L’elogio della follia 2.0

employ refugees

C’è poco da fare, ammettiamolo. Anche le persone più critiche nei confronti della realtà germanica non possono negare che i tedeschi avranno di sicuro mille pecche da farsi perdonare ma almeno non difettano della coerenza e della tenacia nel perseguire i propri obiettivi. La caratteristica più sorprendente della Germania di ieri e di oggi sembra proprio quella di andare fino in fondo alle proprio ambizioni, non importa se poi ci si vada a schiantare contro un muro già visibile a chilometri di distanza. Sarò un fanatico del secondo periodo bellico ma pensiamo solo per un attimo a come la popolazione tedesca, ragazzini e vecchi inclusi, avesse combattuto fino agli ultimi giorni per difendere la propria capitale dall’avanzata sovietica; eppure tutti sapevano, benché ben pochi osassero dirlo ad alta voce, come la guerra fosse ormai perduta già nelle dune di El Alamein e nelle steppe glaciali di Stalingrado. Sebbene insomma le sorti del conflitto fossero già segnate dal ’43, la popolazione come un sol uomo seguì il suo Führer morendo ed uccidendo inutilmente fino a che non venne firmata la resa. Certo i tempi sono cambiati: ora è l’economia che regola tutto. Tuttavia la tenacia e la coerenza spinta fino in fondo rimangono una caratteristica ben visibile nel modus operandi tedesco.

Qualcuno definirà questa tenacia d’animo in verità come un’ottusità mentale che si rivela incapace di reagire tatticamente alle imprevedibili difficoltà che ogni opera umana riserva al proprio autore. Qualcun’altro invece elogerà questa disciplina teutonica che sacrifica l’individuo di fronte alle esigenze imprescindibili della collettività. Quel che è certo è che alcuni dogmi politici e soprattutto economici dei vari governi Merkel che si sono susseguiti negli ultimi anni, e che a breve descriverò, hanno squarciato la già precaria unità europea dividendo ancor di più i propri popoli. Uno dei dogmi che illustri giornalisti ed intellettuali italiani, come per esempio Eugenio Scalfari ed il mio conterraneo Claudio Magris, ci hanno propagandato ed elogiato dalle colonne dei quotidiani è sicuramente quello dell’accoglienza tedesca nei confronti dei profughi. Chi segue questo blog, sa bene come il sottoscritto abbia dato moltissimo spazio ed attenzione al tema in questione e conosce altresì bene quanto io sia stato critico verso tale presunta politica umanitaria. Ebbene questo tema è stato forse quello che più di ogni altro ha contribuito, perlomeno di fronte alle opinioni pubbliche che si sono recate alle urne, alle vittorie delle destre in metà Europa, all’ascesa di Trump e alla Brexit. Chi come me vive dal 2015 se non prima in Germania, sa anche bene come il governo di larghe intese socialista – democristiano abbia tentato in tutti i modi di mettere a tacere le voci critiche dell’accoglienza di un milione di siriani con la solita e stanca accusa di nazismo, fascismo di ritorno, razzismo e altri ismi vari.

 

Come dimenticare poi il black out mediatico, uno dei tanti, che nelle prime due settimane dell’anno di grazia 2016 aveva gettato un velo d’oblio sui gravi abusi sessuali da parte di profughi ed altri stranieri (molti a dire il vero con passaporto tedesco) verificatisi durante la notte di Capodanno soprattutto a Colonia ma anche in molte altre città tedesche. Solamente le denunce di donne molestate ed in alcuni casi violentate da stranieri parlanti arabo, sempre più numerose, e le altrettante affollate manifestazioni di protesta avevano costretto i liberi media tedeschi ad occuparsi del caso e a parlarne. Non se ne ricorderà più nessuno ma la sindaca, per citare la Boldrini, di Colonia – la grüne Henriette Reker – aveva pensato bene di consigliare le donne a stare lontane almeno „un braccio di distanza” dagli stranieri e di evitare di allontanarsi dal proprio gruppo, per non parlare poi dell’intimazione paternalista di non cercare di propria iniziativa la vicinanza e la conoscenza con persone che non si conoscono. Non male per il paese leader economico in Europa che fino a qualche mese prima si vantava col petto in fuori, e forte anche delle accoglienze verso i profughi a base di applausi scroscianti e lacrime di commozione, di essere non solo una potenza economica bensì anche morale.

