Il benessere tedesco ai raggi X

kapi_1In questo articolo vorrei tentare di smontare alcuni miti che continuano ad aleggiare intorno al modello tedesco. In particolare verificherò, partendo da esperienze personali recenti, se la libertà di opinione viene sempre rispettata nell’odierna Germania. Nella seconda parte mi concentrerò invece, sempre con dati tratti da articoli del cosiddetto mainstream tedesco di regime e quindi non da qualche oscuro blog di complottisti, su alcuni dati sociali che semprerebbero gettare un’ombra sinistra sul mito del benessere tedesco. Tuttavia prima di fare tutto ciò, lasciatemi raccontare alcuni episodi di vita vissuta a Berlino che mi sono capitati negli ultimi tempi.

Diverse settimane fa mentre stavo tornando a casa dal lavoro, camminavo con i miei pensieri in testa nel quartiere di Neukölln. Per chi ancora non lo sapesse, Neukölln è un quartiere situato a sud ovest della metropoli ed è considerato uno tra i più multietnici di Berlino; tuttavia nonostante siano presenti genti provenienti da tutto il mondo, Neukölln è rinomato soprattutto per essere un quartiere ad altissima concentrazione turca ed araba. Ciò significa che passeggiando per alcune strade del quartiere, non sembra nemmeno di essere più in Europa tanto che la lingua franca che si sente echeggiare per l’aria non è il tedesco bensì il turco o qualche astruso dialetto arabo. In passato, ai tempi cioè del Muro, Neukölln si trovava nella parte ovest e capitalistica della città divisa e già all’epoca non godeva certo di una buona reputazione; infatti dagli anni ’70 la massiccia emigrazione turca aveva creato una sorta di quartiere dormitorio, o finanche ghetto per i più critici, nel quale bande di ragazzini e spacciatori di droga controllavano le strade la sera. Difatti il vero berlinese dell’epoca si guardava bene dal recarsi lì al calar del sole, preferendo altri lidi più tranquilli. Oggigiorno la situazione del quartiere è mutata, come sta accadendo in tutte le metropoli d’Europa, a causa dell’afflusso di quella che gli intellettuali progressisti à la Repubblica definiscono entusiasticamente la generazione Erasmus, ossia nell’opinione di chi scrive quella massa di giovani benestanti figli di papà che tra un party e l’altro tessono le lodi dell’Unione Europea. E badate bene che oggi sono di buon umore e non ho voluto infierire. Come vedremo nello specifico proseguendo nella lettura del mio poema – per usare un termine caro a Lorenzo Lambrughi – questo afflusso di giovani mantenuti sempre pronti a consumare qualsiasi bene (o sostanza) in nome del libero mercato, ha permesso al governo locale (di sinistra) di stanza qui a Berlino di far colare sul quartiere una spessa patina di benessere consumistico in grado di coprire vecchie e nuove povertà, vecchi e nuovi traffici.

Chiedo venia al lettore se mi sono permesso di perdermi un po’ in introduzioni storiche sul quartiere di Neukölln ma le ritengo necessarie per poter comprendere appieno il messaggio insito nell‘articolo. Comunque sia torniamo al povero italiano che torna a casa dal lavoro: mentre sono appunto immerso nei miei pensieri, mi fermo di fronte ad uno dei tanti parchi giochi per bambini e ragazzi che si trovano vicino a casa mia. Anche quel pomeriggio, nonostante le temperature non siano propriamente miti, il giardinetto è pieno di bambini con genitori al seguito che giocano spensierati tra le altalene e gli scivoli. Apro una brevissima parentesi: visto che qualcuno mi accusa di essere troppo critico con la Germania e di non parlare mai dei suoi tantissimi aspetti positivi, allora ne approfitto suggerendo ai tanti amministratori italiani di prendere spunto da quelli tedeschi per quanto riguarda i parchi giochi urbani: sono veramente di un altro pianeta. Chiudo la parentesi. Mentre osservo i tanti bambini giocare, rifletto e cerco di cogliere con la vista quelli tra di loro che vivono solo grazie ai sussidi sociali. Se vi ricordate bene, più volte nei precedenti articoli avevo ricordato come nella capitale della Germania leader in Europa un terzo dei bambini vivesse sulla soglia della povertà e riuscisse a sopravvivere solo grazie ai sussidi elargiti generosamente dallo stato federale ad uno od entrambi dei genitori1. Tuttavia in tutta franchezza i bambini lì presenti, la maggioranza dei quali guardati a vista da madri in velo, mi paiono tutti immersi nel medesimo limbo. Non mi è stato perciò possibile immaginare chi fosse miserabile e benestante tra di loro e di sicuro la mente annebbiata dalla noia dell’ufficio non mi ha aiutato nella ricerca. Mentre sto per andarmene, noto all’improvviso un normale foglio A4 intriso di inchiostro a righe ed incollato con del mero skotch alle ringhiere arrugginite.

