Al Dio degli inglesi non credere mai

BrexitIl detto secondo il quale il male, o il diavolo per alcuni, si intravede dai dettagli è sempre valido e tra poco ne dimostrerà l’attualità anche in Germania. Diverse settimane fa presso un corso di lingua straniera, che non è il tedesco, la maestra ci aveva proposto un giochetto. Dovevamo prima di tutto dividerci in due gruppi, ognuno dei quali aveva il compito di pensare ad un personaggio famoso conosciuto da tutti mentre l’altro doveva cercare di indovinare chi fosse. Un gruppo doveva descrivere la celebrità utilizzando aggettivi come per esempio vecchio, simpatico, burbero, prepotente, biondo (ovviamente nella lingua straniera) in modo tale da permettere all’altro di indovinare appunto chi fosse. Premetto che in questo corso io sono l’unico straniero in mezzo ad un piccolo mare di tedeschi e pertanto, vista anche la stanchezza del momento, ho preferito che fossero loro a scegliere i personaggi. Ebbene i risultati sono stati emblematici, almeno secondo la mia umile opinione, per comprendere lo stato della nazione e i sentimenti diffusi dei suoi abitanti. Infatti sono stati scelti dai rispettivi gruppi due personaggi politici che incarnano il potere del mondo anglosassone: la regina Elisabetta d’Inghilterra e nientepopodimeno che Donald Trump. Quest’ultimo, come potrete immaginare, era stato individuato pressoché all’istante da uno dei due gruppi dopo che erano stati enumerati alcuni aggettivi non propriamente lusinghieri nei suoi riguardi.

Altro piccolo episodio: la settimana scorsa stavo tornando a casa la sera e stavo attendendo la U – Bahn in una fermata situata a Kreuzberg, il quartiere alternativo della sinistra oltre che capitale della movida berlinese. Mentre stavo aspettando il vagone che mi avrebbe ricondotto a casa, il mio sguardo si era posato su un notevole manifesto affisso al muro che sembrava stesse pubblicizzando un libro. Ebbene avevo notato con sorpresa che tale libro altro non era che il cosiddetto bestseller Fire and Fury” il quale, stando alla vulgata mediatica, ci avrebbe rivelato scandali ed affari loschi del presidente Trump. Questo libro fa capolino in tutte le edicole degli aeroporti tedeschi e, come detto, non passa giorno senza che venga elogiato dai media come l’opera fondamentale che ha svelato le trame del potere. Mi ha fatto comunque senso ritrovarmelo a caratteri giganti in una fermata della metro qualsiasi, perché significa che questo paese comincia veramente a sentirsi isolato e a percepire il suo benessere minacciato.

Non sarebbe d’altronde una novità nella storia. Come dimenticare la Fortezza Germania che per ben due volte nell’arco di trent’anni si è ritrovata schiacciata tra le potenze marittime anglofile ad occidente e la Russia ad est? Questo nonostante Adolf Hitler nel suo Mein Kampf avesse scritto e ripetuto quasi alla nausea che non era intenzionato a permettere che il suo paese dovesse ancora una volta combattere una guerra su due fronti. Ora come 70 anni fa la Germania si ritrova sempre di più isolata a causa della sua ideologia economica basata non più sulla ricerca dello spazio vitale ad est, il Lebensraum di certo non inventato dal caporale austriaco, bensì dal suo mercantilismo a base di export record e salari interni compressi. Ad est il panorama europeo è dominato ormai da anni dall’ascesa dei movimenti euroscettici ed anti – immigrazione, ferocemente critici della politica d’accoglienza dell’ultimo governo Merkel. L’Ungheria di Orban, per citare uno dei tanti leader attaccati ogni giorno dai media tedeschi ma a quanto pare osannato dalla sua popolazione[1], aveva due anni fa imposto un referendum sull’accoglienza o meno di qualche migliaia di profughi e solo per questo motivo aveva subito gli strali di un certo Martin Schultz, fresco fautore a sinistra dell’ennesima grande coalizione ed all’epoca presidente del parlamento europeo, il quale aveva definito la scelta come “populista“. La recente vittoria delle destre in Austria ha consolidato quello che i politologi definiscono il gruppo di Visegrad, ossia un’unione informale di paesi dell’Europa centro – orientale critici nei confronti dell’imposizione di scelte decise a Berlino e Bruxelles.

