La grande abbuffata 2/2

Silk road

“Quando la Cina si sveglierà, il mondo tremerà.”Napoleone

Insomma le attuali tensioni che ci sono e che rischiano di travolgerci non sono altro che una continuazione di una politica ben precisa portata avanti dai nostri governi. Spiace deludere chi ritiene Israele un paese fondato per garantire un rifugio ai sopravvissuti dei lager, ma basterebbe sapere che la promessa di un “focolare ebraico” – Jewish Homeland fu l’espressione diplomatica scelta – era stata concessa dal governo di Sua Maestà Britannica nella persona di Lord Balfour nonchè Ministro degli Esteri con l’omonima dichiarazione scritta e diretta al Congresso Sionista Internazionale nel 1917, nel bel mezzo della Prima Guerra Mondiale e ben prima che facessero la loro comparsa le camicie brune. Il combinato disposto di un Occidente, che come scrisse anche Pasolini nel suo ultimo romanzo prima di venire assassinato basava la sua esistenza sul Petrolio dei paesi arabi, e di un Sionismo desideroso di creare la propria Terra Promessa è durato fino ad oggi e non si vedono segnali all’orizzonte in grado di far invertire la rotta. Anzi si potrebbe dire che ora stiamo entrando nella fase finale, quella che vedrà  la definitiva cacciata dei palestinesi nelle riserve della West Bank e la continuazione delle guerre per procura. La decisione del Presidente Trump di trasferire l’ambasciata a Gerusalemme lo stesso giorno del settantesimo anniversario altro non è che la messa in atto di una decisione presa dal Presidente Clinton, spesso auspicata dal democratico Obama durante entrambe le sue campagne elettorali, ma che nessun Presidente americano aveva avuto l’accortezza di mettere in pratica. Diciamo pure che i tempi non erano maturi, mentre ora lo sono. Dopo due Intifade fallite i palestinesi non hanno un leader carismatico, il canale delle armi dalla Giordania e l’Egitto è sempre più chiuso e lo scandalo delle morti recenti sarà un vago ricordo tra le opinioni pubbliche occidentali. Tra tre giorni non ne scriverà più nessun quotidiano europeo, vedere per credere. Tuttavia se vogliamo alzare lo sguardo, possiamo notare cose interessanti di cui i media nostrani non parlano.

Tutti voi saprete che è in atto uno scontro tra l’Iran da una parte e i sionisti americani e israeliani, che hanno scelto il loro fantoccio di turno, per impedire che quest’ultimo paese si doti di un’arma atomica. In verità qualche decennio fa c’era già stato un altro paese, laico al contrario del regime religioso degli ayatollah, che avrebbe voluto dotarsi dell’arma. Questo paese altro non era che l’Iraq di Saddam Hussein, le cui mire atomiche vennero stroncate da un raid dell’aviazione israeliana che il 7 giugno 1981 aggredì senza preavviso il paese nemico distruggendo il reattore nucleare di Osiraq ed uccidendo una decina di scienziati. L’Operazione venne chiamata ancora una volta scomodando l’Antico Testamento, battezzandola Babilonia in memoria della potenza antica e pagana che più minacciò il Regno di Israele. Fu ovviamente una chiara violazione del Diritto Internazionale, che in altre epoche e contesti avrebbe potuto scatenare una guerra. Altrettanto ovviamente l’ennesima aggressione ad un paese sovrano da parte di Israele non trovò nessuna sanzione, a parte le proteste di circostanza. Pensiamo solo per un attimo se con un esercizio della nostra fantasia avessimo immaginato un Iran o Iraq che attaccasse un reattore nucleare, uno delle centinaia, che lavorano regolarmente in Francia o Gran Bretagna. Difficile pensare che il paese aggressore se la sarebbe cavata con una semplice lavata di capo. In fondo l’Iraq del nemico Saddam, anche lui guarda caso ucciso ed il suo paese distrutto, così come l’Iran di oggi non hanno avuto tutti i torti nel volersi dotare di un arsenale atomico da usare in caso estremo di difesa o come dissuasione da eventuali aggressioni. Lo stesso Israele non ha mai aderito alla Convenzione sul controllo delle armi chimiche e nucleari e si dice, ma siamo convinti che trattasi delle solite fake news foraggiate da Putin, che disponga di 200 testate nucleari pronte all’uso. Sarebbe significativo approfondire la storia del fisico sefardita Mordechai Vanunu, arrestato presso di noi a Fiumicino e deportato in Israele dal servizio d’intelligence Shin Bet per aver rivelato il Segreto di Pulcinella al resto del mondo. Per aver deciso di rivelare la presenza di armi atomiche israeliane, si fece 18 anni di carcere di cui 11 in isolamento totale ed ancora oggi è sorvegliato speciale senza la possibilità di accesso ad Internet e di possesso di un cellulare. La distruzione di un reattore nucleare da parte di Israele non rappresenterebbe perciò una novità assoluta e altro non sarebbe che l’ennesimo annientamento di una potenza regionale in grado da una parte di vincere una guerra contro di esso e dall’altra di tenere una parte considerevole delle risorse petrolifere per sè.