Mi avvicino al foglio e noto subito che trattasi di un appello firmato dal vicino centro parrocchiale (protestante) che gestisce il giardino e che offre ogni giorno spazi ed attività alla gioventù del quartiere. La Chiesa si chiama in maniera simbolica Salem, che come spero tutti voi saprete significa ‘pace’ in arabo. Rifletto come questo nome debba essere stato pensato sia come forma di rispetto nei confronti della maggioranza musulmana che popola i muri intorno la Chiesa sia come metodo per attirare i bambini della zona. Confesso di non aver mai parlato con i parroci, anzi i pastori, della Chiesa e quindi non sono informato sulle attività che offrono, anche se posso immaginare che siano le medesime attività ricreative che si ritrovano in tutti gli oratori del mondo: calcio, basket, corsi di chitarra, qualche spruzzo di religione giusto per non dimenticarsi da dove si viene, qualche gita fuori porta, robe così insomma. Tuttavia l’allegria che dovrebbe sempre contraddistinguere un circolo ricreativo sembrava svanita in quella sorta di mini lettera aperta. Dopo aver scattato una foto, che conservo ancora con me nel mio cellulare, ho provveduto a tradurre mentalmente la lettera – appello. Ecco il resoconto:

Lettera aperta

Cari lanciatori di pietre,

da ottobre continuate a distruggere le finestre e le porte della nostra Chiesa.

Perfino dopo la festa di Natale e il contemporaneo incontro giovanile, una grossa pietra è entrata rompendo la vetrata ed avrebbe potuto ferire qualcuno. Perché fate questo?

Avete forse qualcosa contro la nostra comunità cristiana, che si trova qui da dieci anni per pregare e proclamare la messa ogni domenica?

Oppure volete semplicemente danneggiare un’associazione, che qui offre ogni giorno una seconda casa per molti bambini e giovani, senza guardare da dove vengono ed in che cosa credono?

Avete per caso riflettuto su quanti danni, rabbia ed infelicità provocate con la vostra insensata e vigliacca furia distruttiva?

Questa casa del Signore porta il nome di SALEMKIRCHE

SALEM in tedesco significa PACE e non vogliamo altro che questo:

Una casa della pace, della conoscenza e della vita.

Una casa per Dio e per tutti gli uomini di buona volontà.

Una casa, in cui anche i bambini ed i giovani siano sempre i benvenuti.

Con il vostro gesto voi mettete tutto questo in discussione.

Vi preghiamo di tenere i vostri sassi lontani dalle vostre mani e cancellate le aggressioni dal vostro cuore!

Scriveteci oppure diteci a parole che cosa volete!