Se la sindrome d’accerchiamento manifesta i suoi sintomi più evidenti ad est, un altro fronte critico si ritrova all’interno del mondo anglosassone. Qui come più che altrove si potrebbe dire, a ragion veduta, che i nodi stanno venendo al pettine. La politica tedesca di esportazione nei confronti del resto del mondo, anzi io direi quel dogma economico favorito ed incentivato dall’adozione di un Euro svalutato per la Germania e troppo forte per gli altri paesi europei, ha permesso alla Germania di diventare il primo paese al mondo per surplus commerciale. Questo record mondiale conteso qualche volta con la Cina, oltre a far indebitare le economie del Sud Europea, ha creato un corrispettivo deficit commerciale all’interno di una ben determinata potenza nucleare che dal 1990 governa, o perlomeno pretende di farlo, il mondo intero. Le lobby che governano questa potenza marittima di lingua e cultura anglosassone, ma di fatto ostaggio della finanza apolide ed internazionalista, ha espresso non senza lotte intestine alle ultime elezioni un presidente che pretende di bloccare il commercio, ergo il proprio deficit commerciale sempre più in rosso, attraverso dei dazi ed altre misure atte a frenare l’import di beni provenienti dalla Cina e ovviamente…dalla Germania.

L’altra potenza marittima di stampo anglosassone aveva deciso tramite un referendum di due estati fa di scommettere sul prossimo crollo dell’Unione Europea, uscendo da essa. Il panico nei media tedeschi, e non solo, fu inarrestabile, secondo solo al disprezzo nei confronti di un popolo e di un’isola che, secondo il verbo di un mio collega tedesco, sarebbero presto affondati. Probabilmente suo padre o suo nonno avrebbero pensato e detto la medesima cosa nel ’41 all’indomani della rovinosa ritirata di Dunkerque ma tuttavia il Regno Unito, ieri come oggi, resistette e non affondò. In verità sarebbe bastato anche alle persone più inesperte di politica internazionale farsi nei mesi precedenti un giretto su Youtube ed osservare le immagini dei campi profughi dati alle fiamme dagli stessi migranti economici a Calais in Francia, mentre attendevano di entrare in Inghilterra, oppure di guardare i numerosi interventi di Farage al Parlamento Europeo contro la Germania della Merkel per avere un’idea più precisa e meno ideologizzata della Brexit. In ogni caso, tornando al tema originale, la Germania per propria miopia politica ed ideologia economica si ritrova ancora una volta sotto assedio. Ad ovest deve subire le ritorsioni di un mondo anglosassone che si sta coagulando intorno alla storica special relationship tra i governi di Londra e Washington e che sempre di più desidera picconare alla Cossiga il sistema commerciale che finora sta vedendo due soli vincitori, ossia la Cina e la Germania. Per comprendere il disagio sempre più impellente dei governanti e governati tedeschi, mi sono affidato non a qualche blog complottistico come quello del sottoscritto bensì ad un articolo dello Spiegel[2] che recita testualmente quanto segue:

Non solo la stessa Gran Bretagna, ma anche l’economia tedesca pagherà (in questa frase l’autore ha evidentemente deciso di non utilizzare il condizionale nda) conseguenze costose. Secondo uno studio attuale i costi saranno superiori ai 9 miliardi di Euro all’anno nel caso in cui il commercio con l’UK dopo l’uscita di quest’ultimo dalla UE tornerà ad essere regolato secondo le regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) – ciò significa dazi, barriere commerciali e tempi d’attesa al confine, che comporteranno appunto dei costi per le imprese. Questi costi sono stati calcolati dal consigliere per le aziende Oliver Wyaman e dalla società  legale Clifford Chance.”

