Giochi senza frontiere

Prima di entrare nel nucleo incandescente dell’articolo, vorrei riprendere il filo logico precedente soffermandomi nella prima parte sulle recente elezioni britanniche e sull’attentato a Teheran, avvenimento ben più carico di conseguenze funeste per il mondo intero rispetto alla battaglia di Inghilterra. Iniziamo però con il primo punto. Come ben tutti voi saprete, la premier uscente conservatrice May è riuscita a vincere le elezioni britanniche ma ciò nonostante sarà con tutta probabilità costretta a formare un governo di coalizione con il piccolo partito degli unionisti protestanti nordirlandesi, dal momento che non dispone di una maggioranza assoluta in Parlamento. Subito l’unanimità dei media italiani e di quelli tedeschi hanno riportato la catastrofica sconfitta della Signora May che qualche mese fa aveva deciso di ritornare alle urne, convinta di avere con sé una maggioranza più ampia per gestire e condurre a termine con successo una hard Brexit. I calcoli si sono rivelati in effetti sbagliati poiché il partito conservatore, lungi dall’ottenere una maggioranza assoluta forte ed autorevole, ha perso voti e seggi a tutto vantaggio dei laburisti di Corbyn che sono letteralmente risorti dalle ceneri di un anno fa. Tuttavia a mio modesto parere siamo ben lontani dal parlare di una catastrofe o di una debacle elettorale dei conservatori; qualora i fautori della Brexit avessero effettivamente perso le elezioni e la maggioranza contro i laburisti, si sarebbe potuto e dovuto parlare a ragion veduta di sconfitta, ma in questo caso mi risulta che le elezioni le abbiano comunque vinte. Anzi, vi dirò di più ed in questo sarò con tutta probabilità considerato un eretico nell’oceano conformista che celebra la sconfitta (soprattutto a Bruxelles) dei conservatori anti – UE: in verità quella della May è stata una grandissima vittoria! Lasciate che mi spieghi meglio.

Nonostante una campagna mediatica europea che non ha perso un solo giorno per attaccare la stoltezza degli inglesi nel lasciare l’Eden in terra, auspicando per loro un’uscita fatta di sangue e lacrime, la maggioranza della popolazione ha tenuto duro e ha deciso di dare comunque la maggioranza dei consensi ai conservatori nonostante i loro errori tattici. Inoltre, così com’era stato nel caso di Cameron, io da italiano rispetterò sempre quegli uomini politici che decidono di affidare le sorti della loro carriera alla consultazione popolare. La May avrebbe potuto benissimo gestire la Brexit all’interno del Parlamento, dove comunque aveva una maggioranza sicura, ed invece ha voluto chiedere al popolo (perlomeno quello che ne resta) un mandato forte per portare a termine la più importante sfida geopolitica dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. La medesima strategia era stata seguita dal precedente premier conservatore Cameron il quale, convinto che qualche piccola concessione generosamente offerta da Bruxelles avrebbe soddisfatto la sua gente sempre più stanca di quest’Europa, ha giocato tutto sul referendum con i risultati che conosciamo. Ora, signori, ma ve lo immaginate un Renzi, un Gentiloni o un qualsiasi governatore delle Indie à la Monti chiedere di andare alle elezioni poiché non sicuri di avere l’appoggio popolare? Qualche volta fa bene ricordare agli italiani che godono, manco fossero in Curva Nord, delle disgrazie altrui che il nostro/loro paese dal 2011 non ha più una maggioranza parlamentare legittimata dalle urne. Facile parlare di grave errore dopo che l’avversario è caduto e sta ingoiando la polvere, mentre la nostra ottima classe dirigente quando si tratta di referendum con quorum invita teppisticamente la popolazione ad andarsene al mare. Detto questo, c’è un altro motivo per cui io vedo la vittoria della May come insperata; infatti negli ultimi mesi vi sono stati almeno tre gravi attentati terroristici sul suolo inglese rivendicati dall’Isis. Soprattutto nell’ultimo articolo facevo presente come questa strategia non abbia nulla da invidiare a quella della tensione che tra gli anni ’70 e ’80 era riuscita con successo ad inchiodare l’Italia al campo atlantico. Cambiano solo le casacche, passate dal colore rosso/nero a quello nero totale, ma gli obiettivi rimangono i medesimi: si vuole quindi lanciare messaggi, alla stregua di quanto fa la mafia quando obbliga un commerciante a pagare il pizzo, ai vertici politici di un determinato paese che in uno specifico periodo storico desiderano cercare strade alternative rispetto a quelle decise da forze esterni ben più potenti di quello stesso paese.