Questa lettera dovrebbe perlomeno far fischiare le orecchie a tutti quei numerosi esponenti politici e relativi normali cittadini loro complici, che qui a Berlino traboccano, che da anni hanno voluto imporre uno dei tanti miti tedeschi: quello del multiculturalismo. Sicuramente mi si criticherà dicendomi che chi ha lanciato le pietre contro la Chiesa altro non è che uno di quei tanti ragazzini idioti e analfabeti strutturali, quindi del tutto compatibili col dogma consumistico moderno, i quali non avendo prospettive, compiono questi gesti insensati per rompere la noia quotidiana. Mi si dirà pure che la loro religione (meglio non pronunciarla altrimenti mi chiudono il blog) non ha nulla a che vedere con questi atti delinquenziali, anche perché sempre la loro religione è per definizione quella della pace. I più scettici mi ricorderanno come simili gesti siano oramai una costante di una gioventù che non ha più punti di riferimento, che è fragile, che dev’essere aiutata e bla bla bla…Codesti psicologi mancati mi faranno doverosamente notare che anche nelle città italiche la violenza di quelli che io definisco le guardie pretoriane del consumismo, sono all’ordine del giorno e nulla hanno a che vedere con l’odio religioso o peggio ancora con un grottesco impegno politico. Come sempre accetto e rispetto le prevedibili critiche ma vorrei al tempo stesso far notare alcuni dettagli del lancio della pietre anti – cristiane: se veramente trattasi di meri atti di criminalità spicciola, come mai la comunità cristiana si è sentita in dovere di scrivere un accorato appello misto a disperazione per fermare questi gesti? Come mai inoltre i lanci contro la Chiesa stanno andando avanti senza sosta da ottobre senza che nessuno abbia ancora bloccato questi giovani? Vuoi vedere – Dio non voglia – che qualcuno sta coprendo questi giovani islamici riempiendo loro la testa d’odio e di intolleranza? Ed infine vuoi vedere – ma qua metto le mani in avanti dal momento che siamo in Germania e non in Sicilia – che ci sono diversi testimoni visivi dei numerosi lanci che non vogliono/possono parlare?

L’attacco protratto nel tempo ad una delle poche comunità cristiane immerse all’interno del soverchiante universo musulmano di Neukölln dovrebbe gettare un campanello d‘allarme sull’effettiva libertà di religione che non pare invece godere di buona salute a Berlino. Ho provato a rintracciare questo fatto di cronaca nera sulla stampa locale ma purtroppo il responso, come sempre più spesso mi accade, è stato del tutto negativo. Se quel pomeriggio non fossi passato per quel giardino e non avessi letto quel volantino, non avrei mai saputo del clima di intimidazione che la Chiesa a me vicina sta subendo da diversi mesi. E come me, altri milioni di tedeschi continuano ad ignorare il costante clima di intolleranza che la minoranza islamica sta ponendo giorno dopo giorno al resto del paese. Codeste menti progressiste non possono mettere in discussione il dogma che è stato inoculato loro dopo 70 anni di occupazione anglo/americana: l’idea stessa che vi possa essere una nazione fiera e consapevole delle proprie tradizioni fa scattare loro il riflesso pavloviano del nazismo di ritorno. Pensate un po’ che quando la Germania aveva vinto i Mondiali di calcio nel 2014, avevo assistito alla scena di una barista che aveva vietato ad un tedesco di entrare nel proprio bar qualora non si fosse tolto la coccarda nera-rossa-gialla che aveva intorno al collo. Motivo? In quel bar progressista ed anti a prescindere non si accettavano simboli nazionalistici. Invece di mandarla a quel paese, il bravo Müller si è tolto senza protestare l’odioso simbolo paleonazista ed ha continuato a bere. Questo episodio a cui ho assistito, di per sé insignificante, può invece venire considerato come una piccola metafora di una tendenza, quella del suicidio collettivo, che sembra stia interessando il popolo tedesco. Sempre durante gli ultimi mondiali di calcio, il partito globalista dei Verdi aveva addirittura proposto di vietare le bandiere nazionali alle manifestazioni per i motivi visti sopra. Non so perché ma mentre riflettevo sul senso di quell’appello a smettere di lanciare le pietre, mi erano venuti in mente quegli episodi lontani e li ho inseriti nel quadro più ampio di auto-castrazione nazionale in corso.