Non essendo io né un filologo né un linguista, mi scuso con i lettori se la traduzione non è perfetta. In ogni caso ritengo che il messaggio sia arrivato forte e chiaro. L’articolo procede con la scontata conclusione che ad essere più colpiti economicamente da un’eventuale “hard Brexit“ sarebbero quei paesi dell’Unione Europea con una spiccata tendenza ad esportare beni nei confronti del Regno Unito. Di questi 9 miliardi di Euro di costi preventivati per la regina mondiale dell’export, oltre che economia trainante della UE, ben un terzo sono riconducibili al settore automobilistico tedesco che subirebbe perdite considerate catastrofiche qualche anno fa. Considerando che in Germania un lavoratore su cinque opera all’interno del settore ed indotto automobilistico, che il lettore tragga le conseguenze a lui gradite. Sempre secondo l’articolo in questione il costo preventivato per l’intera Unione Europea in caso di una Brexit dura seguita dall’adozione di dazi e barriere commerciali da entrambe le parti, ammonterebbe a 37 miliardi di Euro mentre per i britannici a 32. Forse ora comprendo come mai lo scrittore Saviano all’indomani della Brexit aveva definito gli elettori britannici che avevano votato a favore dell’uscita dall’Europa alla pari delle folle osannanti che negli anni ’30 avevano celebrato Hitler e Mussolini. Lo stesso Saviano, a quanto mi risulta, è ospite fisso nelle stanze editoriali dei maggiori media tedeschi, all’unisono natürlich contrari alla Brexit, senza contare che due anni fa aveva ricevuto dalla Signora Kasner in persona un fantomatico premio ufficiale per la libertà di stampa o qualcosa di simile, con i selfie di rito su Facebook.

Ma andiamo oltre: il blocco continentale commerciale sembra quasi un concetto anacronistico che noi ragazzini avevamo studiato a scuola durante l’epopea napoleonica e le guerra tra Inghilterra e la Francia bonapartista; tuttavia questo è uno dei tanti risultati che il leader tedesco dell’Europa ha contribuito a porre in atto. L’altro fronte caldo contro il mondo anglosassone è ovviamente dato dalla volontà da parte di Trump di istituire dei dazi commerciali per incentivare la produzione di acciaio interna, che da quando la Cina è entrata nel WTO negli anni ’90 sotto il beneplacito del marito della candidata Hillary, è in crisi profonda e ha visto la perdita di milioni di posti di lavoro. Al sentire la notizia, non mi risulta che nessun partito di sinistra in Europa abbia espresso qualche riserva a favore della misura presa, ideologica o meno che sia, che almeno tenta di frenare l’emorragia dei posti di lavoro. Evidentemente secondo loro, Trump rimane il razzista che vuole ancora costruire il muro con il Messico. La seconda misura, non ancora presa ma in programma, avrà  lo scopo di frenare l’import di auto tedesche delle varie case automobilistiche famose in tutto il mondo come la Porsche, la BMW e la Volkswagen. Ancora una volta ci si strappa le vesti d’indignazione e sorpresa ma sarebbe bastato seguire certi dibattiti negli ultimi anni sul ruolo economico della Germania nel manipolare un Euro debole e nell’indebitare gli altri paesi per capire le scelte fatte da Trump. I nodi stanno venendo finalmente al pettine ed i tedeschi lo capiscono molto bene. Come durante la seconda guerra mondiale, mentre tutti i popoli europei erano alla fame o nel “migliore” dei casi lavoratori schiavi nelle industrie e gallerie tedesche, il popolo teutonico aveva conservato un altissimo (ovviamente in proporzione rispetto al resto d’Europa) standard di vita. Gli storici sono concordi nel notare come, nonostante i bombardamenti delle città  e le immani tragedie giornaliere, al popolo tedesco fino agli ultimi giorni di guerra non mancò mai il pane e quei minimi generi alimentari di conforto. Dopo diversi decenni non siamo (ancora) a quei livelli ma è oramai incontrovertibile che il progetto europeo sta vedendo un solo vincitore riconducibile alla Germania e al blocco politico dei paesi del Nord che le gravita attorno. Mentre lo standard di vita tedesco è salito, sebbene io abbia descritto in diversi miei contributi la crescita delle nuove povertà e delle diseguaglianze, quello dei paesi del Sud Europa è crollato.