Nel caso inglese è chiaro come il sole che l’establishment europeista veda come fumo negli occhi l’uscita della Gran Bretagna dal “sogno europeo”. Questo poiché un’uscita con successo economico di quel paese dalla colonia UE potrebbe essere preso come modello positivo anche da altre nazioni, le quali negli ultimi anni hanno perso competitività a danno di un solo paese di cui non farò il nome, che potrebbero appunto tentare di fare lo stesso. A quel punto se la Francia, l’Olanda e perfino l’Italia decidessero di applicare l’articolo 50 del Trattato di Lisbona, così come hanno fatto i conservatori britannici, sarebbe la fine dell’Unione Europea con somma tragedia per i figli di papà che con tutta probabilità dovranno accontentarsi di fare l’Erasmus nella fredda Russia e sempre per quel paese, di cui ancora una volta non farò il nome, che si ritroverebbe con una montagna di crediti non esigibili. Insomma la posta in gioco è altissima e prima di procedere con le bombe destabilizzatrici, qualsiasi potere forte tenterà di utilizzare le carte più logiche da buttare con forza sul tavolo in casi del genere: quelle della menzogna e del ricatto economico.

Così come il picciotto palermitano diffonderà voci diffamatorie sul macellaio del quartiere che non intende versare la consueta mazzetta una volta al mese, come per esempio quelle relative ad una carne conservata male o di scarsa qualità, in modo tale da far scappare i clienti creduloni e di conseguenza far calare gli introiti del negozietto, anche nella libera stampa occidentale abbiamo ver e propri pifferai magici pagati per offendere, screditare ed anche (anzi direi in special modo) deridere i popoli che fanno le scelte sbagliate. In Italia come dimenticare il Sig. Saviano che senza pudore alcuno aveva paragonato le folle che inneggiavano a Hitler e Mussolini agli inglesi che avevano affidato i loro destini ai malvagi populisti? A codesto presunto intellettuale obbligherei a leggere ogni giorno per almeno un anno spezzoni del libro La Pelle di Curzio Malaparte, ultimo libro a finire all’Indice dalla Chiesa Cattolica. Sono sicuro che imparerebbe molte cose interessanti sulla Peste che dalla sua amata/odiata Napoli aveva risalito l’Europa; come non dimenticare per esempio gli ufficiali inglesi che in segno di disprezzo avevano dato divise usate dai loro soldati morti sugli Appennini, camicie e pantaloni letteralmente ancora impregnati di sangue rappreso, agli italiani che volevano combattere contro il Fascismo? Oppure come si fa a non citare la descrizione di una Firenze liberata dai ventenni canadesi uccisi come mosche vicino l’Arno dai cecchini tedeschi, mentre gli italiani liberati trucidavano a suon di mitraglia i ragazzini “fascisti” di fronte ai sagrati delle chiese e attendevano trepidanti nelle loro cantine con i tricolori in mano l’attesa della liberazione? Se potessi parlare con Saviano, gli direi che i nipoti dei nonni inglesi hanno buona memoria. Oppure ci sarebbe il caso di un certo Severgnini che si batte il petto in nome della generazione vecchia ed ormai moribonda dei Beatles, che a suo modo di vedere avrebbe tradito le speranze dei giovani Orgasmus; a quanto pare il buon Beppe è stato promosso sul campo per i suoi servigi dal momento che qualche giorno fa ho letto che è stato invitato anche lui per la prima volta ad una riunione Bilderberg in Virginia, così come il suo direttore del quotidiano La Stampa. Chissà se ne farà un pezzo.

