Election days passati e futuri

Hajo-poor-germansTema ricorrente di quest’ultimi giorni è quello delle elezioni italiane e anche noi difficilmente potremmo esimerci dal parlarne, con un occhio sempre di riguardo verso la situazione tedesca. A prescindere dai calcoli sulla possibilità  o meno di formare una maggioranza tra i grillini, tra quel che rimane del PD e una Lega ex Nord in forte ascesa, il dato chiaro ed incontrovertibile è l’ennesima debacle elettorale della cosiddetta sinistra socialdemocratica, o riformista che dir si voglia, al governo. Come tutti gli italiani ben sapranno, il Partito Democratico che dagli oramai giurassici tempi del governo tecnico di Monti nel 2011 fino ai giorni ultimi ha governato il paese, si è ridotto ad un minimo storico del 19%. Tuttavia la tendenza della sinistra “responsabile”, per contrapporla a quella massimalista, al governo di suicidarsi alle urne dopo aver rincorso politiche neoliberiste di massacro dei lavoratori e giovani nativi non è certo una prerogativa italiana, anzi. Per quelli che leggono questo blog, fondato nel gennaio 2016, essi sanno bene come io abbia dato rilevante spazio a quello che io, ma evidentemente non sono il solo, ritengo un’accettazione convinta da parte dei socialdemocratici tedeschi (in breve SPD) di tutte quelle politiche neoliberistiche che all’indomani della caduta del Muro hanno impregnato la Germania. Si è passati dalle riforme Hartz del governo socialdemocratico di Schröder che hanno fatto impennare la quota di povertà  nella società, passando sempre sotto il medesimo governo per l’istituzione dei Mini Jobs da 450,00 € al mese che hanno nascosto sotto il tappetto statistico il dramma della disoccupazione e della precarietà  giovanile, fino ad arrivare alla politica di accoglienza dei profughi che ha spaccato ulteriormente la società  tedesca. La stessa sinistra responsabile di governo si appresta ora ad un’ennesima grande coalizione con la Signora Merkel, dopo che la medesima alleanza ha contribuito nel pregiudicare forse in maniera irreversibile la stabilità  europea. Ergo non c’è da sorprendersi del misero risultato del PD; l’italiano medio che si è appena recato alle urne probabilmente non sa che, secondo un recente sondaggio, dopo che Martin Schulz ha dato la benedizione ad una nuova Große Koalition, il suo partito è sceso al terzo posto nel gradimento generale degli elettori superato dai populisti di destra dell’AFD. E’ un risultato incredibile fino a qualche mese fa, il che dimostra la crisi irreversibile della sinistra di governo in Germania.

Ma come si è giunti ad un simile risultato in un paese come la Germania che conta il più antico partito socialdemocratico del mondo? Abbiamo accennato qualche riga in su alle riforme del mercato del lavoro Hartz . Tuttavia queste riforme non possono da sole spiegare il lento ma inesorabile declino dei socialdemocratici. Sì certo, risulta difficile ignorare il fatto che un’intera parte del paese, e mi riferisco con esattezza alle zone orientali, si sia ribellato con il recente voto alla destra a 25 anni di promesse a vuoto. Essendo nato nel ’87, la mia mente è di certo impossibilitata nel memorizzare il clima di euforia immediatamente successivo al crollo del Muro ma quel che è certo è che le speranze di intere generazioni vissute dall’altra parte della cortina di ferro sono andate disattese. Quel che è avvenuto è stato un vero e proprio smantellamento di gran parte dell’apparato industriale situato nei länder orientali ex comunisti, con la scusa spesso giustificata che inquinassero troppo. La vera ragione è che una Germania occidentale di stampo estremamente liberista e sotto la guida del democristiano Kohl aveva preso la palla al balzo offertale dalla riunificazione sia per voltare unilateralmente le spalle allo scomodo passato nazista sia per soggiogare economicamente l’est Europa, iniziando dai cugini poveri dell’est per poi passare alla Polonia e agli altri paesi che formavano il blocco di Varsavia. Lo stesso Kohl ebbe la tracotanza, accompagnata da quella mancanza di tatto e sensibilità  tipica di un certo modo di pensare tedesco, che lui ed altri milioni di concittadini erano stati fortunati ad essere nati dopo. Per dopo si intende successivamente ad Auschwitz e la seconda guerra mondiale, per intenderci. Leggendo qua e là, ho scoperto che all’indomani della riunificazione vi furono diverse mostre in molte città  tedesche nelle quali si esponevano i crimini tedeschi compiuti, e qua casca il palco, non solo dalle SS bensì anche dai membri rispettabili della Wehrmacht, ossia da quei bravi padri di famiglia all’epoca ancora vivi che secondo la narrativa (oggi si chiamerebbe storytelling) furono costretti a servire la loro Patria sotto l’esercito e ben raramente si sarebbero macchiati di crimini di guerra o contro l’umanità. Ebbene nella Germania del ’90 tutta quella serie di mostre ed esposizioni scomode, corredate da documenti originali di ordini di fucilazioni di prigionieri russi da parte dei vertici della Wehrmacht e immagini inequivocabili, aveva suscitato un’ondata di sdegno da parte di numerose famiglie che avevano ancora il nonno che la domenica raccontava loro le storielle della gioventù.