Conseguenza di questo dogma economico portato avanti senza discussioni, nonostante anni di critiche sempre più pressanti, è stata la Brexit e la vittoria dei partiti euroscettici ed anti – immigrazione sia in Europa che in America con Trump. Nonostante ciò, il popolo tedesco a sua maggioranza ha deciso ancora una volta di combattere contro il mondo intero e di accettare per la terza volta la sindrome d’accerchiamento. Forse questo sentirsi isolati ed al tempo stesso convinti di non essere nel torto potrebbe spiegare la riproposizione dell’ennesima grande coalizione, credendo di spacciare i mali come rimedi, oltre che impercettibili episodi di propaganda e riorganizzazione interna come quelli da me descritti all’inizio. Un noto economista di nome Sapelli, che spero nessuno abbia l’ardore di definire complottista o in mala fede, già tre anni fa durante una nota trasmissione televisiva ebbe a dire cose da poco come il fatto che “80 milioni di tedeschi sono incompatibili con uno sviluppo democratico dell’Europae chela Germania scatenerà  la terza guerra mondiale e la quarta economica[3]. Sul primo punto ne possiamo parlare ma per il secondo, al netto dell’autorevolezza del Professore d’Economia, possiamo essere sicuri del fatto che la guerra economica è stata dichiarata dalle potenza marittime anglosassoni dopo anni di lenta ma inesorabile ascesa tedesca a colpi di export. Tuttavia su un punto del Professor Sapelli non siamo ancora in grado, per fortuna, di esprimere un giudizio. La Terza Guerra Mondiale, che per alcuni sarebbe imminente, non si è ancora verificata ma i segnali sono sempre più univoci.

A questo punto direi che è il momento di aprire la parentesi, quasi doverosa dopo la recente crisi tra May e Putin, della questione russa. Esso è, al pari di quello con il mondo anglosassone ad ovest, il secondo fronte caldo per la Germania. Anni, anzi decenni, di sudditanza militare, politica ma soprattutto psicologica nei confronti dell’american way of life sono sfociati nelle sanzioni europee indette contro la Russia all’indomani dell’annessione della Crimea e soprattutto subito dopo l’abbattimento di un volo di linea diretto in Indonesia nei cieli del Donbass, con tutta probabilità  causato da un missile dei ribelli pro – russi anche se la shooting gun non è stata mai ritrovata. Le sanzioni europee contro la Russia sono state ordinate dal nostro padrone d’Oltreoceano e permangono tuttora, sebbene i contraccolpi per le aziende europee siano stati pesanti e nell’ordine dei miliardi di Euro. La questione delle sanzioni dovrebbe far ricordare in maniera inquietante a chi ha un minimo di interesse per la storia moderna come il modus operandi occidentale si sia sempre servito di queste misure prima di distruggere paesi rivali dichiarando loro guerra. Facciamo una breve ed incompleta carrellata: la guerra d’Etiopia del ’34 condotta dall’Italia mussoliniana venne condannata dalla Società delle Nazioni, organo antesignano dell’Onu, e soprattutto dalle potenze coloniali inglesi e francesi che adottarono dure sanzioni contro di “noi”. Esse altro non furono che il preludio alla guerra e al nostro assoggettamento che dura fino ad oggi. Altre sanzioni economiche ed embarghi vennero adottati contro il Giappone da parte degli USA ed alleati anglofili: come tutti voi saprete, il 7 dicembre 1941 squadroni volanti giapponesi attaccarono “a sorpresa” una parte preponderante della flotta aeronavale americana di stanza a Pearl Harbour nella Hawaii, costringendo gli Stati Uniti ad entrare nella seconda guerra mondiale contro il Giappone ed i fascismi europei. In verità pochi sanno che il Giappone fu in pratica costretto ad agire così dopo che il presidente democratico Roosevelt aveva ratificato una serie di sanzioni economiche e soprattutto un embargo totale contro il Giappone imperiale in fatto di importazione del petrolio. Un Giappone in quel momento in guerra non si poteva permettere la continuazione dello sforzo bellico in Asia senza carburante per i propri veicoli e pertanto si decise a prendere il toro americano per le corna. Risultato: Giappone sconfitto, umiliato, le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki ed un paese colonia degli Stati Uniti da 70 anni. Arriviamo ai giorni moderni: le due guerre del Golfo contro l’Iraq di Saddam Hussein, che hanno ridotto per ordine della lobby sionista ed Israele uno dei più ricchi e laici paesi del Medioriente in una polveriera di orrori e fondamentalismi islamici senza fine, furono inframmezzate da sanzioni economiche occidentali che causarono centinaia di migliaia di morti tra i bambini per mancanza di farmaci.

