo articolo. Almeno non solo.

All’epoca in cui questa foto fu scattata, Begin era a capo di un’organizzazione terroristica ebraica (non è un errore di battitura) detta Irgun che aveva utilizzato il terrore e la violenza sia nei confronti della popolazione araba residente nella Palestina Storica sia nei confronti delle truppe d’occupazione britannica per raggiungere i propri obiettivi. Fin da quando il fondatore del Sionismo Theodore Herzl teneva conferenze in Svizzera, l’obiettivo dei sionisti è sempre stato uno solo: quello di fondare uno Stato degli ebrei in Palestina, cacciandone gli abitanti originari nei paesi confinanti. Senza dilungarmi in reminiscenze storiche per mancanza di spazio, basti sapere che nel 1917 il Ministro degli Esteri britannico Lord Balfour con l’omonima dichiarazione aveva assicurato agli ebrei la “creazione di un focolare ebraico in Palestina”; da quel momento in poi l’immigrazione ebraica nella Palestina ex ottomana – sostenuta ad intervalli non sempre regolari ma comunque in maniera ben determinante dalla Gran Bretagna negli anni a cavallo delle due guerre – ha permesso l’insediamento di una folta comunità sionista (quella ebraica era presente da secoli in Palestina ed aveva convissuto pacificamente con gli arabi) che era entrata subito in contrasto con la maggioranza araba – islamica lì presente da secoli. Il 14 maggio 1948 è una data storica per l’immaginario collettivo arabo: è il giorno infatti della cosiddetta nakba – la catastrofe – nel quale lo Stato d’Israele viene proclamato dal Primo Presidente Ben Gurion anche a seguito del Piano Onu che aveva determinato la spartizione della Palestina Britannica in un’entità ebraica ed una araba (mai venuta alla luce). Dal 1948 in poi questa regione mediorientale – già devastata da una scellerata politica migratoria sostenuta dai maggiori governi occidentali (vi ricorda qualcosa?) – non ha ancora trovato pace.

Il lettore a questo punto si chiederà qual’è stato il ruolo del giovane politico, nonché avvocato, Menachen Begin in tutto questo calderone. Come accennato sopra, Begin all’epoca era a capo di un’organizzazione terroristica ebraica che si prefiggeva di cacciare gli arabi e i britannici con la violenza. Tra i maggiori crimini – rimasti impuniti nonostante le prese di distanze dello stesso Ben Gurion – troviamo: il massacro di centinaia di civili arabi nel villaggio di Der Yassin vicino a Gerusalemme, l’esplosione di un’ala del King David Hotel a Gerusalemme con la morte di circa 90 persone – soprattutto soldati britannici ma anche civili ebrei che si trovavano in quel momento lì, la clamorosa uccisione del mediatore ONU Bernadotte per la Palestina (assieme alla Banda Stern) e l’attentato all’ambasciata britannica di Roma. Oltre a queste quattro azioni, le quali ebbero un’eco in tutto il mondo, il gruppo terroristico dell’Irgun capitanato dal futuro Primo Ministro d’Israele si macchiò di altri crimini che non trovarono altrettanta risonanza mediatica per il semplice fatto che furono limitati – se così si vuol dire – all’uccisione di singoli elementi ebraici considerati collaborazionisti, di singoli esponenti dell’occupante britannico e di singoli elementi della resistenza araba. Faccio notare che non solo il Begin mai si pentì pubblicamente di queste eroiche e sanguinarie gesta, ma venne eletto democraticamente Primo Ministro e addirittura nel 1978 gli fu conferito il Premio Nobel per la Pace assieme al Presidente egiziano Sadat e a quello americano Carter per gli accordi di Camp David. Questo per contestualizzare prima di andare nel nucleo dell’articolo.