E’ un vero peccato che questo piccolo fatto di cronaca nera sia passato inosservato alla sempre più numerosa gioventù di Neukölln. Come ho avuto modo di accennare all‘inizio, l’aspetto esteriore di Neukölln è molto mutato negli ultimi anni. Quello che all’epoca della divisione della metropoli veniva considerato come un ghetto urbano da cui stare alla larga, è ora una delle zone più cool verso cui si dirigono sempre più numerose orde di giovani studenti, aspiranti artisti e sognatori delle start – up. Per fare un esempio visivo: una delle strade simbolo del quartiere, la Karl Marx Strasse, che fino a qualche anno fa si caratterizzava solo per la presenza di locali e piccoli negozietti turchi, è ora interessata da un ambizioso progetto di ristrutturazione e pedonalizzazione a cui sta seguendo una proliferazione capillare di bar e locali per i giovani. Tutto bene direte voi anche se mi ero quasi dimenticato di aggiungere che il restyling di Neukölln e la sua sottomissione ai desiderata dei giovani borghesi sempre pronti a spendere, va di pari passo con la chiusura di piccole attività commerciali di famiglie che vi vivevano da una vita oltre che con la cacciata di numerose famiglie turche le quali non possono più permettesi di pagare i nuovi affitti, i quali vengono aumentati a dismisura dai proprietari e dalle agenzie immobiliari ufficialmente a causa di lavori di ristrutturazione. Anche nella libera ed aperta Berlino si sta verificando perciò quel fenomeno globale conosciuto col termine anglofilo di gentrification e che prevede in soldoni la sostituzione della popolazione “nativa” con chiunque abbia la capacità di portare denaro fresco nelle casse del comune ed in quelle dei bar. I nuovi giovani mantenuti che a Neukölln stanno prendendo il posto di Amir ed Abdullah si caratterizzano per essere degli anti – razzisti, anti – fascisti e dei sostenitori dell’apertura dei confini senza se e senza ma. Insomma da bravi radical – chic che si rispettano, sostengono i dogmi ideologici portanti del sistema che consentirà loro di avere i posti chiave nelle amministrazioni delle aziende private che contano e negli enti sovranazionali, senza al tempo stesso sporcarsi le mani con concetti superati come fatica, sacrificio e cursus honorum. Dal momento che preferisco sempre partire da episodi particolari che ho visto con i miei occhi e vissuto con i miei sentimenti, vorrei ora raccontarvi di un altro manifesto dal carattere molto simbolico. Sempre a Neukölln noto una serie di manifesti attaccati sui muri non lontano da casa mia. Dalle tonalità di colore rosso presenti, capisco subito che trattasi di un qualche volantino dell’estrema sinistra. Poiché la via dove ho notato questi manifesti non dista molto dalla Chiesa oggetto degli attacchi summenzionati, in un attimo di ingenuità mi sono illuso che potesse trattarsi di una sorta di solidarietà espressa dai giovanotti anti nei confronti della comunità cristiana ma ho dovuto ben presto ricredermi.

I foglietti infuocati non facevano altro che invitare al boicottaggio di un pub – anzi una Kneipe che in tedesco può voler significare anche bettola – aperto di recente a Neukölln e che secondo i democratici di sinistra aveva avuto il peccato originale di essere stata fondata da un cantante di un gruppo rock – metal il quale avrebbe delle simpatie per dei gruppi politici di estrema destra. Il cantante si chiama Stefan Schröder il quale, oltre ad essere il proprietario del pub, è anche il cantante del gruppo musicale Berserker Berlin, che secondo i militanti avrebbe la colpa imperdonabile di navigare nella zona grigia dei gruppi di estrema destra. A giustificazione del valoroso boicottaggio anti-fascista, gli intrepidi sinistrosi hanno anche preso spunto da alcune frasi del gruppo rock, estrapolate dai relativi testi, che secondo loro svelerebbero l’ideologia nazista di Schröder and company. Eccone un assaggio da loro stessi riportato:

Rinnegare la nostra storia non ha senso, le radici di Goethe e molto altro ancora sono profondamente radicate in noi. Ci volete togliere la storia del nostro popolo, per un uomo pazzo per il quale voi stessi provate vergogna.”