I sinceri democratici, che 2 anni fa piansero lacrime di sincera disperazione per la sconfitta di Hillary Clinton, forse non sanno che all’epoca del governo di suo marito ad una domanda di una giornalista che aveva chiesto alla Segretaria di Stato (corrispondente al nostro Ministro degli Esteri) Madeleine Albright se valeva la pena di infliggere sanzioni all’Iraq nonostante centinaia di migliaia di morti tra i bambini, essa rispose con un laconico: “Sì, io credo che la scelta sia difficile ma penso anche che ne sia valsa comunque la pena.” La stessa Siria del mostro di turno anti – occidentale Assad, che da anni è distrutta da una guerra civile incentivata dall’Occidente per il rifiuto del suo legittimo presidente di far passare un gasdotto in grado di mettere fuori gioco la Russia per l’approvvigionamento energetico dell’Europa, era passata per le forche caudine delle sanzioni. Lo stesso discorso è valso per la Serbia (prima Yugoslavia) di Milosevic, per la Libia di Gheddafi, per la Corea del Nord di Kim, per il Venezuela di Chavez prima ed ora di Maduro e, per finire, per la Russia di Putin.

Cos’hanno in comune tra di loro questi paesi e qual è il ruolo specifico della Germania in tutto questo gioco politico? In primo luogo i paesi entrati nella black list occidentale hanno in comune la demonizzazione quotidiana operata dai nostri liberissimi media. I paesi che avrebbero avuto la sfortuna, ed alcuni ce l’avrebbero tuttora, di avere dei dittatori al comando sono stati definiti seduta stante dai padroni anglosassoni e dai loro fedeli servi (cioè noi) come delle dittature oscurantistiche da liberare per il bene delle loro popolazioni. Il secondo aspetto, che ora ci interessa maggiormente, è che tutti i paesi che si sono messi di traverso all’ordine occidentale fatto di libero mercato e privatizzazioni sono stati eliminati prima o poi. Nello specifico i loro dittatori sono stati uccisi o tramite processi farsa (Saddam) o trovati morti nella loro cella prima della sentenza (Milosevic) oppure mediante oscuri episodi di violenza spicciola e linciaggi selvaggi (Gheddafi, Mussolini e aggiungerei io anche Aldo Moro). Terzo fattore che unisce tristemente tutti questi paesi è il periodo di anarchia e violenza quotidiana tra le strade seguito alla caduta dei malvagi tiranni: l’Iraq e la Libia, come spero tutti voi saprete, sono ora terra di nessuno ma nemmeno la Jugoslavia di Milosevic ed il Venezuela di Maduro se la sono passata bene. Nel caos generale si inseriscono le solite multinazionali che approfittano del marasma per rubare le risorse energetiche o al massimo per trasferire lì i propri stabilimenti, a causa dei salari da Terzo Mondo dei lavoratori locali. In tutto questo i vari governi tedeschi, in coerenza con gli altri paesi occidentali, hanno sempre appoggiato le sanzioni e le cosiddette guerre umanitarie con l’eccezione di Schröder nella seconda guerra contro l’Iraq nel 2003. Nel caso della crociata contro la Russia di Putin l’ultimo governo Merkel ha accettato in toto la narrativa occidentale che faceva ricadere l’intera responsabilità della guerra in Ucraina al governo russo, senza contare le sanzioni che hanno causato danni economici di diversi miliardi di Euro alle proprie aziende.

