Poco rumore per nulla?

coprifuocoIl mondo sta andando a perdifiato verso la Terza Guerra Mondiale ma non è di questo che vi vorrei parlare, almeno non ora. Vorrei rilassarmi e farvi rilassare, non troppo comunque, tentando di smontare l’ennesimo mito su Berlino. Ne vengono dette molte di cose sulla capitale della Germania ma probabilmente quella più celebre anche in Italia è la convinzione secondo la quale la metropoli tedesca sia un posto libero ed aperto nel quale sia possibile sperimentare di tutto con tutti, senza freni mentali e soprattutto senza quel retroterra piccolo borghese che invece in Italia bloccherebbe qualsiasi attività  culturale. Chi di voi residenti in Italia non ha infatti almeno una volta nella propria vita sperimentato un’ordinanza comunale che vietava di vendere alcoolici a partire da una certa ora o che minacciava la chiusura di locali, per lo più ubicati in centro, qualora non avessero fatto cessare gli schiamazzi della clientela che toglievano il sonno ai poveri residenti? Molto si è discusso sull’opportunità  o meno di minacciare o multare i bar italiani in caso di presunto disturbo alla quiete pubblica; dall’imprescindibile dibattito spesso se ne è desunto come l’Italia sia sempre più ostaggio di una maggioranza di pensionati o magari semplici individui dalla mentalità  piccolo borghese e conservatrice, che terrebbero il nostro paese in una continua situazione di regresso. Ebbene nella capitale della Germania, conosciuta altresì come un polo culturale alternativo rispetto alla noia dei piccoli villaggi cattolici della Baviera, la situazione è la medesima se non addirittura peggio.

Il lettore si sarà  già  chiesto come mai voglio analizzare un problema che dovrebbe rimanere mero appannaggio di quegli studenti e in generale di quei giovani che vogliono divertirsi il fine settimana. Non dovrebbe insomma essere un tema a cui dedicare un intero articolo, in un periodo poi come questo così delicato dal punto di vista geopolitico per la Germania e l’Europa intera. Ebbene abbiate un po’ di pazienza nel leggere questo mio “leggero“ contributo, perchè in verità  la lotta alle emissioni notturne nasconde delle tendenze molto più preoccupanti di quanto si possa immaginare. Innanzitutto partiamo da dati empirici o, se vogliamo, da esperienze personali. In una zona centrale di Berlino, situata all’incirca a metà  strada tra Alexander Platz e il quartiere “multi kulti” di Kreuzberg, è presente un palazzone squadrato di cinque piani che potrebbe benissimo inserirsi in qualsiasi vialone della Berlino socialista reale che fu. In realtà  questo grigio cubo, anzi parallelepipedo, architettonico altro non è che la cosiddetta Theaterhaus Berlin Mitte, ossia una vera e propria Casa dei Teatri situata nel cuore della metropoli. Da ventisei anni, attraverso l’impegno quotidiano di una decina di gruppi teatrali, la struttura è diventata il centro culturale per chiunque voglia avvicinarsi al mondo del teatro a Berlino. Sono presenti decine, se non forse centinaia, di stanze da poter affittare a prezzi politici da parte di qualunque gruppo che decida di cimentarsi non solo nella recitazione, bensì anche nel canto, nella danza, nella musica, nel balletto e via dicendo. Non sono in grado, e non ne ho nemmeno il diritto, di giudicare se la creazione effettiva di arte e cultura corrisponda alle aspettative ma nel mio piccolo vi posso confessare che qualche volta mi cimento anch’io nell’arte teatrale all’interno di questo edificio che gentilmente mi ospita.