Ebbene dopo tre anni come siamo messi? La prendo larga. Qualche mese mentre stavo camminando nel quartiere multi kulti per eccellenza di Neukölln, il mio sguardo aveva notato alcuni manifesti di una certa grandezza che avevano fatto capolino in diverse stazioni della metro. Si vedevano primi piani di giovani donne e uomini sorridenti, se non felici manco avessero vinto al Superenalotto. Inoltre si notava subito quanto i lineamenti non fossero europei, bensì mediorientali. Il titolo presente in tutti i manifesti era Farbenbekennen, che in italiano potrebbe tradursi con il bizzarro “confessare o ammettere il proprio colore”. Per farla breve essa altro non è che una delle tante operazioni propagandistiche, pardon iniziative culturali, che la sinistra al governo da sempre a Berlino sta ora utilizzando per lavare il cervello alla gente nel persuaderla che una società multiculturale non solamente è possibile ma porterebbe vantaggi a tutti. Se da una parte nei manifesti in questione si vedono per lo più i mitici profughi siriani e qualche africano nero che non guasta mai per il politicamente corretto, dall’altra il particolare che dovrebbe sorprendere l’osservatore è che non compaiono veli o barbe irsute che rammentano l’Islam e la sua intima mancanza di laicità. Tutti i testimonials della campagna1 sono giovani profughi arrivati in Germania nel 2015, se non prima, che si slanciano in dichiarazioni d’amore verso quella che loro definiscono la loro nuova patria. Non compaiono perciò riferimenti al clima d’odio e razzismo sempre più crescente nel paese e che si manifesta in quotidiani assalti se non addirittura incendi delle strutture d’accoglienza per i profughi, senza contare le difficoltà anch’esse quotidiane per uno straniero nel comunicare i propri sentimenti con un popolo famoso per la propria simpatia ed empatia umana. Stando a quanto da loro affermato, sembra proprio che abbiano trovato il paradiso in terra dopo essere fuggiti dall’inferno fatto di guerra e distruzione. Riporto alcuni passi dei cittadini tedeschi di domani, che maggiormente testimoniano il loro invaghimento nei confronti del popolo e della società intera tedesca:

In Iraq non potevo esprimere liberamente le mie opinioni. Qui invece c’è libertà. Qui domina (herrscht) la democrazia e non c’è guerra.”

Qui chi non parla tedesco, non può integrarsi. Questo divide la società.”

Ho sentito dire (sic) che la Germania ha bisogno di giovani uomini e donne volenterosi e che desiderano lavorare.”

A malapena conosco un popolo come quello tedesco che si è dimostrato così disposto ad imparare dal passato.”

In Siria non conoscevo alcun futuro. Qui invece sono libera. Qui veniamo trattati come uomini.”

Mi ero quasi dimenticato di svelarvi un particolare importante: il secondo titolo della campagna mediatica è Was ist typisch Deutsch?, ossia “Cos’è tipicamente tedesco?”. Partendo da questa domandona esistenziale i giovani profughi hanno descritto nelle poche righe da me riportate sopra la loro idea di Germania, per poi passare subito dopo a descrivere le loro occupazioni a Berlino. Non ce n’è uno che tagliuzzi kebab, che faccia il magazziniere in qualche lager (tradotto letteralmente in italiano = magazzino o deposito), che spedisca pacchi per DHL, che pulisca i cessi del Mc Donald’s, che smerci frutta e verdure scontate nei mercati, che cerchi di sopravvivere guidando un taxi nonostante Uber, che venda sigarette in edicola, che ripari biciclette a Wedding, che faccia il buttafuori in squallide discoteche di periferia, che tagli capelli per meno di dieci Euro, che serva caffè acquoso nei bar, che proponga alcool negli späti, che cambi il pannollone ai vecchi paraplegici che una volta facevano parte della Hitler Jugend, che si alzi alle quattro di mattina per infornare il solito pane standard tedesco uguale da Kiel a Costanza oppure che più semplicemente perda il proprio tempo nei tanti shisha bar dopo aver passato la propria mattinata al Job Center. Invece i giovani sorridenti dei poster in questione descrivono entusiasti le loro professioni così cool e al passo coi tempi moderni: c’è addirittura chi fa il videoblogger o il film maker, chi organizza spettacoli teatrali in cui recitano assieme tedeschi e stranieri, un altro lavora per una tv digitale, un altro si dichiara rapper, una ragazza di appena 17 anni invece desidera studiare all’università ma a tempo perso canta in un coro rigorosamente misto, mentre una giovane donna si vuole impegnare negli asili per integrare ancora di più i bambini stranieri con quelli tedeschi. Non poteva mancare poi chi organizza workshop culturali oppure chi dona il proprio sangue per i più bisognosi. Ripeto: non ho trovato uno che dichiari di svolgere mansioni cosiddette umili e poco pagate.