In verità  il discorso relativo alle continue tensioni contro la Russia è più complesso e richiederà un articolo a parte. Rimanendo fedele alla logica del male visibile per dettagli da me enunciata all’inizio e descritta nella fobia tedesca contro Trump, allora basti sapere al lettore che, mentre mi trovavo in un normale supermercato, il mio occhio aveva fatto capolino sulla copertina del giornale (si fa per dire) scandalistico della Bild. Per chi non lo sapesse, la qualità della Bild è pari se non inferiore alla nostra Gente o Novella 2000; tuttavia si dà il caso che nella terra di Goethe e Schiller essa risulta essere il quotidiano più letto dal tedesco della strada, che evidentemente plasma le proprie opinioni politiche leggendone i preziosi editoriali. Sulla copertina era presente Putin con un titolo della serie: Fino a quanto andrà avanti Putin?”. Il titolo catiliniano era impreziosito da sottotitoli che avrebbero descritto tutte le nefandezze del presidente russo come per esempio i vari massacri dell’aviazione russa in Siria, la presunta intromissione dei russi durante l’ultima campagna elettorale americana e per finire, dulcis in fundo, l’ordine proveniente da Putin stesso di avvelenare la spia doppiogiochista a Londra. Essa, come nel caso del libro pubblicizzato a grandezza maxi in una qualsiasi metro di Berlino, altro non è che l’altra faccia della propaganda contro i nemici esterni della Germania e del conseguente isolamento di quest’ultima. Nel caso della Russia poi si insinua il dubbio che un’eventuale guerra contro di essa altro non sia che l’unico espediente escogitato dalle élite in Occidente per evitare il secondo e ben più gravoso crollo borsistico internazionale, sempre più probabile se si rialzano in maniera importante i tassi dopo un decennio di tenuta stabile allo 0%, ed anche un modo per far ripartire l’economia mondiale. Infatti il periodo in cui si riscontrano i veri boom per l’economia di un paese sono quelli successivi alla sua ricostruzione all’indomani di un conflitto. Distruggere prima e ricostruire poi per far ripartire l’economia; in fondo non è così che l’Europa occidentale si era risollevata dopo la guerra o qualcuno crede ancora che il Piano Marshall venne adottato per la generosità  degli amici americani?

Tuttavia nel caso russo il gioco è pericolosissimo per il semplice fatto che l’Europa, su imput americano, potrebbe trovarsi a combattere sul suo suolo contro la seconda potenza nucleare del pianeta. Lo stesso Trump fa capire quanto i piani siano in fase avanzata dopo che attraverso i suoi caratteristici tweet aveva ordinato ai vassalli europei, in primis la Germania da lui esplicitamente nominata, di portare le spese militari ed i contributi alla NATO al 2% dei propri Pil. E’ risaputo che il tedesco medio, toccato nel portafoglio, può diventare una bestia o al massimo portare al governo dei nazisti qualunque; finora lo scontro si era fermato al rifiuto di Trump di stringere la mano ad una Merkel imbarazzata durante la prima conferenza stampa tra i due paesi. La Russia è insomma l’ennesimo nemico malvagio da annientare per esportare i valori occidentali in quella parte sperduta di mondo ricca di gas ed idrocarburi ed anche la stampa tedesca da diversi anni ha indossato l’elmetto e sta facendo il suo dovere per il paese. Sarebbe inoltre da ricordare che il vero incubo geopolitico di qualsiasi governo inglese dai tempi di Napoleone è quello di evitare che si venga a creare un blocco politico ed economico tra un’Europa a guida politica e tecnologia tedesca ed una Russia ricchissima di risorse energetiche e con un arsenale nucleare di tutto rispetto. La Germania è un paese tenuto sotto costante controllo dall’altra parte dell’Atlantico, esattamente come lo era l’Italia di Moro negli anni ’70 che si apprestava a fare uno storico governo di coalizione con i comunisti. Un blocco euroasiatico guidato dalla Germania e Russia e che commerci anche tramite il cosiddetto corridoio ferroviario ad alta velocità della nuova via della seta” con la Cina segnerebbe il declino inevitabile degli imperi anglosassoni che hanno sempre basato il proprio predominio sul controllo dei mari e degli oceani.