Ora capite bene che fare un semplice riferimento alle proprie tradizioni letterarie ed esporre l’idea che gettare all’ortiche secoli di storia a causa di un’esperienza criminale, sia troppo per le menti delicate di questi nuovi figli della borghesia. Dare la possibilità ad un cantante che ha idee diverse dal globalismo distruttore di paesi e tradizioni di aprire addirittura un bar facendovi perfino dei ricavi per lui e per i suoi dipendenti, grida in effetti vendetta al cielo. Non importa che vi sia gente che lavora e che magari ha delle famiglie da mantenere; l’importante è cacciare il fascista dal proprio quartiere (centrale) e rispedirlo con biglietto di sola andata in qualche quartiere periferico e popolato da camerati, chissà magari anche filo – russi, come Marzahn. Cito un’altra frase della band, erta a pietra dello scandalo dalla psicopolizia rossa:

La lingua, gli usi e la fede sono valori della nostra Patria, senza i quali noi affondiamo ed il popolo muore2

Fossi uno di quei bravi figli di papà, non avrei perso tempo e avrei sposto subito denuncia alla Magistratura per quelle frasi ingiuriose. Ma come si permettono questi nazi di aprire un locale, dare del lavoro ad alcune persone ed al tempo stesso proclamare che senza dei valori forti la nazione muore e non ha futuro? Oltre ad essere degli incorreggibili capitalisti, questa banda di Schröder è anche composta da dei nazionalisti che osano richiamarsi a valori pericolosissimi come la fede e la propria lingua. Posso perciò ben comprendere lo smarrimento dei giovani antifascisti, i quali cresciuti a pane e facebook con selfie di contorno non possono capire chi invece si rifà a qualcosa di vecchio e pericoloso come le tradizioni. Fossi stato in loro, avrei contattato anche i media locali per lanciare una campagna di boicottaggio economico in grande stile ma evidentemente io sarei stato una colomba se fossi stato uno di loro. Infatti secondo le loro testuali parole che chiunque può leggere sul loro sito, giovedì 19 gennaio i giovani antifascisti hanno deciso di fare una visita alla Kneipe del Sig. Schröder. Durante la visita, sempre secondo la loro testimonianza diretta, si sono premurati di compiere il maggior danno finanziario possibile. Cito sempre le loro parole messe per iscritto su Internet:

A quanto pare sono volate alcune pietre contro la grossa vetrata del pub, ma (disgrazia! Nda) hanno lasciato solo alcune tracce.”

La loro testimonianza (in tedesco) la trovate al seguente link:

http://nk44.blogsport.de/2017/01/21/aktionen-gegen-nazis-in-neukoelln/

E’ un vero peccato che la Polizei non abbia voglia di indagare su questi simpatici episodi; evidentemente il reparto “sassaioli” non è ancora stato creato. Mi dispiace anche apprendere che i valorosi rossi non abbiano trovato il tempo di esprimere la medesima solidarietà a chi è anch’esso vittima di violenze per il fatto di essere una minoranza religiosa all’interno del proprio paese. E’ altresì strano che la sinistra, per tradizione così ligia a difendere qualunque tipo di minoranze, non abbia trovato né il tempo né la voglia di fare altrettanto con quella della propria razza, pardon nazione. Sono sicuro che quando l’anno scorso il famoso centro commerciale del lusso berlinese KaDeWe decise di bloccare i vini israeliani provenienti dalle colonie ebraiche del Golan e della Palestina, i valorosi centri sociali locali fossero impegnati in altre battaglie politiche e così si spiegherebbe il loro assordante silenzio sulla vicenda. Avrei voluto vederli all’opera e capire le loro idee in merito alla questione dei vini ebraici, anche perché si sarebbe trattato di un piatto perfetto: colonialismo occidentale in terre arabe, ergo Terzo Mondo, espropriazione della terra ai nativi, sfruttamento schiavistico della manodopera locale, razzismo ebraico nei confronti dei palestinesi; questi come altri fattori avrebbero richiesto una reazione adeguata della sinistra che a quanto pare non c’è stata. Per fortuna che in seguito, anche grazie alle pressioni mediatiche del tabloid spazzatura Bild e del suo direttore ebreo, il divieto della ricchissima KaDeWe è rientrato e anche ora è possibile degustare i succosi vini ebraici sulle terre altrui.