Eppure basterebbe lasciare la macchina a casa e farsi un giretto a piedi o con la metro per i “quartieri caldi” di Berlino per accorgersi che la situazione è un pochino più complessa, per citare Andreotti. Oppure basterebbe sdrammatizzare l’intera iniziativa del governo locale de sinistra, finanziata si badi bene dal Senato della città, per accorgersi della mala fede del progetto. Eppure mentre sto scrivendo questo articolo, dopo quelle politiche anche le realtà imprenditoriali del paese hanno deciso di alzare il tiro. Ancora una volta per conquistare i cuori e le menti del popolo tedesco sempre più scettico, si è deciso di riempire le stazioni ferroviarie e quelle delle metro di notevoli manifesti raffiguranti giovani profughi – questa volta solo maschi – intenti a lanciare dei messaggi alla cittadinanza. Almeno per questa volta bisogna dare atto a chi ha avuto la bella pensata di non essere stato affatto ipocrita e di aver gettato la maschera sui veri scopi dell’iniziativa; infatti essa si basa sull’assunto ahimè incontrovertibile che la Germania ha un disperato bisogno di manodopera – guarda caso c’è chi dice un milione di persone esattamente corrispondente al numero di soli siriani fatti entrare da tutte le forze politiche nel 2015 – per mantenere il proprio miracolo economico. Ragion per cui in questi nuovi manifesti, questa volta con cornice nera per accentuare la gravità della situazione, si vedono uomini che sempre in poche righe raccontano la loro tragica esperienza di profughi scampati a morte certa e torture varie ma al tempo stesso fanno outing confessando di essere belastbar, teamfähig, zielorientert e stressresistent.

Tradotto per i non parlanti tedesco: i volenterosi nuovi lavoratori del Quarto Reich dichiarano di averne passate di cotte di crude nei loro paesi d’origine, ergo sono in grado di lavorare a ritmi altissimi proprio perché resistenti, team player, orientati all’obiettivo e resistenti allo stress. Per commuovere il pubblico e i loro futuri datori di lavoro, che immagino offriranno loro uno stipendio al di sopra della media tedesca viste le passate disgrazie, vengono brevemente riportate le loro storie. A mettere la ciliegina sulla torta, il lettore dovrebbe sapere che ad avere ideato l’iniziativa è un’agenzia privata a fine di lucro denominata col solito inglesismo di circostanza social bees – letteralmente api sociali – il cui core business è quello di raccogliere le candidature e i curriculum dei tanti profughi disposti a lavorare e a metterli in contatto diretto con le aziende che potrebbero essere interessate ad assumerli2.