Come poter poi dimenticare l’ondata di attacchi razzisti che da est ad ovest aveva colpito richiedenti asilo (quelli sì veri) e lavoratori turchi e che aveva lasciato decine di morti sulla strada? Anche in quel caso i media liberi della Germania Ovest si erano soffermati quasi esclusivamente sull’oggettiva ondata neonazista che stava colpendo le regioni orientali facenti parte della DDR, senza tuttavia dare altrettanto spazio agli estremisti di casa propria. Un caso mediatico ancora oggi conosciuto era stato l’assalto a Rostock (Germania Est) di caseggiati abitati da immigrati e richiedenti asilo che aveva causato diversi morti. Fin da ora si era insomma iniziato a diffamare il cugino dell’est, senza un soldo e magari con una ridicola Trabant ed intollerante nei confronti del diverso, occultando volutamente il fatto per esempio che la produzione letteraria nella DDR non aveva quasi pari in Europa oppure che il sistema scolastico era al di sopra della media della Germania Ovest, sia per numero di laureati e lavoratori specializzati sia per il metodo dell’insegnamento. Il lettore non dimentichi che l’ondata migratoria dei profughi in Germania ora sulla bocca di tutti era un fenomeno di massa ben conosciuto negli ultimi anni della Guerra Fredda. Piccolo particolare: ad emigrare nella ricca e capitalistica Germania Federale non erano profughi siriani o disoccupati turchi con bassi tassi di scolarizzazione bensì lavoratori specializzati, ingegneri, medici e giovani laureati provenienti dalla DDR, i quali avevano approfittato dell’apertura dei confini tra l’Ungheria all’epoca socialista e la neutrale Austria per riversarsi nella Terra Promessa.

Anche in quegli anni le stazioni della Baviera furono riempite di canti, balli, preghiere, applausi e lacrime di commozione com’era successo nell’estate del 2015 con i primi profughi siriani. Secondo particolare: i campi profughi improvvisati vi furono, di certo erano molto più accoglienti rispetto a quelli odierni ma il dettaglio diverso dal 2015 è che in essi erano presenti altresì emissari del colosso chimico della BASF, dell’onnipresente azienda farmaceutica Bayer e delle case automobilistiche conosciute da tutti, i quali si erano ivi recati non per sincero spirito cristiano o umanitario bensì per far firmare seduta stante ai fratelli tedeschi appena arrivati gli ambiti contratti di lavoro. Questo poichè già  all’epoca, ma in verità è una tendenza tedesca che dura pressochè ininterrottamente dal ’46, la Germania invece che investire sul fattore umano e delle conoscenze, come ha fatto per dire la Svizzera, ha preferito importare manodopera straniera a basso costo per supplire alle mancanze nella sua industria, causate in un primo momento dalla penuria di uomini caduti sui vari fronti o prigionieri in Russia e poi dal declino demografico che nessun governo ha mai veramente tentato di fermare. Prima eravamo noi italiani, poi i turchi, per non parlare dei fratelli dell’Est affamati ed in cerca di riscatto e ora sono i profughi siriani in fuga dalla morte e che saranno per questo grati alla Matrigna che li ha salvati e dato loro un lavoro poco pagato, ma pur sempre un lavoro.