Qualche tempo fa avevo notato alla porta di ingresso del locale bar, che riunisce gli attori in erba (spesso ci si ferma solo a questa), un piccolo volantino A4 che tra grassetti e punti esclamativi vari non lasciava presagire nulla di buono. Difatti il foglietto era un chiaro esempio di quel tipo d’arte nella quale da sempre i tedeschi eccellono di fronte al resto del mondo, quella cioè degli ordini. Nelle parole minacciose del direttore della Casa dei Teatri, di cui ora purtroppo mi sfugge il nome, che in teoria avrebbe dovuto prendere le difese della propria comunità, si poteva traspirare lo sdegno e la preoccupazione derivanti dalla continua apertura delle finestre delle stanze, che avrebbe come intollerabile conseguenza quella di far uscire i rumori degli attori ed altre emissioni uditive che a loro volta disturberebbero i poveri abitanti nelle vicinanze. L’ordine perentorio era, ed è tuttora, quello di chiudere, anzi di sbarrare, le finestre pena possibile chiusura della struttura culturale a causa delle proteste del vicinato. Questo volantino, che alla maggior parte delle persone giustamente non dirà  niente, è in verità  un esempio plastico di due tendenze che a detta del sottoscritto (ma non solo) stanno sommergendo Berlino: la mentalità  piccolo borghese insita in ogni tedesco, che da qualche anno è arrivata nella capitale a causa dell’emigrazione interna di figli di papà  ma anche di professionisti benestanti provenienti dalle regioni ricche del sud della Germania, e la speculazione edilizia che sta distruggendo qualsiasi polo alternativo.

Infatti se si osserva l’ubicazione del polo teatrale dall’esterno dopo aver letto il bollettino di guerra, ci si chiede da dove potrebbero essere venute le lamentele. L’edificio antistante e quindi più vicino a quello dei teatri è in verità  un centro burocratico, un Finanzamt per essere esatti, mentre le altre case più in prossimità  sono ad almeno 100 metri di distanza. In verità  guardando bene, un po’ nascosti vi sono altri edifici bianchi come l’avorio che sono stati costruiti negli ultimi dieci anni e che non sono che una minima parte di quelle migliaia di nuovi Wohnungen del lusso, o comunque abitati da gente benestante che se li possono permettere, i quali sono stati autorizzati dai vari governi della cosiddetta sinistra che da sempre governa a Berlino. La medesima tendenza si può osservare visivamente soprattutto in Prenzlauer Perg, una volta quartiere est vivace dal punto di vista culturale ed ora invaso da famiglie con carrozzelle al seguito, per non parlare di Friedrichsain o Neukölln. É proprio in quest’ultimo quartiere che prosegue la mia analisi sulla Berlino arricchita e provinciale, che combatte il rumore per difendere il proprio mondo. Due locali gestiti da italiani si sono imbattuti nella medesima calamità  denominata con il solito termine anglofono di Gentrification. Entrambi hanno dovuto difendere i loro bar, nei quali era possibile ascoltare della buona musica e qualche volta guardarsi degli ottimi film d’antan, dalla furia quasi iconoclasta dei bravi vicini tedeschi che mal sopportano il rumore. Il primo locale si chiama, anzi si chiamava, Ofen Bar[1] e si trovava a metà  strada tra Neukölln e Kreuzberg. Nel giugno dell’anno scorso ha dovuto chiudere per le proteste dei vicini accennate sopra. Faccio presente a chi non vive a Berlino che il locale in questione si trovava in una zona molto centrale della capitale, nella quale sono presenti tuttora molti bar. Il gestore ha tentato di coinvolgere la cittadinanza, di parlarci, probabilmente avrà  anche tentato di spiegare loro che almeno il venerdì ed il sabato sera è sacrosanto “esagerare” un po’ dopo una settimana di lavoro o studio, addirittura mi ricordo che aveva introdotto il concetto di concerto silenzioso nel quale le persone ascoltavano della musica attraverso delle cuffie affidate ad ognuno di loro dal bar per non disturbare appunto gli altri, ma non c’è stato verso. Quando un tedesco dice nein, è no e quindi il bar ha dovuto chiudere i battenti. Questo non è accaduto a Spandau o Marzahn per intenderci, bensì in un quartiere considerato dagli amanti di Berlino come il simbolo dell’alternatività  de sinistra.