Tuttavia nel caso dell’Iran vi sono altri dettagli da tenere in considerazione. L’unico parlamento al mondo, assieme quello delle dittature africane beninteso, che non ha un potere legislativo completo aveva definito i media che tra un po’ citerò come un mezzo di propaganda da censurare per la tenuta democratica del nostro sistema e pertanto vi avverto fin da ora che l’articolo è da prendere con le necessarie pinze. Stiamo parlando naturalmente del Parlamento Europeo, l’unico appunto che non può approvare una legge se non ha ottenuto il nulla osta da parte della Commissione Europea, organo tecnocratico composto da esperti sconosciuti a tutti e non votato da nessun popolo, che tramite una risoluzione approvata a maggioranza nel novembre 2016 definì Sputnik News, Russia Today ed altri media o pseudo agenzie come degli strumenti finanziati dal governo russo per perseguire il fine di sfidare i valori democratici e dividere l’Europa”. Insomma io non mi prendo la responsabilità penale, avendovi avvertito. In un articolo uscito qualche giorno fa Sputnik News in lingua tedesca ci informa che lo stesso giorno in cui viene inaugurata la nuova ambasciata americana a Gerusalemme e Israele continua ad uccidere civili palestinesi a Gaza, si riunisce a Sochi (Russia) il Consiglio Economico Supremo Euroasiatico, che altro non è che un conglomerato di nazioni euroasiatiche appunto che ha tra i vari obiettivi anche quello di creare un’immensa area di libero scambio di beni e persone. Diciamo che potrebbe ricordare una Comunità Economica Europea ante Maastricht, con la differenza di coinvolgere un numero immenso – siamo nell’ordine dei miliardi – di persone e senza la volontà di creare una moneta unica e comune come il nostro Euro. L’ordine del giorno è stato quello di mettere a punto i dettagli per l’entrata dell’Iran nel club che dovrebbe avvenire tra 2 giorni in un’altra riunione che si terrà ad Astana (Kazakhistan). Per chi non lo sapesse, quest’ultima località  è stata ed è tuttora il teatro di continui incontri ai massimi livelli tra Russia, Iran e Turchia per spartirsi le rispettive zone di influenza in Siria senza dover chiedere il consulto agli americani, francesi, britannici ed israeliani. Guarda caso quest’ultimi grandi assenti sono gli stessi che hanno bombardato la Siria dell’odiato Assad, accusandolo di aver usato i gas contro i civili.