Chiedo scusa al lettore se mi sono divagato un po’. Avrei potuto citare innumerevoli altri articoli della stampa ufficiale contro la Brexit ma per ora basti pensare che il primo passo di ogni guerra che si rispetti è il controllo delle menti – il famoso Impero delle Menti di cui parlava Huxley – e la morte della verità. Purtroppo spesso accade che al di là del Brennero non tutti sono lobotomizzati ed ipnotizzati come cobra e pertanto risulta difficile condurre con successo una guerra propagandistica. Con l’eccezione dei giovani che, al fine di evitare una fila per un visto manco fossero degli extracomunitari pezzenti qualsiasi e per garantire l’accesso notturno alle discoteche e agli späti, sono disposti a beversi tutto, chi ha più esperienza di propaganda da guerra fredda conosce bene i meccanismi che regolano la manipolazione di massa. A questo punto scatta il piano 2, quello cioè dell’intimidazione economica e, se necessario, dell’embargo. Facendo un breve rimando alla Russia, potremo notare che contro quel paese ed il suo popolo si sono usate negli ultimi anni tutte e tre le carte a disposizione prima della guerra sul campo che avverrà a breve: nei primi anni Duemila si sono addestrati terroristi islamici ceceni e caucasici per destabilizzare il paese con il risultato che questi poveri manipolati senza prospettiva sono stati uccisi sulla tavola del cesso (ipse dixit di Putin, non mio), abbiamo avuto poi una stampa che da anni tenta di screditare l’immagine della Russia con il risultato paradossale che sempre più larghe fasce delle popolazione in Europa sono diventate filo – russe (sembra strano ma io non faccio parte del club) ed infine con le sanzioni economiche si è tentato di distruggere l’economia russa, tentando altresì una rivolta dal basso della popolazione impoverita, con il capolavoro diplomatico di aver gettato Gazprom tra le braccia cinesi e di aver lasciato che multinazionali occidentali (per esempio la Ferrero per citarne una) trasferissero la loro produzione in Russia lasciando così i nostri lavoratori in mezzo ad una strada. Ho citato la Russia ma avrei potuto parlare per ore di altri paesi come l’Iraq o la Serbia di Milosevic strangolati da decenni di sanzioni economiche. Nel caso inglese abbiamo una Commissione Europea, non eletta da nessuno, che ora presenta un conto stratosferico di decine e decine di miliardi di Euro al governo inglese che dovrebbe pagare al bilancio comunitario per aver usufruito negli anni passati di numerosi progetti europei. Questo è solo uno dei tanti punti della guerra commerciale tra il blocco continentale e l’isola che si appresta a venire; un altro potrebbe essere quello che vieti letteralmente alla Gran Bretagna di esportare i propri beni nello spazio economico europeo senza prima pagare dazi draconiani oppure la minaccia di far trasferire banche e società finanziarie da Londra a Francoforte. Secondo me queste misure di rappresaglia economica contro la Gran Bretagna a lungo andare non funzioneranno per un semplice motivo: se la Gran Bretagna fosse costretta a trovare mercati alternativi per le proprie esportazioni, non avrebbe di certo grandi difficoltà ad individuarli nell’immenso mondo del Commonwealth (con cui non ha mai pensato di recidere i legami) così come in un’Asia che sempre di più si appresta a tornare ad essere il centro del mondo. Lo stesso discorso si potrebbe applicare per l’importazione dal Continente di frutta, verdura ed altri prodotti alimentari che invece scarseggiano in Inghilterra. I veri fardelli di una guerra commerciale ricadrebbero invece sull’Europa ed in special modo sempre più su quel misterioso paese già accennato prima che esporta beni per decine e decine di miliardi di Euro verso l’UK. Per questo paese situato nel centro geografico dell’Europa il referendum del giugno dell’anno scorso è stato un vero e proprio shock, tanto che la copertina di un suo importante quotidiano filo – governativo se n’era uscito con un emblematico titolo: “Hey Britain, please don’t go!” come cantava una famosa canzone degli anni ’80. Sembra logico che ad un’Europa che impone dazi e chiude agli inglesi l’accesso a questo fantomatico mercato comune europeo composto da mezzo miliardo di benestanti con due case a testa, la Gran Bretagna reagirà con le stesse armi a sua disposizione con la leggera differenza che, rispetto all’Europa, il Regno Unito è un cosiddetto importatore netto di beni. Ciò significa a grandi linee che i britannici importano di più rispetto a quanto esportano in Ger…, ehm volevo dire in Europa. Non occorre essere dei geni di Economia o dei dottorandi alla Bocconi per capire che un’eventuale guerra commerciale tra le parti vedrebbe quei pochi ma importanti paesi che vendono in UK, ridurre drasticamente il flusso delle loro esportazioni verso quel paese con conseguente perdite economiche e taglio di posti di lavoro per quelle aziende esposte verso il mercato britannico. Per gli amanti della storia moderna ricordo inoltre che ogni qual volta v’è stata una guerra commerciale tra la Gran Bretagna ed il Continente Europeo, con relativi blocchi reciprochi nel commercio, ad essere stati distrutti siamo sempre stati noi. Infine un eventuale esodo delle banche e di altre istituzioni finanziarie sarebbe, sempre secondo il mio punto di vista si intende, improbabile per il semplice fatto che il governo May ha proclamato varie volte di voler abbassare le già ridicole imposte sui proventi, profitti, financial gains e compagnia cantante.