Sempre a Neukölln, questa volta in una zona più defilata e vicina all’ex aeroporto di Tempelhof, un altro bar di carattere sperimentale, nel senso che non ci si limitava a servire birre bensì si cercava e si cerca ancora oggi di fare cultura, ha rischiato anch’esso di chiudere baracca e burattini. Il proprietario dello stabile affittato all’italiano di turno aveva probabilmente fiutato l’aria e capito che poteva alzare i prezzi dell’affitto visto che anche questo quartiere, fino a qualche anno fa considerato dai tedeschi veri solo un ghetto da evitare, stava conoscendo un flusso di inquilini disposti a pagare subito in cash senza battere ciglio. Tuttavia in Germania vi sono ancora delle leggi che tutelano molto gli inquilini, tant’è che per esempio il canone d’affitto non può essere aumentato a dismisura da un anno all’altro bensì deve rispettare dei limiti massimi. Ragion per cui gli unici modi per cacciare un inquilino e farne entrare un altro ben più ricco, aumentando così i propri introiti, sono essenzialmente due: quello di giustificare l’aumento del canone attraverso dei lavori di ristrutturazione – le cosiddette Renovierungen – oppure quello di accusare l’inquilino – in casi come questo i gestori di un’attività  commerciale – di non rispettare la finalità  del contratto.

Nel caso del bar[2], denominato La Bettolab, il proprietario ha proprio cercato di percorrere la seconda alternativa, accusando nello specifico il giovane gestore italiano di tenere aperto il locale quasi esclusivamente la sera mentre il contratto recitava che lo spazio in questione doveva essere finalizzato alla gestione di un “caffè o galleria“, che per definizione – almeno secondo quella tedesca -dovrebbe rimanere aperto solo la mattina o il pomeriggio. Per dare un’ulteriore spinta alla cacciata, il proprietario ha però fatto notare un avvenimento oggettivo che si verificava spesso: quello cioè del solito vicinato tedesco che si lamentava delle continue emissioni di rumore. Qualche mese fa ci avevo parlato di persona con il ragazzo e lui mi aveva assicurato di aver discusso attraverso una serie di incontri pubblici con i vicini, con risultati che a suo parere erano incoraggianti; si era poi messa in moto una campagna di raccolte firme per salvare il locale. Fatto che sta che lui non si è arreso e difatti il bar è ancora là. Tuttavia questi piccoli episodi, ma potrei continuare per pagine intere senza averne citato che una minima parte, dovrebbero far comprendere agli estimatori di una Berlino autoproclamatosi alternativa che l’ondata è finita da un pezzo e che da un paio d’anni la politica sta ripulendo la costa dai segni della risacca. Io stesso avevo vissuto tempo fa a Friedrichsain e più precisamente in Simon Dach Strasse, la quale via è conosciuta ancora oggi come sinonimo di party sfrenati e libertà. Ebbene i valorosi (e percettori del sussidio Hartz IV) inquilini tedeschi con cui condividevo l’appartamento, sembravano non accorgersi del “privilegio” dal momento che restavano tutto il tempo chiusi in casa e si lamentavano dei rumori esterni. Sia chiaro: lungi da me fare un elogio della società  edonistica occidentale il cui unico scopo sembra quello di divertirsi e raggiungere il godimento ad ogni costo. Quel che è certo è che anche Berlino, come già successo in  altre realtà  una volta alternative, si sta piegando alla logica del profitto.