Se a questo sommiamo anche l’eventuale abbandono del dollaro, già paventato da Russia e Cina in risposta alla minaccia di bloccare l’accesso al sistema occidentale di scambi bancari BIC/SWIFT alla Russia, allora si capisce che la guerra totale è forse l’unico modo per le élite occidentali di evitare il crollo. Della serie: cada Sansone e tutti i filistei. Nel frattempo uno degli eventuali protagonisti del progetto euro-asiatico, la Germania, è rimasta fedele alla dottrina atlantista anche in seguito ad alcuni messaggi mafiosi provenienti da Ovest come, per citarne alcuni, lo scandalo Volkswagen, il controllo di tutte le comunicazioni telefoniche tra la Gauleiterin Merkel ed altri vassalli europei oltre che alcune condanne giudiziarie da parte di tribunali americani che avevano fatto perdere alcuni miliardi alla Deutsche Bank. Questi potrebbero essere solo degli assaggi ma per ora gli atlantisti possono dormire sogni tranquilli; il Partito Socialdemocratico Tedesco (in breve SPD) è stato depurato di un elemento critico delle sanzioni russe come il competente (per una volta non sono ironico) ex Ministro degli Esteri Gabriel. Lo stesso Steinmeier, anche lui SPD ed ex Ministro per gli Affari Esterni, aveva espresso diverse volte la volontà di ridiscutere le sanzioni ed è nel frattempo stato promosso a Presidente della Repubblica. In un ruolo istituzionale di garanzia come questo ben difficilmente potrà esprimere le proprie idee senza entrare in contrasto con l’intero Parlamento, ad eccezione della Linke.

Per concludere, la Germania di Merkel si trova ora nella difficile situazione di combattere i potentati transnazionali ed imperiali che rischiano di compromettere il suo “benessere“, allo stesso modo di quanto già successo nella storia moderna con le guerre perse in entrambi i fronti, ed al tempo stesso di tenere unita un’Unione Europea ed una moneta unica che l’hanno avvantaggiata ma che rischiano di implodere. L’Europa centro – orientale è ormai perduta, perlomeno dal punto di vista politico ma non da quello economico che vede al contrario una presenza capillare di proprie imprese, visto che le popolazioni non accetteranno mai la medesima politica d’accoglienza che in Germania non sta dando i risultati sperati. L’uscita della Gran Bretagna, in combinato disposto con le barriere doganali di Trump, rischia altresì di distruggere centinaia di migliaia di posti di lavoro nel solo settore automobilistico tedesco, che si troverebbe così in forte difficoltà ad esportare in UK e negli USA. Se a questo sommiamo la probabile uscita della Gran Bretagna dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), da me non ancora citata ma che potrebbe preludere ad una sicura immunità per crimini di guerra e contro l’umanità di soldati ed uomini politici britannici in caso di guerra e che varie volte era stata paventata da Cameron prima e dalla May poi[4], allora il quadro si fa sempre più fosco.