Un certo consigliere presidenziale russo di nome Yuri Ushakov ha rilasciato una laconica dichiarazione, nella quale afferma che nei prossimi meeting ad Astana si discuterà di una zona di libero scambio con l’Iran, che permetterà a quest’ultimo di attirare capitali russi e cinesi. Non è di sicuro una bella notizia per le aziende tedesche ed italiane, che in questi giorni stanno subendo le pressioni americane tramite anche il nuovo ambasciatore di stanza a Berlino al fine di abbandonare investimenti nell’ordine di miliardi di Euro nel paese. Gli iraniani ci sono rimasti male ma tra qualche giorno con tutta probabilità incontreranno partner commerciali orientali e passerà la paura. Ora capisco come mai la Mogherini e gli altri europeisti hanno tentato di censurare i media russi; simili notizie possono infatti deprimere ancora di più i nostri imprenditori che già di per sè non se la passano bene dopo 10 anni ininterrotti di austerity e rigore germanico, senza contare le inique sanzioni che hanno messo sul lastrico molti imprenditori veneti che esportavano in Russia. Se poi riflettiamo su come il tira e molla per far entrare l’Ucraina nella medesima area di libero scambio euroasiatico, che coinvolge ora l’Iran e che invece nel 2014 aveva visto il precario paese europeo associarsi all’Unione Europea, finì in tragedia allora dovremmo forse preoccuparci leggermente. Perchè dico questo? Per il semplice fatto che al fine di impedire un’associazione commerciale dell’Ucraina più stretta con la Russia e l’Asia, i nostri governi europei con il contributo di quello progressista americano avevano scatenato nell’ordine: scontri di piazza a Maidan con decine di morti, colpo di stato contro il Presidente filorusso Yanukovich, guerra civile nel Donbass, finanziamento di milizie neonaziste, strage di Odessa, occupazione della Crimea, abbattimento di un aereo di linea, sanzioni contro la Russia e via dicendo. Questo per tentare di far capire al lettore medio italiano che si diletta tra Di Maio e Salvini quale sia la posta in palio, che potrebbe ora riversarsi sull’Iran.

Lo stesso Trump, ma io direi l’intero apparato di potere americano, non se la dorme tranquillo anche per un altro motivo. Già 2 anni fa un tale Safar-Ali Karamati, il cui nome esotico nasconde la sua mesta natura di vicedirettore della National Iranian Oil Company, aveva avuto la tracotanza di rivelare che la massima priorità per la sua compagnia statale era quella di ricevere pagamenti per il petrolio in contanti e in Euro. Non contento, aveva continuato dicendo che tutto fuorchè il dollaro sarebbe economicamente e politicamente meglio per l’Iran”. Mi ero quasi dimenticato di rivelare che qui non si tratta di qualche media al soldo di Mosca che aveva riportato le inaccettabili dichiarazioni di un esponente dello Stato Canaglia, bensì della CNN Money. Ringraziando un mio assiduo lettore, segnalo poi una notizia che avrebbe dell’incredibile se confermata. Non soddisfatto di far entrare l’Iran nell’Unione Euroasiatica (in breve EAU) per un eventuale accordo di libero scambio citato sopra, sembrerebbe che il persecutore preferito dei gay, al secolo Wladimir Putin, starebbe tramando perfino nel voler coinvolgere Israele. Per una volta faccio copia ed incolla di alcuni paragrafi, quasi disarmanti per la loro chiarezza:

“La Russia, con la sua enorme diaspora verso Israele (circa 1 milione di cittadini israeliani sono di origine russa nda) e con le sue relazioni economiche in continua espansione nel Medio Oriente, potrebbe in teoria servire da ponte tra i due mortali nemici, senza che questi debbano ammettere che i propri imprenditori partecipano all’interscambio dei beni, approfittando dell’appartenenza alla stessa zona di libero commercio.

Israele nè in particolare l’Iran importerebbero prodotti l’uno dall’altro se fossero a conoscenza delle loro origini. Ma stampando su di essi un adesivo “Made in Russia“, per certificare che una qualche superficiale lavorazione sia stata fatta in quel paese, si arriverebbe ad una soluzione accettabile da entrambe le parti e comunque redditizia per Mosca.