Perché, mi si chiederà, ho scelto di pubblicare questa immagine di copertina a tale articolo? Ho scelto questa foto in bianco e nero perché essa è emblematica, più di mille editoriali di politologi e di buone e vaghe intenzioni di pace, per capire chi è veramente responsabile del regime psicotico infernale – per usare le parole di Paolo Barnard – che vige tuttora in Palestina ed in tutto il Medio Oriente. Nella foto si può vedere infatti una cartina che rappresentava all’epoca le aspirazioni dell’ala più oltranzista ed estremista del movimento sionista, minoranza estremista che tuttora governa in Israele dal momento che nel frattempo è diventata maggioranza nel paese. Viene riportata sia l’intera Palestina che la confinante Giordania. Entrambi i territori erano all’epoca sotto il Mandato Britannico e, secondo quelle che erano le ambizioni del gruppo terroristico Irgun immortalate in maniera emblematica dalla foto, sarebbero dovute entrare a far parte di quello che i sionisti estremisti definiscono ancora il Grande Israele Biblico, il cosiddetto Eretz Israel. Nel 1948, anno in cui il giovane avvocato polacco Begin teneva questo infuocato comizio, l’ala di estrema destra dell’Irgun e di altre bande paramilitari ebraiche rappresentava una mera minoranza in seno al movimento sionista; ragion per cui l’obiettivo meramente tattico di Ben Gurion era quello di spartirsi la Palestina Britannica assieme al re di Giordania Hussein, cacciando così in un colpo solo 700mila palestinesi (con il silenzio assordante dell’Occidente e il menefreghismo dei popoli arabi confinanti) e fondare il primo nucleo dello stato ebraico che si sarebbe dovuto espandere nei decenni successivi. Tuttavia dopo quasi 70 anni quella che pareva una chimera irrealizzabile dell’estremista di destra (mi raccomando non razzista) Begin diventerà con tutta probabilità realtà anche grazie alla complicità attiva di noi europei. Vediamo perché.

Il 2017 sarà un anno dove si celebreranno due importanti centenari: uno è quello della disfatta militare italiana di Caporetto e l’altro è quello della rivoluzione d’Ottobre in Russia. Per quanto riguarda il primo avvenimento, ho postato qualche giorno fa una foto che si prefiggeva l’ardito compito di ricordare agli italiani di scappare il prima possibile di fronte all’imminente Caporetto bancaria ed economica del paese, mentre non nutro altrettante speranze sulle prospettive di una nuova rivoluzione mondiale a cent’anni dalla presa del Palazzo d’Inverno. Tuttavia il 2017 sarà anche l’anno in cui – ahimè – si celebrerà il cinquantenario di un avvenimento che sta ancora facendo armare di rabbia e proiettili veri milioni di arabi contro l’Occidente: mi riferisco ovviamente all’occupazione della Cisgiordania (ossia quel poco che rimane della Palestina araba) da parte di Israele. L’occupazione militare della Cisgiordania è stata la diretta conseguenza della vittoria di Israele nella cosiddetta Guerra dei 6 giorni (4 – 10 giugno 1967) contro gli eserciti congiunti di Siria, Egitto e Giordania. Da quella vittoria militare, frutto di una guerra preventiva ante litteram, qualsiasi governo israeliano che si è succeduto al potere non ha fatto altro che portare avanti una politica di costruzione di insediamenti coloniali ebraici, illegali secondo il Diritto Internazionale e condannati da diverse Risoluzioni ONU, con la parallela e coerente demolizione delle abitazioni dei civili palestinesi e dello sradicamento dei loro olivi secolari. Questa vera e propria operazione di pulizia etnica non è altro che l’applicazione di un’ideologia politica, quella del sionismo appunto, che fin dagli albori non ha preso nemmeno per un attimo in considerazione le esigenze dei popoli arabi residenti in Palestina. Le idee di un cosiddetto moderato come Ben Gurion e di un cosiddetto estremista come Begin a ben vedere si distinguono in verità solo per i mezzi ed i tempi tattici con cui raggiungere il medesimo obiettivo.