In tutto questo excursus storico il lettore si starà  chiedendo dove si situa il ruolo della sinistra socialdemocratica tedesca. Ebbene, come successe anche da noi con la svolta della Bolognina di Occhetto e con l’improvviso rinnegamento di 40 anni se non più di fede comunista, anche la SPD tedesca aveva gettato per così dire il bambino ed i panni sporchi accettando in toto la narrativa secondo la quale la DDR era stata un fallimento sociale e politico sotto tutti i punti di vista. Basti considerare che nel ’91 il clima di euforia e lodi alle magnifiche sorti e progressive del capitalismo vittorioso ovunque aveva consentito al sindacato unitario della DGB, storicamente vicino alla SPD, di raggiungere il suo record di iscritti, con quasi 12 milioni di unità. Le alte aspettative, come spesso accadde nella storia, andarono però presto deluse. La seconda ondata di migrazione dalla Germania dell’Est a quella dell’Ovest (la prima fu quella che andò dal ’45 al ’61, anno della costruzione del Muro) fece aprire gli occhi a molti tedeschi orientali, i quali se da una parte ottennero un lavoro nella Germania riunificata si accorsero presto che le loro paghe erano più basse rispetto a quelle dei colleghi “fratelli” occidentali, senza contare il clima di aperta derisione e senso di superiorità nei confronti dei vicini che avrebbero avuto la sfortuna di nascere in una società non dominata dal culto del Dio Denaro e dalla concorrenza sfrenata. Ci si accorse direi subito che l’Occidente non era sempre un esempio da imitare, che le droghe e i senzatetto, fenomeni quasi sconosciuti nelle società comuniste o perlomeno tenuti ai margini e condannati anche dalle persone comuni, infestavano le grandi città e i centri delle piccole. Ci si accorse che i disoccupati, anche questo fenomeno mai esistito ad est dell’Elba dove tutti erano tenuti a lavorare pena una multa o perfino qualche mese di carcere, c’erano anche nella mitica regione carbonifera della Ruhr all’epoca in declino. I nuovi arrivati constatarono già al tempo che i turchi e gli italiani, lungi dalla retorica edulcorante, parlavano male il tedesco ed erano tenuti ai margini anche da un certo atteggiamento che oggi i media giudicherebbero seduta stante razzista.

Si vide poi che l’inquinamento non esisteva solo ad Est ma anche in città  come Stoccarda e Monaco, tenute sotto ostaggio ancora oggi dalle lobby automobilistiche che avevano contribuito a smantellare le linee dei tram che invece ad est furono mantenute. Ancora oggi si discute se vietare la circolazione delle macchine diesel nei centri delle città tedesche situate, si badi bene, a maggioranza ad Ovest, mentre le migliori linee di tram e trasporto pubblico economico sono ad Est; nella stessa Berlino falsamente alternativa di oggi la parte orientale è tagliata come piccole vene ed arterie dalle linee dei tram mentre ad occidente c’è il deserto. Per riassumere, all’epoca inizia a prendere forma quel singolare fenomeno culturale di nostalgia verso il vecchio mondo comunista della DDR, conosciuto come Ostalgie. La sinistra socialdemocratica, a parte poche e subito emarginate eccezioni, non capì e non volle capire il disagio sotterraneo. Anzi si decise di modernizzarsi riformando completamente il sistema dei sussidi di disoccupazione, considerato all’epoca troppo assistenzialista, sotto il motto fordern und fördern, gioco di parole tedesco che tradotto significa promuovere e richiedere. Questa sinistra, come d’altronde tutta l’Europa, aveva iniziato a preferire i fantomatici diritti civili delle minoranze rispetto a quelli sociali del proprio popolo che produceva: il riconoscimento dei matrimoni gay, portato a termine sotto l’ultimo governo di coalizione con la Merkel, ha interessato ben poche persone, per lo più ricchi e benestanti che vivono nelle metropoli, mentre trovare un posto libero negli asili per i figli delle famiglie normali risulta spesso un’impresa; non si è perso un secondo nell’elogiare un femminismo del tutto integrato a carrierismo e produzione capitalistica scordandosi la profezia di Marx che aveva già capito nell’Ottocento quanto il Capitale avesse interesse a slegare qualsiasi forma di legame familiare ma non solo che potesse limitare il profitto ed il consumo; si è voluto incentivare una falsa cultura fatta di tolleranza per ogni genere di eccessi e sostanze stupefacenti per controllare i giovani precari che mai avranno una pensione decente.