Mi piacerebbe poi assistere ad un boicottaggio di quelle innumerevoli sale giochi arabe, oltre che di locali che vendono kebab a bassissimo prezzo, sparse per Hermannstrasse sempre a Neukölln, le quali altro non sono che un metodo di riciclare i soldi sporchi provenienti dal traffico della droga gestito dai clan libanesi e turchi presenti a Berlino. Avete capito bene: sto parlando di clan mafiosi che come nel Sud Italia spacciano droga a Neukölln, in special modo nel parco urbano di Hasenheide e nella vicina piazza di Hermann Platz, e poi riciclano i ricchi proventi nelle numerose sale giochi e negli spacci di bevande e kebab che si trovano in tutto il quartiere. A vendere la droga sono quasi sempre giovanissimi africani giunti in Germania a richiedere asilo politico, ma ad incassare gli utili sono quelle poche decine di famiglie turche e libanesi che si spartiscono il territorio e che sfrecciano per le vie di Neukölln a tutto gas su Mercedes e BMW argentate. Anche in questo caso i giovani figli di avvocati in eskimo sembrano non avere la stessa baldanza nel denunciare e ciò avviene essenzialmente per due motivi: in primo luogo se qualche compagno denunciasse la mafia libanese ed il riciclaggio di denaro sporco nei vicini locali, verrebbe subito etichettato come razzista e molto probabilmente invitato ad andarsene dal partito. Ma il motivo per il quale nessuno di questi eroi in Nike e Mastercard mai combatterà il traffico di droga, è che sono loro stessi ad essere i consumatori finali. Ancora una volta si ripropone quindi la solita sinistra – in tutti i sensi – alleanza tra i giovani occidentali ed il potere che li manipola e manovra: attacco al fantasma del nazismo/fascismo che non c’è più in cambio di un accesso illimitato ai beni di consumo, legali od illegali che siano.

Sia chiara comunque una cosa: non ho né nessun interesse personale né tanto meno l’ambizione di difendere gli interessi e la personalissima visione del mondo di Herr Schröder e della sua banda di rockettari con simpatie a destra. Quello che vorrei dimostrare, con questo così come col precedente episodio della sassaiola alla Chiesa, è quanto siano fragili i dogmi che negli ultimi anni il governo tedesco ha presentato al resto d’Europa come immutabili. Il primo è quello della società multiculturale e multireligiosa che ora come non mai viene contrapposto ai cosiddetti populisti e alla visione completamente diversa di un Trump d’oltreoceano. Questo piccolo episodio da me narrato, ma chissà quanti avremmo potuto citare se avessimo avuto un’adeguata copertura mediatica, dovrebbe invece portare alla presa di coscienza che l’Islam (sì l’ho detto!) e le società occidentali sono compatibili come l’acqua e l’olio e che il continuare ad accogliere a tamburo battente centinaia di migliaia di giovani migranti musulmani che fanno mediamente tre figli a famiglia condurrà in tempi nemmeno troppo lunghi al rischio di una guerra civile sul suolo europeo. Non ho nemmeno citato – lo farò con dovizia di particolari nei prossimi interventi – una recente affermazione della nostra vecchia conoscenza Erdogan, il quale negli ultimi giorni ha consigliato ai turchi residenti in Germania di non limitarsi a fare solo 3 figli, ma di arrivare perlomeno a 5, per rispondere in maniera adeguata alle continue provocazioni europee contro l’Islam come per esempio la recente decisione della Corte di Giustizia Europea che lascia libero un datore di lavoro di vietare il velo sul posto di lavoro. Senza dimenticare poi il sinistro avvertimento di un Ministro turco secondo il quale vi saranno presto delle guerre sante in Europa. Si badi bene che per diversi anni la Turchia era vista con speranza come uno dei pochi esempi di paesi islamici democratici, nel quale l’Islam avrebbe potuto convivere con uno stato di diritto. Nell’umilissima opinione del vostro scrittore l’ipotesi più plausibile è che arrivi presto il giorno in cui verrà fondato in Germania un partito che abbia come scopo quello di portare in Parlamento le sensibilità e le esigenze dei milioni di musulmani qui residenti; superare lo sbarramento del 5% non sarà affatto arduo.