Come detto, se non altro questa ennesima ondata propagandistica ha il merito di gettare la maschera sui veri obiettivi dell’accoglienza governativa tedesca. Da anni esponenti intellettuali del calibro di Bagnai, recentemente candidato con la Lega, tentano di spiegare alle anime pie come l’accoglienza a braccia aperte di disperati non sia stata giustificata da motivi umanitari, come i media nostrani e tedeschi tentano di farci credere, bensì attraverso mere cause economiche. Io stesso su questa piccola zattera nell’oceano spesso insidioso del web ho battuto più volte a caldo su un piccolo dato statistico quasi mai rivelato al grande pubblico, che ci comunica come entro il 2050 un cittadino tedesco su tre avrà più di 65 anni e quindi si appresterà, allungamento delle aspettative di vita e riforme governative permettendo, ad andare in pensione da lì a qualche anno. Consiglio a chiunque desideri consultare grafici statistici molto chiari sul passato, presente e futuro della Germania il sito Statista.de il cui contenuto dovrebbe essere chiaro anche a chi non mastica – non si perde nulla, intendiamoci – il tedesco.

Già ora la maggior parte delle pensioni tedesche non sono così ricche come un italiano potrebbe pensare; infatti non è raro che un vecchio già andato in pensione decida di svolgere qualche lavoretto part – time per poter sopravvivere. Questa è la realtà odierna del paese più ricco d’Europa e con il più alto export del mondo, come penso tutti voi saprete. Se il trend non verrà invertito, i quarantenni di oggi non se la vedranno meglio tra qualche annetto. Senza contare che la Germania, per le cause storiche note a tutte, si è lasciata ciclicamente massacrare in due guerre mondiali ed ancora oggi ne paga pegno con una grave crisi demografica che a partire dal ’45 non ha mai conosciuto requie. Insieme al Piano Marshall “generosamente” elargito dagli occupanti americani, il secondo fondamentale fattore di sviluppo è stato incentivato dall’importazione massiccia di italiani, greci, spagnoli, serbi, croati, ex jugoslavi in genere, turchi, libanesi (in special modo durante la guerra in Libano del ’82) per finire con gli arabi e i siriani nel 2015. Pertanto quest’ultima ondata migratoria si situa all’interno di una storia decennale di un paese cresciuto grazie all’apporto di milioni di stranieri venuti qui a lavorare con paghe basse. Questo per semplificare al massimo.

Il problema che sta inquietando molti tedeschi è che l’ultima ondata migratoria composta da turchi prima, arrivati dagli anni ’70, e da arabi poi non è stata soddisfacente in termini di integrazione culturale. Il povero tedesco della strada, sempre così simpatico ed aperto ma soprattutto mentalmente elastico, non si riesce a capacitare del perché milioni di turchi fatti entrare direttamente nelle industrie del paese non vogliano avere nulla a che fare con i cosiddetti valori occidentali tradotti in soldi, successo, casetta con giardino, automobilina da lavare ogni domenica e si ostinino invece a vivere nei ghetti urbani assieme alla propria gente. Ora va di moda il termine di società parallela – parallele Gesellschaft – per descrivere tutta quella serie di situazioni nelle quali determinate minoranze etniche decidono di parlare la propria lingua e di non volersi integrare nella opulenta società tedesca. Eppure, come da me fatto notare in maniera ironica, nei manifesti dei profughi che si chiedono cosa sia tipicamente tedesco questa realtà non compare; bisogna perciò tranquillizzare l’opinione pubblica e far credere che l’autorità ancora una volta ha intrapreso la strada giusta. Non bisogna per esempio citare la criminalità organizzata e spicciola che da anni sta crescendo in tutte le grandi città tedesche. Nei cinegiornali del nuovo Istituto Luce che compaiono ogni sera nelle case di milioni di famiglie difficilmente troverà spazio la assoluta sproporzione tra crimini commessi da stranieri e la loro rappresentanza demografica sul totale della popolazione.