Dopo 50 anni di occupazione israeliana, il sogno di creare uno Stato Palestinese è rimasto sempre più tale. Tenete infatti in considerazione che nella Cisgiordania sono presenti tuttora qualcosa come 500mila coloni israeliani in costante crescita di fronte a poco più di 2 milioni di nativi palestinesi. Come già detto, la crescita degli illegali insediamenti è stata una costante di qualunque governo israeliano, a prescindere che a governare fossero i cattivoni razzisti del Likud o i moderati progressisti del Partito Laburista. Tuttavia, come probabilmente molti di voi sapranno, recentemente si è verificato un importante avvenimento politico che potrebbe ribaltare in maniera inaspettata le carte sul tavolo: infatti il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha di recente approvato una risoluzione che condanna la politica d’occupazione israeliana in Cisgiordania ed intima al governo israeliano di bloccare la costruzione di nuovi insediamenti coloniali (ma non fa riferimento all’auspicata distruzione di quelli precedenti). Un fattore di rottura, potenzialmente rivoluzionario, è stata l’astensione degli Stati Uniti che per la prima volta (sic) si sono rifiutati di porre un veto contro una risoluzione dell’ONU che condanna le politiche di un governo israeliano. Inoltre voci diplomatiche danno quasi per certa la volontà del governo degli Stati Uniti di dichiarare alla prossima (l’ennesima) Conferenza per la Pace in Medio Oriente che si terrà a Parigi il 15 gennaio, il loro assenso alla creazione di uno Stato palestinese a fianco di quello ebraico. Chi segue la politica internazionale da anni in maniera assidua ha dichiarato – e non a torto – che queste due mosse del Presidente uscente Obama siano in verità dei bastoni gettati tra le ruote del prossimo Presidente Trump, il quale non ha mai nascosto di appoggiare Israele e di considerare in maniera negativa quest’ultima risoluzione di condanna da parte della Comunità internazionale delle colonie in Palestina.

Ebbene cosa potrà succedere dopo 50 anni di occupazione sionista in Cisgiordania? A mio modesto parere saranno tre i fattori che consentiranno agli eredi di Begin di realizzare il loro sogno: la vittoria di Trump, la prossima ondata di terrorismo islamico in Europa e la conseguente ascesa di movimenti populisti anti – Islam e filo – israeliani. Andiamo per ordine. Dopo che Israele ha occupato e colonizzato i Territori Palestinesi per 50 anni, si aprono essenzialmente due strade alternative per qualunque governo israeliano: la prima è quella di procedere all’annessione dell’intera Cisgiordania allo Stato d’Israele con l’ulteriore scelta se concedere la cittadinanza israeliana anche ai palestinesi oppure continuare a farli vivere nelle numerose enclavi modello Bantustan del Sud Africa che fu, sempre più circondate dagli insediamenti; oppure la seconda alternativa, ben più drammatica ma del tutto coerente con la storia di Israele stesso, che consisterebbe nello scatenare l’ultima e definitiva escalation militare nei Territori per cacciare quei non pochi palestinesi che ancora vi vivono e completare così la pulizia etnica iniziata ufficialmente nel 1917 con la Dichiarazione Balfour. Tuttavia per poter dichiarare una guerra, fin dall’alba dei tempi sono necessari due fattori: la presenza di un nemico brutto, sporco e cattivissimo e la necessità di convincere la propria popolazione che si è costretti a dichiarare una guerra difensiva e quindi non d’aggressione. Per quanto riguarda un paese così militarizzato e ufficialmente “sotto assedio” da sempre come Israele, non è difficile trovare dei nemici; da qualche anno a questa parte le nuove bestie nere sono Hamas, Hezbollah e il perfido Iran che vorrebbe dotarsi dell’arma nucleare.