Il secondo dogma tedesco è quello della completa libertà d’opinione. Leggendo gli articoli del mainstream in Germania, non passa giorno senza che al lettore venga ricordata la fortuna che gli è capitata di vivere in un paese dove, al contrario per esempio della Russia e dell’Ungheria per citarne due, tutte le opinioni vengono rispettate. Il caso del pub descritto dimostra invece come vi siano anche qui dei limiti alla libertà di opinione, oltre che a quella di impresa: se ti inchini di fronte al pensiero unico del politicamente corretto con venature vegane e multi kulti, aprire un locale nel “quartieri giusti” e farci i soldi sarà un gioco da ragazzi. Se invece hai la sfortuna di pensarla diversamente e di avere ancora a cuore valori considerati ridicoli dal nuovo totalitarismo moderno, beh allora è giusto che ti tirino le pietre come cantava una fortunata canzone qualche tempo fa. Questo episodio di intolleranza e violenza politica mi ha fatto balzare alla mente una recente puntata di una nota trasmissione televisiva in Italia nel quale un fantomatico consigliere comunale di Napoli era giunto a giustificare le violenze dei centri sociali contro la visita di Salvini, paragonando quest’ultimo ad Hitler e tracciando un improbabile trait d’union tra i bamboccioni napoletani scesi in piazza contro il leader leghista e la migliore gioventù tedesca che già negli anni ’20 e ’30 aveva tentato di opporsi al nazismo. Il consigliere aveva poi rincarato la dose, aggiungendo come Salvini potrebbe venire a Napoli “a patto che cambi radicalmente le sue opinioni politiche”. Non male davvero come concetto di tolleranza, da applicare in maniera unilaterale a seconda delle convenienze. Anche in questo caso non simpatizzo affatto con Salvini, ma è chiaro che un problemino di coerenza in fatto di tolleranza delle opinioni altrui in Occidente c’è, nella povera Italia così come nella ricca Germania.

A questo punto della narrazione gli estimatori ad oltranza del modello tedesco potrebbero dirmi che, sì certo, la libertà d’opinione in termini assoluti non è presente nemmeno in Germania e che alcune limitazioni sono necessarie per garantire l’ordine pubblico e la pace sociale. Oppure se ne potrebbero uscire affermando che, prima della libertà d’opinione, è più importante garantire il benessere sociale che di sicuro in Germania non manca. A tali critiche mi verrebbe da rispondere con due articoli che ho letto di recente su uno degli organi di stampa che più rispecchiano lo spirito progressista e modernista della maggioranza della popolazione tedesca, senza contare l’appoggio convinto alle politiche economiche del governo Merkel. Stiamo ovviamente parlando del sempre verde Spiegel. Nel primo articolo viene spiegato con dati alla mano come, nonostante la Germania abbia raggiunto le vette mondiali in fatto di surplus di bilancio tra export/import, le quote di povertà ed esclusione sociale sono aumentate progressivamente a partire dalle fantomatiche riforme del mercato del lavoro di quell’altro Schröder. Ecco l‘articolo in questione per chi comprende il tedesco:

http://www.spiegel.de/wirtschaft/soziales/armutsbericht-in-deutschland-ist-die-armut-auf-neuem-hoechststand-a-1137030.html