Tuttavia il vero obiettivo dell’integrazione è economico, come detto. Oltre alla necessità di rallentare il declino demografico in itinere dal ’45, qualsiasi governo che si ripresenterà domani in Parlamento avrà come obiettivo quello di salvaguardare il vero dogma tedesco: quello della deflazione. Anche in questo caso la storia ci viene incontro nel ricordarci come tutti i governi tedeschi succedutisi negli anni abbiano avuto come scopo principale quello di evitare un’inflazione a due cifre, che a loro modo di vedere potrebbe far ricomparire il rischio di una nuova sindrome da Weimar. In verità la deflazione tedesca si basa sull’assunto economico secondo il quale il paese leader in Europa debba esportare quanta più merce possibile all’esterno dei propri confini. Come il lettore saprà, la Germania assieme alla Cina si situa ai primi posti non solo in Europa bensì nel mondo intero come paese esportatore di merci. Per permettere ciò, i vari governi Merkel hanno imposto una riduzione salariale interna ed una deflazione anche per gli altri paesi europei in modo tale da permettere questo continuo deflusso di propri beni all’estero. Non è un mistero per nessuno come l’intera Unione Europea stia conoscendo da anni un periodo di inflazione pressoché inesistente che ha permesso di tenere bassi i salari e di conseguenza i prezzi. Ciò avviene anche e soprattutto in Germania dove i vari estimatori del modello tedesco si stupiscono ogni volta che fanno la spesa qui per i prezzi bassissimi rispetto all’Italia, ma si dimenticano oppure non sono culturalmente in grado di capire come ciò sia causato dalla deflazione interna e a monte da una crescita limitata dei salari reali che sono rimasti pressoché fermi addirittura dal 1993.

Perfino la celeberrima banca d’affari Goldman Sachs in un report pubblicato esattamente un anno fa, riportato dal noto sito bolscevico Business Insider Italia3, si lamentava di come la Germania della Signora Kasner nulla abbia fatto negli ultimi anni per far crescere i salari reali interni ed incentivare gli investimenti. Nello specifico la banca d’investimento non riusciva e non riesce nemmeno oggi a capacitarsi di come di fronte ad un’inflazione calata del 5%, i salari interni siano cresciuti di un misero 2% invece del 9% da esso calcolato. Secondo le testuali parole della nota banca d’affari, tutto ciò era e resta inspiegabile. In verità i consulenti che hanno redatto l’impietoso report contro la Germania, non sono di certo nati ieri e sanno bene come la compressione salariale assieme ai prezzi bassi vada di pari passo con una politica di export selvaggio nei confronti degli altri paesi europei e non (ho forse accennato alla vittoria di Trump?), i quali a loro volta si sono indebitati sempre di più nei confronti della Germania. Dicasi semplicemente ordoliberismo o, se volete, neomercantilismo di stampo tedesco. Sarebbe un discorso più lungo che andrebbe per forza di cose a toccare l’intero impianto dell’Euro e la presenza non affatto casuale di un tasso fisso di cambio, che costringe appunto gli altri paesi a mantenere un’inflazione più bassa rispetto a quella tedesca, ma non essendo io un economista mi fermo per ora qui.

Finora anche grazie alla nota obbedienza della popolazione tedesca di fronte alle direttive del Führer di turno, l‘obiettivo di congelare i salari reali, garantendo così una bassa deflazione sia all’interno del paese che in tutta la UE per poter esportare con facilità i propri beni, è stato raggiunto senza particolari patemi. Tuttavia in questo stesso paese dove l’attuale tasso di sindacalizzazione è sceso ad un minimo 19% ed il più antico partito socialdemocratico del mondo si trova in uno stato pietoso per aver abbracciato tutte le riforme neoliberiste da Schröder in poi, si avvertono le prime crepe. Non solo i tedeschi impoveriti dell‘Est, i cosiddetti Ossis ancora molto disprezzati e derisi dai cugini ricchi dell’Ovest, hanno da tempo mangiato la foglia votando per protesta i partiti populisti ma per la prima volta da anni si avvertono i segnali di una mobilitazione sindacale volta ad ottenere salari più alti. Prima è stato il turno del sindacato metallurgico IG Metall, il più grande in Germania, il quale ha richiesto aumenti salariali ed una diminuzione della settimana lavorativa pena sciopero, poi è stato quello degli impiegati pubblici che per la prima volta dopo anni hanno minacciato anch’essi la mobilitazione generale per avere degli aumenti salariali. E’ ben poca cosa di fronte ad un paese sempre più diseguale e con poveri in costante aumento ma non sono segnali da sottovalutare.