Penso ancora una volta alla città  dove vivo da 4 anni, la capitale del divertimento sfrenato Berlino; da una parte facendo un semplice giro per qualsiasi giro della metropolitana o camminando, non è possibile evitare la risma di drogati, semplici pazzi e disadattati senza un soldo che vagano senza meta o a raccogliere bottiglie vuote a rendere per qualche Euro, dall’altra si ha la netta sensazione di essere circondati ogni 20 metri da spacci alcoolici (detti Spati) che a qualunque ora del giorno e della notte offrono alcool a bassissimo prezzo. E´ insomma la immergrün Babilonia tedesca, feudo della sinistra circondata dalla Prussia conservatrice ora Brandenburgo populista, che tenta di offrire un’immagine distorta della società  ma anche inconsapevole della propria prossima rovina. A questa politica di sinistra permissiva nei costumi si è aggiunta una politica sociale a base di sussidi, l’Hartz IV appunto, che è riuscita a raggiungere l’obiettivo prefisso di cristallizzare le povertà esistenti e di impedire la scalata sociale. Come scritto sopra, vasti settori della popolazione delusa ed impoverita si sono e continueranno sempre di più a ribellarsi, voltando le spalle ad una sinistra succube di questa cultura subumana.

Piccolo riferimento italico: i rilevamenti dei flussi elettorali hanno mostrato che a quest’ultima tornata il PD di Renzi è riuscito a vincere in quei pochi collegi abitati da gente ricca, benestante o da nuovi parvenu cresciuti all’ombra del ventennio berlusconiano. Il quartiere dei Parioli, da sempre simbolo di una borghesia romana volgare ed ammanicata con i poteri mafiosi, si è dimostrato fedele alle riforme neoliberistiche di Renzi mentre Milano ed altre zone ricche della Toscana e dell’Emilia (ho citato per caso Oscar Farinetti?) hanno anch’esse evidentemente approvato la linea degli ultimi anni che tra le varie cose ha facilitato i licenziamenti ed incentivato i contratti a tempo determinato per i nuovi assunti. Tuttavia la tendenza, lo ripeto per l’ennesima volta, è di carattere europeo e non conosce confini; se la ricca e superba Parigi ha premiato i socialisti, nonostante Hollande anche grazie ai suoi attacchi verbali contro gli sdentati votanti populisti fosse stato il Presidente meno popolare nella storia moderna francese, anche Berlino conosce le sue linee di faglia. I quartieri detti multi-kulti di Prenzlauer Berg, Friedrichsain e Kreuzberg, in verità da anni presi d’assalto dai ricchi bavaresi e svevi che lì hanno investito con successo nel settore immobiliare, sono quartieri rossi e verdi da sempre mentre nelle zone più periferiche della metropoli, come per esempio Marzahn o Rudow, dove il disagio è più pressante, l’AFD ha fatto il pieno di voti.

Ad ogni modo il dado è tratto ed una parte sempre più rilevante dell’elettorato tedesco ha capito che una sinistra a parole umanitaria e liberale in fatto di costumi si è resa in verità complice di un abbassamento sconcertante dei livelli generali di cultura, visibili sia nelle statistiche sempre più impietose sul livello di preparazione degli studenti delle scuole sia ascoltando per caso i loro discorsi, oltre che di una società sempre più diseguale. Mille volte e mille volte ancora scriverò che in Germania un bambino su sette è a rischio povertà, mentre nella Berlino rossa e a Brema risulta uno su tre, senza contare che le statistiche sulla disoccupazione che la Germania ciclicamente presenta con orgoglio al resto dell’Europa invidiosa, sono viziate dalla presenza come ufficialmente occupati di più di sette milioni di persone che per un motivo o per l’altro sono occupati con un Mini Job od altri lavori part – time. Ad ogni modo le politiche delle sinistre europee, compresa quella tedesca, non sono certo errori di percorso bensì una precisa scelta ideologica di accettazione della concorrenza sfrenata del neoliberismo. Lo scopo ultimo è quello di mettere in concorrenza nativi e stranieri appena arrivati, con una gara al salario più basso “inevitabile” per le aziende qualora non vogliano trasferire le loro produzioni in Cina o i loro call center in Romania. Non sarà  magari un caso che qualche mese fa lo Spiegel[1] ci aveva comunicato come il numero di posizioni aperte in Germania ammontasse a 1.1 milioni di unità, guarda caso lo stesso numero di siriani fatti generosamente entrare dal governo Merkel nell’estate del 2015. Corollario, a mio parere previsto ed anzi voluto, è l’ascesa di questi fantomatici partiti di estrema destra o populistici che hanno il mandato ben preciso da parte del Capitale di alzare muri d’odio tra i lavoratori poveri che si spartiscono il posto.