Il problema essenziale è far capire anche agli europei, che spesso si sono mostrati critici nei confronti dell’operato di Israele, come ad essere minacciati dall’avanzata dell’Islam radicale e dal terrorismo sua espressione possano essere anche loro se non capiscono che è necessario difendere Israele, ossia l’unica democrazia in Medio Oriente. A tal proposito gli attentati islamici in Europa potrebbero essere una vera e propria manna dal cielo per gli israeliani poiché, qualora tali attacchi dovessero proseguire anche nei mesi seguenti, una vasta maggioranza di cittadini europei terrorizzati e bisognosi di sicurezza potrebbe guardare con favore e simpatia umana ai loro fratelli israeliani, assediati ed uccisi anch’essi dai taglia gole islamici. Visto che non ho ancora digerito il panettone ed ultimamente mi sto impigrendo sempre più, vi lascio qui sotto alcuni link nei quali sono riportate dichiarazioni filo – israeliane di tutti quei rilevanti esponenti politici dei movimenti populisti che sono dati in crescita dappertutto in Europa e che avrebbe tutto da guadagnarci – in termini di consensi elettorali – dal protrarsi di attentati islamici sul suolo europeo. In parole povere il leit motiv dei populisti europei è che dovremmo prendere spunto da Israele per come sta gestendo la questione della sicurezza interna e che i veri nemici dell’Occidente sono sempre e solo gli islamici. Ecco di sotto le varie dichiarazioni di amore sionista dei prossimi papabili Primi Ministri europei. Lascio come sempre all’intelligenza dei lettori eventuali considerazioni e scusate ancora la mia pigrizia.

http://www.independent.co.uk/news/uk/politics/nigel-farage-says-labour-anti-semitism-row-is-linked-to-the-party-trying-to-win-muslim-votes-a7007386.html

https://www.algemeiner.com/2013/07/22/ukip-leader-nigel-farage-supports-israel/

http://www.juedische-allgemeine.de/article/view/id/24528

https://web.archive.org/web/20151117014338/http://www.jpost.com/Israel/Geert-Wilders-EU-is-not-Israels-friend

https://pjmedia.com/trending/2016/12/29/dutch-populist-geert-wilders-to-obama-and-kerry-stop-bashing-israel/

http://www.haaretz.com/israel-news/1.756924

http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/222286

http://www.spiegel.de/politik/ausland/die-ominoese-israel-reise-des-fpoe-politikers-norbert-hofer-a-1093410.html

http://www.oe24.at/oesterreich/politik/Hofer-Was-in-Israel-wirklich-geschah/236444843

http://www.controinformazione.info/salvini-in-israele-approfitta-del-suo-viaggio-per-genuflettersi-davanti-allla-potente-lobby-siete-il-mio-modello-dichiara-entusiasta/

http://www.liberoquotidiano.it/news/11673895/Svolta-filo-israeliana-di-Marine-Le.html

http://www.ilfoglio.it/articoli/2014/08/06/news/camarades-adieu-cosi-il-fn-2-0-si-e-convertito-alla-causa-israeliana-75604/

http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2016/03/30/la-prima-di-salvini-in-israelee-modello-sicurezza-_f3692753-52e0-4445-b2f3-787586db10b1.html

http://www.repubblica.it/esteri/2016/03/31/news/salvini_israele-136653780/

http://www.huffingtonpost.it/2016/03/30/salvini-cravatta-israele_n_9571278.html

L’inglese Farage, il nostro Salvini, la francese Le Pen, la tedesca Petry, l’austriaco Hofer, l’olandese Wilders, insomma tutti quei populisti europei che sono dati in crescita in tutti i sondaggi e che in un giorno non molto lontano potrebbero governare i maggiori paesi d’Europa, a ben vedere hanno tutti in comune due aspetti: l’odio sviscerale per gli islamici e un amore spassionato per Israele. Se gli attacchi islamici in Europa continueranno, e non c’è alcuna ragione logica per credere al contrario, questi gate keepers del sistema aumenteranno i loro consensi e di conseguenza le condanne europee per le condotte israeliane, quest’ultime sempre giustificate da Bibi con l’esigenza di combattere il terrorismo islamico, saranno un vago ricordo del passato.