Nel modesto parere di chi scrive, l’integrazione lavorativa di un milione di profughi con ricongiungimenti familiari connessi è funzionale al mantenimento dei salari bassi e della conseguente deflazione descritta sopra. Non occorre essere dei geni, ed in questo i manifesti della seconda ondata ci aiutano in maniera esemplare, per capire come persone fuggite da morte certa o nel migliore dei casi da una vita precaria ed infame, accetteranno qualsiasi condizione lavorativa. Per loro non sarà di certo un problema accontentarsi di un salario minore di quello dei colleghi tedeschi, anche se magari sono più specializzati di quest’ultimi. Anzi saranno loro stessi a rimarcare di essere resistenti, volenterosi, pronti a tutto, etc. proprio perché hanno vissuto situazioni ben peggiori. Questo circolo maligno, di certo non avviato dalla Merkel ma facente parte da tempo dell’intero sistema economico tedesco, permetterà di avere da una parte una manodopera straniera fedele ed anzi elogiativa di un paese come la Germania che li ha manipolati facendo loro credere di averli salvati da morte certa per mera bontà, mentre dall’altra assisteremo ad un fenomeno già avviato ora ma che peggiorerà e che vedrà una massa sempre più consistente di “nativi” tedeschi delusi ed arrabbiati che si affideranno alle destre.

Infatti come sorprendersi se un tedesco dell’Est, ma non solo, che da anni è costretto ad accettare qualsiasi lavoro dal Job Center dopo averne perso quello stabile a causa della riunificazione, non si senta tradito dal sistema e pronto a giocarsi il tutto per tutto con i partiti cosiddetti populistici? La rabbia inoltre sta montando violenta anche per essersi accorti che i soldi pubblici (20 miliardi di Euro all’anno) sono comparsi per miracolo all’improvviso con la scusa di dover aiutare i poveri profughi, dopo che per anni i tedeschi disoccupati dell’Est erano stati lasciati a sé stessi. Qualcuno più paziente di me lo spieghi alla sinistra alternativa, bitte. Quello dell’accoglienza è perciò un azzardo pericolosissimo ma del tutto coerente con lo sviluppo economico tedesco degli ultimi decenni. Molti politici ed anche milioni di cittadini staranno pensando: Finora ci è andata bene! Perché la situazione dovrebbe mutare? In verità a gelare le aspettative di crescita infinita ed integrazione pacifica, sembra ci abbia pensato il Land più ricco del paese. Secondo infatti le seguenti affermazioni della responsabile della CDU bavarese per i rapporti con le piccole e medie imprese, una certa Carsten Linnemann, 4:

La maggioranza dei profughi che viene da noi non ha nessuna possibilità di mettere piede nel nostro mercato del lavoro nel breve o medio termine. Ciò è dimostrato da campioni casuali prelevati dall’Agenzia Federale per l’Impiego. Solo circa il 10% dei profughi registrati (molti altri non lo sono e lo stesso governo federale ancora oggi non sa per esempio con esattezza quanti minori non accompagnati sono in giro per il paese nda) sono collocabili nel mercato del lavoro.”

La stessa responsabile del partito della Merkel per i rapporti con le imprese rincara la dose, aggiungendo che gli ostacoli maggiori sono rappresentati oltre che da una bassa, per usare un eufemismo, conoscenza del tedesco anche da un tasso di analfabetismo molto alto. Detto altrimenti per chi non ha compreso la portata di codesta affermazione: i giovani disperati che arrivano in Germania e che dovrebbero perpetuare il miracolo economico della locomotiva d’Europa, non solo hanno difficoltà ad esprimersi in tedesco, il che di per sé sarebbe anche logico, ma spesso non sono nemmeno in grado di scrivere e comprendere un testo nella propria lingua. Visto che il leit motiv di questo articolo sono i manifesti rivolti alla popolazione, allora mi ricollego ad altri visti di recente nei quali il governo ci comunica pubblicamente la volontà di combattere l’analfabetismo di ritorno ancora presente in larghi strati della popolazione. Chissà come mai. Ci sarebbe anche da aggiungere che, secondo alcune rivelazione dell’Ocse, il livello d’istruzione in Germania è in caduta libera da anni e che le competenze matematiche e di scrittura degli alunni delle scuole elementari e medie sono in continuo peggioramento, ma è meglio non creare dell’inutile allarmismo per chi elogia il multiculturalismo integrativo anche nelle aule scolastiche.