Se da una parte la sinistra in Germania si estinguerà ben presto, lo stesso Capitale non sta sicuramente a guardare e progetta gli aggiustamenti necessari per evitare il crollo del sistema. E ancora una volta la Germania si dimostra un paese retrogrado rispetto all’Italia e alla Francia. Mi spiego. Se di fronte ad un disagio crescente e ad una sinistra sempre più irrilevante, le èlite hanno creato e plasmato personaggi equivoci come Macron e Di Maio, il sistema politico tedesco conferma il clichè che lo vuole conservatore ed impermeabile ai cambiamenti proponendoci ancora una volta la stessa formula della Grande Coalizione che si è dimostrata pericolosa per la tenuta dell’intera Unione Europea. I tedeschi si dimostrano perciò allergici ad ogni forma di autocritica, come spesso ho fatto notare anche per mie esperienze personali, ed incuranti del muro prossimo venturo decidono comunque di spingere la propria macchina che intanto perde pezzi a tutto gas contro di esso. Altra caratteristica teutonica è quella di negare i problemi o al limite occultarli bruciandone le prove, come già successo. I partiti di Macron e Di Maio hanno invece preso il potere dopo che si è creato ad hoc un preciso clima mediatico di insofferenza nei confronti di tutto ciò che viene rappresentato dallo Stato, considerato come fonte di ogni sprechi e causa di ogni arretratezza. Pensiamo solo alla campagna mediatica portata avanti a tamburo battente per anni dai grillini contro le diarie e gli stipendi dei parlamentari, contro le auto blu oppure i finanziamenti pubblici ai partiti, che se sì sono sprechi o ingiustizie come ce ne sono a milioni ogni giorno in tutto il mondo, non sono altro in verità  che una minima e ridicola parte del bilancio pubblico statale. Di Maio e i suoi colleghi ben si sono guardati invece dal criticare gli stipendi, certamente privati e non statali, dei manager delle grandi aziende che guadagnano migliaia di volte di più rispetto ai loro schiavi, pardon dipendenti. Mai hanno fatto un’esamina precisa del ruolo della finanza e dell’Euro sua emanazione nella distruzione delle economie nazionali. Primo perchè non penso ne abbiano le capacità culturali e secondo dal momento che il loro ruolo preciso è proprio quello di creare un clima d’odio da parte della popolazione impoverita contro lo Stato pubblico e al tempo stesso mitizzare, sulla scia dell’esempio d’oltreoceano, l’eroico imprenditore privato che riesce ad emergere con le proprie forze senza aiuti ed anzi battendosi contro lo Stato pubblico suo nemico. E’ un discorso lungo che riprenderò. Nel frattempo basti sapere che i grillini propongono un’altra misura neoliberistica, quella cioè del reddito di cittadinanza di cui ne parlano tutti i giornali, rivelando altresì la propria sudditanza psicologica nei confronti del modello tedesco. Se ho capito bene, si tratterebbe di fornire al disoccupato 780,00 € netti al mese da parte dello Stato, con importi crescenti se si ha la moglie disoccupata e/o figli a carico, con l’obbligo però di accettare la terza offerta di lavoro proposta dal Job Center italico. A monte di tutto ciò che è stato scritto finora, sembrerebbe inutile ripetere che trattasi di una forma per nascondere la polvere sotto il tappeto ed impedire che le persone più svantaggiate possano attraverso un lavoro dignitoso e soprattutto confacente alle proprie ambizioni migliorare la propria vita.

Ancora una volta, ma di questo dovremmo ringraziare anni di propaganda dei media italiani che ci hanno descritto la Germania come un modello da imitare, si crede di poter importare una visione della società che finora non ha fatto altro che aumentare le povertà e distrutto la possibilità di scalata sociale da parte dei più poveri e degli immigrati qui giunti in cerca di fortuna. Si vuole altresì tenere buona e calma la popolazione, cosa che in Germania è avvenuta con un certo successo, elargendo elemosine pubbliche e girandosi dall’altra parte se il destinatario magari arrotonda con lavori in nero o, peggio ancora, traffici vari. Complice una certa mentalità meridionale da sempre feudale che si attende il favore del signore di turno, questa misura passerà. Statene certi. Gli immigrati che si contenderanno con gli italiani il lavoro nei campi e nelle fabbriche tessili del Sud ci sono anch’essi, così come in Germania i siriani manipolati ed istruiti a dovere. Mancano solo gli spacci alcoolici ma per ora direi che basta la televisione italiana, utilizzata ancora oggi dal 90% della popolazione per informarsi, a chiudere il cerchio. Per tutto il resto ci sono le Scampie sparse in tutto il Belpaese.

[1] http://www.spiegel.de/wirtschaft/soziales/arbeitsmarkt-1-1-millionen-offene-stellen-in-deutschland-a-1176647.html

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