Nessuno dei due paesi potrebbe impedire che questo accada perchè, aderendo alle disposizioni legali dell’accordo di libero scambio, in questo modo ne violerebbero le condizioni, discriminando in prospettiva le società che hanno sede in Russia e che fanno affari anche con le loro nemesi.

Tutto questo potrebbe essere meno lacerante per Israele di quanto non lo sia per l’Iran, è quindi più probabile che sia la Repubblica Islamica e non l’auto-dichiarato Stato ebraico a prendere l’iniziativa di peggiorare le relazioni con la Russia, se si sentissero offesi da questa mossa eventuale.

La Russia, ovviamente, si dispiacerebbe se il suo partner persiano reagisse in questo modo e quindi mai cospirerebbe con Israele per generare un tal risultato, ma sarebbe anche in gran parte impotente ad impedire che questo scenario possa materializzarsi perchè, come in qualsiasi altro paese libero, non sarebbe in grado di controllare con chi i suoi imprenditori fanno affari, a meno che un eventuale partner non sia oggetto di una sanzione ufficiale ma non è certo questo il caso.”

Non devo aggiungere altro, se non ringraziare la dritta del mio fedele lettore. In tutto questo forse si capisce appieno il rinnovato, ma al tempo stesso vecchio ruolo di Israele. Ancora una volta bisogna lasciargli l’ingrato compito di fare la guerra sporca sia per distruggere i suoi nuovi nemici sia per impedire l’affermarsi di potenze regionali che potrebbero allearsi con la Russia e la Cina in funzione anti – occidentale. Questo forse spiegherebbe, al di là della retorica da celebrazione, i missili lanciati qualche giorno fa in Siria che avrebbero colpito infrastrutture militari iraniane. Tenendo conto che la mission in Siria è comunque accomplished, visto che nonostante la probabile vittoria di Assad il paese da sempre nemico non potrà rappresentare mai più una minaccia e quindi non sarà mai nella condizione di richiedere le alture del Golan indietro, l’attenzione si sposta ora sugli alleati regionali dell’Iran. Un’altra notizia per noi europei insignificante, riportata dal solito Sputnik, è che alle recenti elezioni libanesi ad essere risultati vincitori sono stati Hezbollah ed i suoi alleati. Ciò significa che, al netto della complicata ripartizione del potere che ancora oggi assegna le cariche politiche nel paese seguendo una logica confessionale, il Libano per la prima volta nella sua storia ha una chiara maggioranza parlamentare in grado di affrontare più unita che mai una nuova guerra contro l’ingombrante vicino meridionale. Evidentemente molti libanesi hanno considerato il “partito di Dio” sciita, che dal 2011 combatte in Siria per e con Assad, come l’unico movimento in grado di affrontare la corruzione endemica nel paese. Quel che è certo è che in caso di attacco a qualche reattore iraniano, al pari del bombardamento babilonese in Iraq nel ’81, Hezbollah risponderà seduta stante con missili sulla Galilea e nord di Israele esattamente come successe nel 2006. Sarebbe l’occasione perfetta per T’shaal, l’esercito più morale del mondo secondo l’opinione di Bibi, di invadere di nuovo il Libano e chiudere un conto aperto che dura dal 2006. Mi chiedo solo con curiosità come reagiranno le truppe ONU italiane inviate da D’Alema 12 anni fa. Ops mi ero quasi dimenticato che nel ’81 l’Operazione Babilonia avvenne tre mesi prima delle elezioni che avrebbero visto la vittoria delle destre religiose e razziste e che qualche mese dopo avrebbero ordinato la distruzione del Libano. Quindi stiamo con gli occhi aperti alle prossime tornate elettorali. Israele potrebbe poi prendere due piccioni con una fava, invadendo anche una Siria come detto esausta dopo 7 anni di guerra e, chissà, annettendosi qualche pezzetto di terra ancora coltivabile un po’ come sta facendo il nostro alleato NATO Erdogan con i territori curdi a nord. In fondo la Siria offre ottime aspettative di insediamenti coloniali, visti il sovraffollamento in Palestina e la conseguente usura delle risorse idriche che per un curioso scherzo del destino sono invece abbondanti nel Golan. Non va dimenticato come la Mutti Merkel abbia contribuito ad accogliere un milione e passa di siriani, esclusi i ricongiungimenti familiari che vi saranno nei prossimi anni, che mai più torneranno nelle loro terre. Senza contare il business della ricostruzione siriana, che verrà facilitato tramite i soliti petroldollari sauditi. In fondo dopo essere stata bombardata per anni, L’Europa occidentale non era rinata così?