Famiglie turche, polacche e quindi soprattutto straniere con meno consapevolezza dei propri diritti hanno dovuto lasciare i loro appartamenti dove vivevano da anni e dove hanno visto crescere i loro figli, per lasciare spazio a figli di commercialisti ed avvocati provenienti dalla Baviera e dal Baden Württemberg, ovvero i länder più ricchi della Germania. Questi tedeschi benestanti hanno voluto trasferirsi nella patria della trasgressione ma al tempo stesso hanno portato con sè il loro retaggio provinciale e benpensante. Oltre ad aver contribuito a cacciare le storiche famiglie berlinesi che vivevano in quartieri un tempo malfamati ed ora “alternativi“ e perciò nelle mire degli speculatori, non contenti di aver inondato gli ancora numerosi spazi vuoti lasciati dal tracciato del Muro con colate di cemento, essi hanno costretto con la loro mentalità  casa – lavoro – famiglia a far chiudere numerosi bar e locali che, nel bene o nel male, rappresentavano un polo culturale alternativo nella Berlino che fu. Questa è la principale causa del clima di silenzio forzato che sta ammorbando la vita notturna qui; perfino nei quartieri centrali è ormai prassi diffusa notare volantini affissi alle vetrate dei locali nei quali si intima la clientela a fare silenzio e a non disturbare il vicinato a partire dalle 22.00, qualche volta addirittura dalle 21.30, pena una sostanziosa multa per i gestori del bar o come extrema ratio la chiusura del medesimo. Non sarà  neppure un caso che la legge che regola appunto l’emissione di rumori notturni che possano disturbare la cittadinanza[3], sia stata emanata dal Senato di Berlino controllato dalle sinistre nel 2005, ossia a partire da quel periodo storico nel quale la speculazione edilizia e la gentrificazione di benestanti importati hanno cominciato a prendere il volo.

Come non citare poi i fantasmagorici progetti edilizi che, se non fosse stato per un referendum popolare che li aveva bocciati a larga maggioranza, rischiavano di riempire di cemento e dei soliti appartamenti di lusso l’enorme spazio corrispondente al perimetro del vecchio aeroporto di Neukölln. Perfino contro gli animali il capitalismo non conosce pietà. A metà  strada tra i quartieri di Prenzlauer Berg e Wedding, dove una volta correva la terra di nessuno detta anche striscia della morte fissata dal muro, è ora presente il parco cittadino di Mauerpark – il parco del muro appunto – che ogni domenica è teatro di un vasto mercatino delle pulci oltre che di un popolare karaoke all’aria aperta. Nella parte settentrionale del parco, quella al confine con Wedding, è presente anche una fattoria di animali frequentata da bambini e ragazzini, i quali sono per tradizione entusiasti di entrare in contatto col mondo animale che quasi sempre è più interessante di quello umano. Ebbene da diversi anni la fattoria è minacciata dall’ennesimo progetto edilizio (di sinistra, non dimentichiamolo) che vorrebbe spazzare via la struttura e quindi parte del parco per costruire la bellezza di 530 appartamenti di lusso[4]. Per ora il comitato è riuscito a spuntarla ma personalmente non sono molto ottimista. L’aspetto sintomatico di quanto da me scritto finora è che anche in questa controversia si è tentato di giustificare lo sgombero delle povere bestie con la scusa che esse facessero troppo rumore e disturbassero l’onnipresente vicinato. Avete capito bene: i ragli degli asini e i grugniti dei maiali erano troppo disturbanti per un parco che da anni ospita un sommesso karaoke oltre che un frequentatissimo mercatino delle pulci, senza contare il solito corollario di drogati e ubriachi, anch’essi a quanto pare silenziosi e non molesti.