Neanche un’altra collega bavarese del partito CDU, una certa Ilse Aigner, che altro non è che il Ministro dell’Economia della Baviera pare essere particolarmente ottimista:

La storia del profugo con un buon livello di formazione (gut ausgebildet) non torna. Più di un terzo dei nuovi arrivati ha solo un diploma di scuola elementare oppure addirittura nemmeno quello. Il numero degli analfabeti cresce. Sta diventando sempre più chiaro come i rifugiati potrebbero aiutare solo in misura limitata ad affrontare la carenza di competenze.”

La stessa società di mediazione tra profughi potenziali candidati e aziende – la Social Bees spa citata all’inizio – riconosce anche lei le difficoltà visto che nella sua pagina iniziale online scrive a chiare lettere come, nonostante i numerosi sforzi e promesse da parte di 29 grosse imprese quotate nel DAX, fino al 2016 sono stati assunti solo la bellezza di quattro profughi. No, non è un errore di battitura da parte mia: confermo che, secondo le stesse parole dell’azienda di intermediazione, sono stati assunti fino al 2016 ben 4 profughi di fronte ad un totale di mezzo milione di rifugiati, sempre secondo le fonti dell’azienda, che tuttora stanno cercando un impiego in Germania. Per intenderci, le aziende quotate nel DAX sono l’equivalente tedesco delle grandi aziende italiani o multinazionali quotate in borsa. Possiamo annoverare, per citarne solo alcune conosciute da tutti, la Bosch, la Bayer e la Volkswagen. Giusto per avere un’idea di cosa stiamo parlando.

Per concludere, la situazione in Germania non si può definire rosea ma la popolazione e la classe dirigente sua proiezione è rinomata per la sua tenacia nel non arrendersi mai e di perseguire fino in fondo gli obiettivi che loro ritengono essere giusti, anche a costo di schiantarsi. Non sarà forse un caso che con tutta probabilità il paese si doterà dell’ennesimo governo Merkel e di un altro giro di giostra con i socialisti, nonostante i risultati delle loro politiche e le conseguenze che stanno avendo sugli equilibri negli altri paesi d’Europa siano sotto gli occhi di tutti. Tuttavia loro sono tedeschi e sanno quel che è giusto per tutti; bisogna dunque armarsi di pazienza e vedremo presto anche noi scettici come il multiculturalismo determinerà salari alti ed integrazione pacifica per tutti, esattamente come citato nei manifesti da me descritti. E non ho nemmeno riportato nello specifico i dati sulla criminalità straniera in crescita vertiginosa dal 2015, per la quale sto già preparando un articolo ad hoc. Nel frattempo mi affido ad una dichiarazione rilasciata a Repubblica dal leader dei liberali Christian Lindner, lo stesso che con la decisione di far uscire il suo partito dalle consultazioni per un eventuale governo con la Merkel sta spingendo quest’ultima ad un’altra grande coalizione, secondo il quale:

I populisti dell’AFD sono come la muffa a casa. Una volta che essa è comparsa, è molto difficile liberarsi di lei5

Chiunque in Germania abbia la fortuna di abitare in abitazioni con tale ciclico ed ineliminabile problema, avrà di sicuro compreso la gravità e la portata di questa dichiarazione. Passo e chiudo.

 

1Se a qualcuno può interessare, ecco il link della campagna: https://farbenbekennen.de/

2Ecco i vari link http://employ-refugees.de/#soft-skills e https://www.social-bee.eu/

3https://it.businessinsider.com/le-germania-tiene-i-salari-bassi-e-strozza-leconomia-europea/

4https://www.bayernkurier.de/inland/5766-die-maer-vom-gut-ausgebildeten-fluechtling/

5https://www.bz-berlin.de/deutschland/fdp-chef-lindner-die-afd-ist-wie-schimmel-zuhause

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