Nello specifico si registra come la quota di povertà a livello nazionale interessi il 15,7% della popolazione, con un aumento di 1 punto percentuale rispetto al precedente livello del 14,7% fatto registrare 10 anni fa. Solamente 4 länder sono riusciti in qualche modo a migliorare la propria condizione, mentre la povertà è sensibilmente cresciuta nella Capitale del Reich con un aumento dal 20 al 22,4%. Ma è tutta la Germania orientale a soffrire per la povertà crescente con tassi medi di esclusione sociale che si attestano stabili al 20%, anche se a farla da padrone in questa triste classifica è Brema con il 24,1 % nonostante la città si trovi nel ricco Ovest. Insomma non è propriamente un quadro idilliaco quello che si presenta in Germania a quasi 20 anni dalle riforme Hartz e dopo il corso della Merkel che dal punto di vista economico ha puntato tutto sulle esportazioni, realizzate grazie ad un Euro debole, e ad un tasso di inflazione bassissimo. Inoltre è sempre l’organo mainstream Spiegel, il quale dovrebbe essere immune dalla recente ed insidiosissima minaccia delle fake news, ad informarci come gli affitti siano in crescita in tutta la Germania con degli aumenti record che si verificano, guarda caso, sempre a Berlino. Eh già è proprio nella capitale aperta al mondo che si vanta di accogliere e rispettare tutti, che si verificano i maggiori aumenti negli affitti e dei relativi sfratti. Come già riportato dal sottoscritto, a fare la parte del leone sono quei quartieri centrali come Neukölln che da situazioni di degrado urbano si stanno trasformando in centri di aggregazioni di denari, legali od illeciti non fa alcuna differenza, e di giovani borghesi sempre pronti a spendere. L‘articolo che tratta degli aumenti esorbitanti in Germania – ed in special modo a Berlino – lo trovate qua sotto:

http://www.spiegel.de/wirtschaft/service/mieten-steigen-in-ganz-deutschland-a-1138898.html

Io stesso ai primi giorni di gennaio, con la neve che cadeva copiosa e le temperature stabili sotto lo 0, avevo notato una lunga fila di persone che attendeva di fronte all’ingresso di un’abitazione non propriamente nuova. Alla mia domanda sul perché si trovassero lì in fila nonostante il vento e la neve, mi è stato risposto che stavano attendendo la visita di alcune stanze da affittare. Questo era avvenuto ai primi di gennaio e lì fuori ad attendere ci saranno state almeno 30 persone, a contarle brevemente. Questo per darvi un’altra testimonianza in prima persona di come non tutto in Germania luccichi. Anche se mi rendo ben conto che di fronte ad un’Italia sempre più alla deriva, è necessario aggrapparsi ad un mito o, meglio ancora, ad una fede per evitare di annegare. Che poi anche qui la libertà e il benessere stiano diventando sempre più appannaggio di poche persone ben posizionate e desiderose di mantenere lo status quo, come ho cercato di dimostrare con questi brevi esempi, conta poco. A dare un pizzico di ottimismo alla mia analisi, sappiate che ieri sera a Washington Trump si è rifiutato di stringere la mano a Frau Angela, tra il suo visibile imbarazzo e quello dei giornalisti tedeschi presenti in sala. Intelligenti pauca, wie immer.

1http://www.tagesspiegel.de/berlin/armut-in-berlin-fast-jedes-dritte-kind-lebt-von-hartz-iv/13417086.html

2https://linksunten.indymedia.org/en/node/199641

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