Ragione vorrebbe che l’ennesimo governo Merkel si prendesse le proprie responsabilità e rinunciasse ad un minimo di benessere interno per cercare di salvare l’intero sistema, facendo concessioni ai partner in difficoltà, ma difficilmente ciò avverrà. Lo impedisce anche una mentalità tedesca incapace di riconoscere i propri errori, perfino nella vita comune, e convinta di essere sempre nel giusto. Concludo citando un articolo sempre dello Spiegel, da me riportato già un anno fa. Ancora una volta è un esponente del mondo accademico di Sua Maestà britannica a dettare la linea alla Germania, criticando un certo pacifismo tedesco di maniera ed affermando a chiare lettere che la Germania deve farsi carico della difesa fisica dell’Europa nel Mediterraneo e nell’Europa orientale. Non contento, l’accademico inglese aveva aggiunto con testuali parole quanto la vena pacifista della politica tedesca fosse un problema e che la Germania moderna dovesse finalmente diventare una democrazia muscolare“[5]. Evidentemente gli storici interessi inglesi di mettere l’Europa contro la Russia a base di propaganda ed accuse reciproche sta funzionando e forse otterrà il risultato finale di eliminare due rivali all’ordine anglofono in un colpo solo.

Nel frattempo vi avvertiamo fin da ora che nei prossimi articoli riporteremo autorevoli editoriali della stampa mainstream tedesca nella quale si esprime profonda preoccupazione per la presunta impreparazione dell’esercito tedesco – la Bundeswehr – nel caso di un conflitto. Altro problema non da poco è il calo costante delle reclute, le quali si mantengono su livelli bassi nonostante una campagna di arruolamenti onnipresente nelle stazioni delle U – Bahn e dei treni che avevo già avuto modo di descrivere un anno fa[6]. Per fortuna che cadono a fagiuolo alcune serie televisive da guardare tranquillamente sul divano la sera, che descrivono ed elogiano la vita dei soldati tedeschi in missione di pace in Mali. Altro fattore positivo, riportato nel medesimo articolo di un anno fa, è che sono aumentate le reclute minorenni all’interno dell’esercito. Dopo l’Erasmus Generation che per diverse settimane successive alla Brexit non era riuscita a prendere sonno per l’incubo di dover stare in fila a richiedere un visto d’ingresso o un permesso di lavoro come un qualsiasi muratore extracomunitario, ecco ancora una volta la generazione digitale a salvare il progetto europeo come i ragazzi del ’99 che morirono sul Piave per difendere i profitti dell’Ansaldo, pardon per proteggere i sacri confini della Patria minacciati dalla belva bionda. Non sarà forse un caso se in questi giorni l’Unione Europea ha deciso di istituire un pass gratuito di 510,00 Euro per ogni diciottenne che decidesse di scoprire l’Europa viaggiando in treno[7]. Evidentemente il voto di scambio non esiste solo a Napoli o Caltanissetta. Mi chiedo solo se i nuovi maggiorenni sanno che in Russia lo scartamento ferroviario è da sempre diverso per rallentare le invasioni.

[1] http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2018/03/16/news/la-festa-nazionale-un-bagno-di-folla-per-orban-1.16598325?ref=search

[2] http://www.spiegel.de/wirtschaft/unternehmen/brexit-wuerde-deutschen-unternehmen-neun-milliarden-euro-kosten-a-1197592.html

[3] https://www.youtube.com/watch?v=0LqEezG2sgE

[4] http://www.independent.co.uk/news/uk/politics/conservative-manifesto-uk-echr-european-convention-human-rights-leave-eu-next-parliament-election-a7742436.html

[5] http://www.spiegel.de/politik/ausland/deutschland-muss-die-eu-fuehren-anthony-glees-ueber-die-zukunft-europas-a-1134595.html

[6] http://deutschevita.altervista.org/allarmi-siam-europeisti-terror-dei-populisti/

[7] A darne notizia sono in special modo i quotidiani filo – europeisti come per esempio il Corriere della Sera http://viaggi.corriere.it/viaggi/eventi-news/interrail-gratis-pass-diciottenni/?refresh_ce-cp

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