Riprendendo il filo logico del discorso, abbiamo visto come la guerra dell’informazione ed un’eventuale rappresaglia economica da parte di Bruxelles non hanno raggiunto gli obiettivi sperati, con più del 40% della popolazione che ha ancora fiducia nei conservatori fautori della Brexit e con una May che è riuscita comunque ad avere la maggioranza del Parlamento. Qual’è invece l’arma più potente del mondo che da quando esiste l’essere umano bipede ha sempre funzionato e che anche in futuro sarà efficace? Elementare Watson, stiamo parlando della paura della morte. Già in un precedente articolo avevo dato conto che lo stesso giorno in cui il parlamento italiano, con la sola eccezione dei leghisti e di qualche sparuto parlamentare della Nuova Destra di Meloni, aveva celebrato in pompa magna i 60 anni dei Trattati di Roma, a Londra all’interno di un altro parlamento si discuteva della Brexit. Al di fuori di quest’ultimo parlamento, come voi vi ricorderete, si era verificato il primo di una serie di attentati dell’Isis che avrebbero influenzato il dibattito politico di quel paese. Guarda caso qualche giorno dopo quell’attentato con un semplice camion, così com’era successo in precedenza a Nizza e Berlino, il governo britannico aveva affidato al suo ambasciatore a Bruxelles il compito di comunicare la propria volontà di applicare l’articolo 50 del Trattato di Lisbona che prevede il recesso di uno stato membro. Passa qualche mese e durante una campagna elettorale che pareva già scritta, si verifica la strage di Manchester ed un secondo assalto sempre con un furgoncino e non lontano dal luogo del primo attentato. Va da sé che gli attentatori sono finiti uccisi come in tutti i casi precedenti. Va anche da sé che il Primo Ministro May, già Ministro degli Interni sotto Cameron, a causa della sua precedente funzione istituzionale abbia ricevuto critiche feroci per i tagli alle forze di polizia e per non aver previsto che individui seguiti ed attenzionati da anni dai servizi potessero compiere quello che hanno fatto. La strategia della tensione sembra abbia funzionato discretamente anche se non ha raggiunto l’obiettivo di far perdere ai conservatori la maggioranza, anche relativa, al Parlamento. Tuttavia lo scopo principale, quello cioè di evitare una Brexit dalle condizioni dure e in teoria da prendere come modello di riferimento anche per altre nazioni europee, è stato raggiunto: anche se ancora in sella, la May non ha più la medesima forza politica che aveva all’inizio del precedente mandato e pertanto sarà per lei difficile, se non impossibile, imporre dei negoziati alle sue condizioni. In ogni caso non è difficile prevedere una mossa logica, che qualunque potere esterno che si rispetti dovrebbe tentare di compiere. Mi riferisco ad una nuova stagione di violenze che potrebbe riaprirsi in Irlanda del Nord, alla luce del fatto che il locale piccolo partito unionista sarà decisivo per garantire la maggioranza in Parlamento ai conservatori.