Visto che ho citato il leader maximo europeo, l’unica speranza per l’ordine liberale in crisi secondo l’efficace titolo di un settimanale americano di qualche mese fa, è doveroso dare conto di quanto ha affermato la Merkel. Di fronte ad Israele che, tanto per cambiare, aggredisce nell’impunità generale stati sovrani ad esso ostili, La Cancelliera con il suo solito genio intuitivo ha affermato che “si tratta di guerra e pace”, in tedesco es geht um Krieg und Frieden”. E’ un acume incredibile, quasi strepitoso. Chi l’avrebbe detto che dal 2011 ad oggi vi fosse una guerra in Siria. Sempre in tema di rivelazioni fatimiame la Merkel ha aggiunto che è diritto di israele quello di autodifendersi, senza tuttavia accorgersi di aver fatto una gaffe dal momento che i missili diretti in Siria provenivano dalle alture del Golan, area occupata dal ’67 ed annessa unilateralmente contro il volere dell’Onu nel 1981. Per disgrazia lo Spiegel e gli altri media tedeschi non se ne sono accorti. In fondo cosa aspettarsi da una politica che nel 2010 aveva dichiarato al progressista Guardian che il multiculturalismo e l’integrazione in Germania erano definitivamente fallitigescheitert – per poi cinque anni dopo rimangiarsi tutto e dichiarare di fronte alla stampa di mezzo mondo che il paese ce l’avrebbe fatta – l’ormai celeberrimo Wir schaffen das” – ad accogliere un milione di profughi siriani. Certo se Atene piange, Macron l’ha sparata grossa qualche giorno fa quando ha auspicato una rivolta degli europei contro la politica americana, proprio lo stesso personaggio che era stato visto scodinzolare beato qualche giorno prima alla Casa Bianca. Poi certo l’idea del neo Ministro degli Esteri socialista Maas di farsi un viaggio in elicottero sui territori palestinesi occupati con una ministra ospitante che qualche anno fa definì i bambini arabi delle serpi cui distruggere le case, non è il massimo della strategia tedesca. In ogni caso se io fossi al governo in Germania, in questo momento mi preoccuperei di più del primo treno merci con 44 container a bordo che dalla lontana stazione cinese di Chengdu è arrivato a Vienna in 14 giorni, con l’intenzione di ridurre il tempo di percorrenza dei 9.800 km in 10. Altro non è che una parte del controverso progetto cinese della “nuova via della seta”, che tanto per cambiare vedrà coinvolti la Russia e la Cina. L’obiettivo è quello di rompere l’egemonia americana che ci soffoca nel nostro mar”, per citare un motivetto molto popolare qualche decennio fa, al fine di poter valorizzare lo stesso heartland dove si giocò the great play a fine Ottocento tra impero zarista e britannico. Sarebbe ridondante aggiungere che l’Iran, come già citato, sarà un attore fondamentale nel progetto e se deciderà di abbandonare il dollaro a favore di altre valute, allora la vedo dura per la tenuta dell’egemonia americana. A meno che l’unica democrazia del Medio Oriente non decida di bloccare il programma nucleare che, stando alle recenti esternazioni del Leader Supremo a Teheran, potrebbe portare alla distruzione di Tel Aviv e Gerusalemme.

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