Un altro esempio di lucida follia, raccontatomi da un mio amico ingegnere, è quello che ha visto un comitato di cittadini residenti a Warschauer Strasse lamentarsi per la presenza quotidiana di un gruppo di ragazzi che si radunano nel piccolo piazzale sottostante per giocare con i loro skateboard. Con la legge senatoriale in mano essi hanno coinvolto un gruppo di tecnici con il compito di analizzare l’emissione di rumore provocata dallo scorrazzare delle tavole sul marciapiede ma purtroppo le analisi hanno dimostrato che i valori si sono attestati sotto la media e pertanto la battaglia civica, ma non la guerra, è andata perduta. Faccio notare che Warschauer Strasse è una via così tranquilla che vi scorre un tram anche di notte mentre il flusso automobilistico è alquanto intenso; inoltre a nemmeno cinquanta metri dal raduno giornaliero degli skateboarders si trova Revaler Strasse la quale si rivela così monotona che è teatro di una continua vendita di droghe da parte di giovani africani, arrivati qui in cerca di asilo politico, mentre camminando per nemmeno cinque minuti in quest’ultima via è presente il cosiddetto quartiere generale delle discoteche e dei bar che d’estate ospitano la fauna giovanile in cerca di divertimento. Io lo so perchè ci ho vissuto lì vicino, come accennato all’inizio, e vi tralascio di descrivervi il continuo rumore, quello sì fastidioso, di strani esseri parlanti inglese che la scienza definisce turisti e la ciurma di sbandati d’ogni risma che assalta ad ogni ora del giorno e della notte quella zona. Posso perciò comprendere il desiderio dei bravi padri di famiglia nel  voler sedare il traffico derivante dagli skateboard; da qualche parte bisognava pur iniziare.

Ironia a parte, il quadro non è dei più eccitanti ma bisogna riconoscere che perlomeno esso è coerente con la tendenza mondiale volta a favorire il capitale rispetto alle persone. Chi ha i soldi, spesso non ama la cultura ma più in generale non desidera che alcun rumore molesto possa disturbare la sua quiete privata ed il suo idilliaco quadretto familiare. Conosco un dottorando italiano, anche lui residente in Germania, che non fa altro che ripetermi quanto l’odierna società  tedesca sia ancora impantanata in schemi culturali risalenti all’Ottocento. A suo parer anche nelle grandi città  considerate alternative, più del libero pensiero e dell’esercizio della critica sarebbero molto più importanti i valori borghesi del lavoro ben pagato, della famiglia numerosa e serena e soprattutto del silenzio e della pace sociale dopo una dura giornata di lavoro. Non lo so se lui abbia del tutto ragione; quel che comunque noto è che i quartieri centrali sono sempre più pieni di giovani con computer Apple intenti a scrivere non si sa cosa e a chi in spazi angusti che loro chiamano start – up, mentre le strade e i bar sono sempre più vuoti. Basta fare una camminata tardo pomeridiana nei quartieri nevralgici per farsi un’idea. La lotta al rumore è solo uno dei tanti segnali che vedono una Germania da una parte piccolo borghese e contraria ad ogni sorta di sommovimento sociale e dall’altra una società ormai profondamente americanizzata nel senso che vede nel successo personale e nel denaro l’unico metro di giudizio.

Anche qui non sarà un caso che quest’anno il gruppo editoriale tedesco Axel Springer, che controlla la Bild e Die Welt per citare i due quotidiani più letti tra i numerosi che esso detiene, ha pensato di premiare il fondatore di Amazon, lo stesso che in Italia riceve da anni critiche per la condizione dei suoi lavoratori nei magazzini. Lo stesso gruppo editoriale aveva già  premiato con il suo Award il fondatore di Facebook. Le cerimonie si tengono proprio a Berlino, sede del colosso mediatico. Due simboli dell’economia americana vengono così elogiati con tutti gli onori nella cosiddetta capitale alternativa d’Europa, oltre che di quella politica assieme a Bruxelles. Ma per capire fino a che punto questa società  sia nel profondo legata ai padroni d’Oltreoceano anche e soprattutto sotto l’aspetto culturale, sarà  necessario attendere il mio prossimo contributo.

[1] http://ofenbooking.com/

[2] http://berlin.carpediem.cd/events/4781276-bettobleibt-solidarity-gegen-k-ndigung-resistance-parade-at-labettolab/

[3] http://gesetze.berlin.de/jportal/portal/t/5e7/page/bsbeprod.psml/action/portlets.jw.MainAction?p1=7&eventSubmit_doNavigate=searchInSubtreeTOC&showdoccase=1&doc.hl=0&doc.id=jlr-ImSchGBEpP3&doc.part=S&toc.poskey=#focuspoint

[4] http://www.jugendfarm-moritzhof.de/jugendfarm/aktuelles/#c1524

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