Da notare che la piccola Irlanda del Nord sta conoscendo una stagione di relativa calma a partire dai cosiddetti accordi di Pasqua del 1993, fortemente voluti da un giovane Tony Blair. Perché dico relativa? Perché nonostante tutti i gruppi paramilitari siano stati smantellati da tempo, ogni anno si verificano scontri e scaramucce tra i cattolici che vorrebbero la riunificazione con l’Irlanda ed i protestanti che invece vogliono rimanere fedeli all’Union Jack. La tensione raggiunge ogni anno vette pericolose alla grande marcia degli orangisti che si tiene ogni 12 luglio a Belfast. Chi diavolo sono ora codesti orangisti, vi chiederete stremati voi? Altro non sono che gruppi di protestanti nordirlandesi ma anche stranieri che ogni anno marciano nelle strade di Belfast e di altre città dell’Ulster per celebrare la vittoria del re protestante Guglielmo III d’Orange (da qui il nome) contro le truppe cattoliche inglesi e francesi capitanate dal re cattolico Giacomo II Stuart nel lontano 1690 a Boyne, non lontano da Dublino1. Al di là della valenza storica e quasi folkloristica della vicenda, con le bande orangiste che marciano con flauti e tamburi in una sfilata oserei dire carnevalesca, la storica marcia è un mezzo politico per ribadire da parte degli unionisti la loro supremazia nei confronti dei cattolici nordirlandesi, che dall’altra parte sognano da sempre di essere annessi dalla madrepatria. Ogni anno appunto si verificano scontri tra le due comunità, anche perché gli orangisti si impuntano a tutti i costi di voler sfilare in maniera provocatoria nei quartieri a maggioranza cattolica e di fronte ai relativi luoghi di culto. Quest’anno la consueta sfilata potrebbe essere la miccia pronta a far detonare il governo centrale; pensiamo solo alla possibilità non remota di infiltrare in entrambi i gruppi agenti provocatori ed infiltrati in grado di scatenare una mega rissa tra le due comunità, condita da reciproche sassaiole e chissà anche da qualche colpo di pistola. Se dovesse scapparci il morto come a Genova, la vedo dura che una May sommersa a quel punto da un oceano di critiche possa continuare a governare. Tenendo conto che esponenti del medesimo partito unionista nordirlandese che ora reggono le sorti del governo saranno presenti alla sfilata, sarà un gioco da ragazzi strumentalizzare l’intera vicenda. Aggiungo un dettaglio che giustamente nei giornali italiani a suo tempo era passato in tredicesima pagina: alle ultime elezioni regionali nell’Irlanda del Nord il partito cattolico e filo – irlandese del Sinn Fein aveva raggiunto per la prima volta nella storia delle elezioni nella regione la maggioranza, seppur relativa, dei voti. Non è difficile prevedere che bolleranno presto tutti quegli ingredienti per una nuova escalation in Irlanda del Nord, a quarant’anni dai Troubles di Derry, in grado di screditare l’azione politica dei tories ed indirettamente di mettere un ostacolo in più alla Brexit.

Ora mi fermo per tentare di giungere a delle conclusioni il più generali possibili. Innanzitutto qualcuno si chiederà perché mai ho deciso di porre come immagine all’articolo il tweet del Segretario di Stato statunitense Rex Tillerson – corrispondente di un nostro Ministro degli Esteri – in merito al recente attentato di Teheran. Vediamo prima cosa dice codesto cinguettio: Teheran, il primo stato sostenitore del terrorismo, colpito da un attacco terroristico. Ossia: quando di trovi faccia a faccia col mostro che hai creato tu”2. Devo commentarlo o ci arrivate da soli? Ora il fatto che questi attacchi terroristici sempre rivendicati dall’Isis e dalla loro portavoce israeliana colpiscano stati che nel nostro impertinente immaginario collettivo fanno parte del Terzo Mondo, come Afghanistan ed Iran, non ci stupisce, vero? Le nostre vite continuano incessanti e la moda di postare sulle bacheche bandiere di stati vittima sembra ormai scemata. Quello che mi stupisce è che l’onnipotenza ed il senso di impunità di queste entità è arrivato ad un livello tale che non si preoccupano nemmeno più di condannare ipocritamente gli attacchi verso altri paesi diversi dal loro modello né tanto meno si prendono la briga di nascondere la propria soddisfazione per il bersaglio colpito. E’ chiaro anche qui, o almeno dovrebbe esserlo, che il tweet di Tillerson è anch’esso un messaggio di tipo mafioso, giunto qualche giorno dopo la visita di Trump a Ryad e la relativa commessa militare di qualcosa come 330 miliardi di dollari spalmati in 10 anni. In fondo non era stato sempre Donald ad informarci che il vero stato che finanzia il terrorismo islamico è l’Iran? Detto e fatto. Quello che mi spaventa veramente è pensare che ci sia ancora gente convinta che si possa salvare il mondo e mutare la millenaria natura del potere andando in piazza con striscioni (anzi ora la resistenza si fa dal divano con FB) oppure mangiando pomodori bio. Ma ci rendiamo conto che loro sono in grado di influenzare un’elezione politica in un paese sede della finanza internazionale e con 80 bombe atomiche in pancia e di tenere per le palle un presidente in America e di massacrarlo ogni secondo manco fosse Jack lo Squartatore solo perché non vuole applicare quel’1% dell’agenda che ancora manca? Ma se potenze del calibro di Regno Unito, USA e Francia vengono governate dai loro uomini obbligati a mettere le firme di fronte alle telecamere, cosa possiamo fare noi uomini della strada? Forse è il caso di rimettere in discussione anche la natura di questo stesso blog, prenderlo cioè come mero hobby, per non parlare poi delle decine di attivisti o semplici cittadini convinti di influenzare l’azione dei governi mettendo una X all’interno di un quadrato ogni 5 anni.