Ah si, poi c’è l’incognita Trump. Qualche settimana fa avevo inviato una mail al nostro giornalista filo – russo e filo – Putin (un altro che sull’emergenza del terrorismo islamico ci ha marciato sopra alla grande) per chiedergli cosa pensasse dell’evidente e mai nascosto filo – sionismo del candidato vincitore Trump e se, sempre secondo Giulietto, le comunità israeliane in USA non l’avessero proprio per questo appoggiato alle ultime elezioni (cosa che io sostengo). Con mia non poca sorpresa Giulietto Chiesa mi ha risposto dopo qualche ora scrivendomi che le comunità ebraiche americane avevano appoggiato la Clinton (sì, come no) ma nonostante tale appoggio, Trump ha preso una tale valanga di voti tale da surclassarli. Faccio due premesse a questa sorprendente risposta: in America non si ha conoscenza a memoria d’uomo di un candidato eletto senza l’appoggio delle lobby israeliane e i voti degli ebrei americani; inoltre Trump ha preso in totale meno voti della Clinton. Altro che surclasso…Comunque sia, non ho voluto continuare a contraddirlo e mi sono limitato a ricordargli che Trump ha sempre dichiarato pubblicamente di essere favorevole al trasferimento della Capitale Unica ed Indivisibile di Israele da Tel Aviv a Gerusalemme, cosa che nemmeno Bush ed Obama si arrischiarono a fare. Da quel momento in poi Giulietto Chiesa non mi ha mai più risposto. Fine della discussione.

A prescindere da cosa pensi il navigato Giulietto, una cosa è certa: con la crescita dei movimenti populisti europei filo – israeliani e l’appoggio incondizionato di Donald, a 50 anni di distanza Israele potrà continuare impunito la sua opera di pulizia etnica e conquista totale della Palestina così come sognava quel giovane avvocato polacco durante un afoso comizio nell’agosto del 1948. Per permettere l’ulteriore escalation militare, ci sarà di sicuro bisogno di un casus belli in piena regola ma per un Occidente (Israele ed USA in prima linea) impegnato dal 2001 nella fantomatica Guerra al Terrore non penso vi siano grossi problemi. Se poi ci mettiamo anche una serie di attacchi “islamici” coordinati nelle principali capitali europee per seminare più morti e terrore possibili, allora avremo finalmente un’opinione pubblica europea compattamente a favore delle esigenze di sicurezza dello Stato Ebraico contro la minaccia del terrorismo islamico. Nella mia sempre più incombente pigrizia dimenticavo di fornirvi dei particolari fondamentali: con la scusa della guerra al terrorismo Donald appoggerà Israele (e la Turchia per quanto riguarda la Siria) nelle prossime campagne militari in Cisgiordania, Libano e Siria per eliminare definitivamente dalla faccia delle terra i tre alleati regionali dell’Iran: Hamas, Hezbollah ed Assad. Li eliminerà con il tradimento e il non interventismo della Russia che in cambio otterrà uno stato fallito come l’Ucraina orientale spolpato da 2 anni di FMI e che si vedrà confermata quei due suoi porti nel Mediterraneo a stelle e strisce (ergo inutili a lungo termine). L’obiettivo vero sarà l’Iran, il cui attacco scatenerà la Terza Guerra Mondiale. Ma questo è un altro discorso….

Infine per gli amanti dell’esoterismo politico che spopola sulla Rete:  la guerra, che dovrà essere orientata in modo che Islam (mondo arabo e quello musulmano) e sionismo politico (incluso lo Stato d’Israele) si distruggano a vicenda, inizierà a partire dalla distruzione della Moschea di Al – Aqsa a Gerusalemme – terzo luogo sacro dell’Islam – ad opera di estremisti sionisti che vorrebbero ricostruire il Tempio. I più disparati progetti ci sono e circolano da anni: per tutto il resto c’è Internet. A buon intenditore poche parole.

Una risposta a “Il grande imbroglio dei populismi europei”

  1. Grazie per la menzione.
    Non ho da aggiungere molto solo una parola:
    MANIPOLAZIONE.
    Attenzione a chi vuole influenzarci, stato, religione,
    istruzione, partiti e associazione.
    Un consiglio: per essere liberi, mantenere la mente sgombra dai pregiudizi.

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