Insomma, cercando di non essere più patetico di quanto non lo sia già, ma quando all’epoca Falcone diceva che la gente assisteva alla guerra tra Mafia e Stato dal balcone come se stesse osservando una corrida attendendo solo di celebrare il vincitore di turno, aveva forse torto?

1https://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_del_Boyne

2Si ringrazia il sempre ineffabile Direttore Blondet.tillerson-esulta

2 Risposte a “Giochi senza frontiere”

  1. Pero’ lei ha uno stomaco e pazienza d’acciaio a leggere tutti i quotidiani
    nazionali ed esteri e dopo non vomitare.
    La massa, come dal libro che le avevo consigliato, non conta
    niente, o almeno c’e massa e massa, direi che c’e la massa delle
    primavere colorate e la massa di coloro che chiedono che venga
    rispettata la loro condizione civile, comunque una ha sempre
    ragione e fa cadere i governi l’altra invece non impensierisce
    la posizione dei governanti in carica.
    Il popolo e’ una entita’ astratta richiamata da tutti ma alla fine
    dei conti non ha peso, immagini che dopo la morte di oltre
    100 milioni di persone uccise nell’ultimo conflitto si celebra
    a livello mondiale solo la morte di sei milioni. Questa cifra le capire che
    i governi hanno sempre paura di un pugno di persone e non
    della massa amorfa buona solo per i sondaggi e per spaventare
    l’individuo con la paura della marea umana.
    Questi attentati alla folla, hanno una matrice etnica, e’ un
    olocausto da offrire alla loro divinita’.
    Nessun cristiano, musulmano, indu’ o buddista ha nella sua
    etica il massacro indiscriminato, e’ vietato dalla religione e
    dall’etica del combattente.
    Se legge la storia passata anche gli anarchici colpivano solo
    obiettivi precisi senza sacrificare gli innocenti, il libro da me
    consigliato ne parla. Dopo questo capisce che chi usa questi
    metodi ha una etica e morale al di fuori della massa.
    La may come prima cosa ha voluto restringere la liberta’ di
    internet, perche’?
    Corbyn e cameron sono della stessa famiglia.
    Poi, il libro parlava di come la societa’ e’ composta, nelle sue
    letture dei maggior quotidiani ha mai sentito il parere dei
    capi militari o polizieschi?
    Senza questo potere nell’ombra non esiste governo che possa
    reggere, la folla che assalta il palazzo del governo e’ composta
    per la maggior parte da professionisti fedeli a questa casta.
    Guardi, la fattoria degli animali del massone e agente mi6 Blair,
    viene in mio aiuto per spiegare le rivoluzioni.
    Gli italiani e l’italia? e’ una favola per far addormentare il popolo bue.

  2. Veramente complimenti per il tuo blog, sei un grande!!!
    È raro trovare una prosa così disinvolta, simpatica ed audace.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *